Eccomi qui, pronta a raccontarvi ancora della famigerata cena, ovvero di questo essermi messa alla prova ai fornelli, cucinando per ben 12 persone.

Nella scorsa puntata vi ho già detto di aver concordato un menù con un amico chef e di aver approfittato delle sue dritte da esperto in materia.

Peccato io non sia così esperta …

Da questa esperienza ho capito che anche cucinare è una forma d’arte, che richiede tempo e pratica.

Quindi non fa per me!

Almeno in questa fase super indaffarata della mia esistenza.

Ma mi chiedo se arriveranno mai fasi più calme e rilassanti.

Ho compreso  di essermi messa in una situazione più grande di me già quando facevo la spesa.

Ma ormai la cosa era fatta, gli inviti inoltrati, non potevo certo tirarmi indietro.

“Signorina, come le vuole le vongole? E i merluzzi, come li preferisce? Prende questi gamberetti oppure preferisce l’altro tipo?”

Se c’è una cosa che detesto è andare in pescheria e comprare il pesce, perché, lo ammetto, non so comprarlo. Bisogna saperlo scegliere, ma io non so nulla in merito.

Di solito mi fornisco di surgelati al supermercato e quando ho voglia di frutti di mare o pesce fresco, ci sono i ristoranti o i pranzi dai miei, ecco.

In pescheria poi ho l’abilità di intrufolarmi negli spazi dove il pavimento risulta più bagnato e non vi dico come mi combino le scarpe, per non parlare di quando è estate ed indosso i sandali.

Nella spedizione dell’altro giorno, invece, avevo dei pantaloni abbastanza lunghi. Inutile specificarvi come si sono ridotti nella parte bassa.

Comunque, tra consigli del negoziante e dritte dello chef, sono riuscita a fare la spesa.

Arrivato il fatidico giorno, ho dedicato l’intero pomeriggio alla preparazione del tutto.

Ho reso decente casa, innanzitutto.

Poi mi sono anticipata nell’apparecchiare. Sì, perché avevo previsto che lasciare per ultimo le cose più facili, sarebbe significato farle in fretta e furia.

Invece ci tenevo a preparare la tavola come si deve.

Almeno quello!

Oltre al palato, anche l’occhio vuole la sua parte.

Oggi ci sono tante belle idee per decorare e rendere la presentazione dei piatti più originale, così ho dato il meglio di me.

Siamo sotto Pasqua e mi sono servita di ramoscelli di ulivo e di addobbi vari, con un risultato molto simpatico e scenografico.

Per la qual cosa, però, ho perso più tempo del previsto e così mi sono ritrovata a fare le corse per la preparazione delle pietanze.

“Se volete, venite prima per vedermi all’opera!”

Non contenta, dovevo aggiungere anche altre difficoltà!

Per fortuna, nessuno degli invitati è riuscito nell’intento di anticiparsi.

La cena era alle venti ed io un’ora prima ero in pieno stress organizzativo.

I gamberetti da sgusciare, le vongole da sciacquare e risciacquare (altro che “sono già belle pulite”, caro pescivendolo!), il prezzemolo da lavare e sminuzzare … e tanto altro ancora.

Avevo la cucina invasa da pentole, tegami, ingredienti… non si capiva niente!

Ho perso anche un bel po’ di tempo per pulire il forno. Era in condizioni pietose, non lo uso mai.

Imprevisti a non finire, poi.

Per esempio, dopo aver lavato l’insalata, per asciugarla, l’avevo avvolta in uno strofinaccio. Dopo qualche minuto, però, me ne ero dimenticata e, nell’afferrarlo velocemente per asciugare una pentola, tutta l’insalata è volata per terra.

Un disastro.

Mancava meno di mezz’ora quando mi sono resa conto di essermi dimenticata di fare la salsa cocktail. Avevo comprato tutti gli ingredienti, ma ho dovuto rimediare con quella comprata, che per fortuna avevo in dispensa.

Pazienza. Almeno ho avuto la sicurezza che l’antipasto sarebbe andato bene!

Per non parlare del dolce. L’ho messo a cuocere in un forno ancora maleodorante di merluzzo gratinato e in un recipiente che non era quello del diametro giusto.

La caprese  in genere mi è sempre venuta bene, nei bei tempi in cui qualche volta mi dedicavo alla preparazione dei dolci. In questo caso, però, non si parla di caprese al cioccolato, bensì di caprese al limone, che non ho mai fatto.

“C’è sempre una prima volta”, mi son detta.

Peccato che già dalla cottura mi sia resa conto di aver sbagliato qualcosa, visto che la casa si era impregnata di un cattivo odore di dolce bruciato, dopo appena un quarto d’ora di forno a 180 gradi. Mah!

Vi risparmio altri dettagli sullo stress della preparazione.

E, siccome “non c’è due senza tre”, ci sarà anche una “Parte Terza” in cui concluderò il racconto di questa mia ennesima disavventura, rivelandovi finalmente il responso dei malcapitati invitati …

Maelka