Non è il momento di fare polemiche e questo lo chiariamo in premessa.

Non ci interessano.

Le osservazioni o le critiche, però, se possono essere utili ad aprire le menti e a far assumere decisioni a tutela della collettività, non sono mai inopportune, anzi!

Era l’otto marzo quando invitavamo pubblicamente ad alzare la guardia sui rientri che iniziavano a riversarsi in penisola. Registrare, controllare e monitorare capillarmente. Studenti e lavoratori che, comprensibilmente impauriti, ritornavano in Penisola dalle regioni del Nord, seguiti poi dai rientri dei marittimi che, pian piano, rincasavano dopo lo stop forzato del comparto crocieristico.

Al di là delle disposizioni normative, la vicinanza alle zone di contagio o i numerosi contatti interpersonali e il transito in porti, aeroporti e stazioni, costituivano e costituiscono fattori di rischio non trascurabili.

Il suggerimento non è stato colto e pazienza, storta va, diritta viene!

Ora però a distanza di 15 giorni ci troviamo di fronte ad un ulteriore rientro cospicuo (il primo ad essere preventivamente annunciato dai vari Sindaci), che ci induce a ritornare sulla questione e a chiedere ancora di fare qualcosa!

È indubbio che dobbiamo sforzarci in tutti i modi per limitare i contagi.

È indubbio che il personale e le strutture sanitarie oggi disponibili in Campania non sono sufficienti a reggere ritmi di ricoveri incalzanti.

È indubbio che la compagnia marittima ha fatto sapere di aver già fatto quanto poteva e il resto rimane nella disponibilità dei comuni di residenza. Lei, ci dice, ha misurato le temperature, in qualche caso aggiunge, ha svolto i tamponi, poi basta. Ha assolto al suo compito, il resto, precisa, non le compete!

Bene, seppure queste attività fossero sufficienti (e capirebbe chiunque che non lo sono, come d’altronde emerge anche dalle notizie della stampa estera in merito ai contagi sulle navi da crociera) dal momento dello sbarco al momento del rientro in casa (magari con sosta in hotel e comunque con uso di mezzi di trasporto di vario tipo), i nostri concittadini sono esposti ad un rischio maggiore rispetto a chi è già da settimane in regime di mobilità ridotta.

Allora che si fa?

Non certo negargli il rientro, come si affrettano a dire quelli che, senza far funzionare il cervello, pensano che si voglia trattarli da appestati (e noi nemmeno in tale triste ipotesi saremmo per l’abbandono del prossimo!). Fatti salvi i casi in cui si disponga di una seconda casa, c’è un problema oggettivo di applicazione della normativa che imporrebbe, almeno per casi più a rischio come questi, di adottare misure alternative. Infatti, il cittadino che deve osservare la “quarantena” deve avere a disposizione esclusiva una stanza e un bagno (ben aerati), in eventuali stanze usate in comune deve mantenere da loro la distanza di almeno un metro, non deve avere contatti con gli altri componenti del nucleo. Occorre poi che si rispettino minuziosamente norme igieniche nell’uso di indumenti, biancheria, posate, utensili e nell’aerazione degli ambienti.

Solo nel caso in cui si possa rispettare tutto ciò, gli altri membri del nucleo, non sono tenuti anche loro alla “quarantena”, potendo, con le limitazioni vigenti per tutto il resto della popolazione, continuare ad uscire per la spesa, per il lavoro, per la pipì al cane e via discorrendo.

Lecito a questo punto chiedersi come si possa realisticamente verificare che tutto ciò venga rispettato. Ci si deve basare solo sulla fiducia, visto che le Autorità preposte al controllo certo non  hanno le chiavi di casa e, quindi, non possono entrare all’improvviso a vedere come ci si comporta. Non è possibile neanche ipotizzare telecamere h24 tipo casa del Grande Fratello

Allora come si stanno svolgendo sino ad oggi i controlli nei nuclei interessati (dato peraltro mai fornito nelle continue informazioni istituzionali che si diramano ogni giorno)?

Ovviamente proprio sulla fiducia. Quando ci sentiamo di ripetere…

…E’ tutto sotto controllo…

…significa proprio questo. Che ci si sta affidando al buon senso di chi dovrebbe stare in quarantena.

Altro discorso sarebbe se tutto il nucleo osservasse l’isolamento, ma anche in tal caso le difficoltà in termini pratici e di controllo sarebbero decisamente tante.

Ecco che l’individuazione di una struttura dedicata, consentirebbe di svolgere in maniera efficace la quarantena domiciliare, alleggerirebbe le modalità di controllo (con meno punti da monitorare), alleggerirebbe i disagi ai cittadini e soprattutto punterebbe a tutelare la salute di tutti.

Siamo ancora in tempo per rimediare, siamo ancora in tempo per tendere una mano al prossimo e contemporaneamente garantire la sicurezza di tutti. Il sindaco di Massa Lubrense ha già chiarito che farà così, perché non seguirlo? Per quanto riguarda i costi, non essendo riusciti a spuntare nulla con armatori e compagnie, basterà rinunciare a qualche futura festa…a noi andrà benissimo!

Anna Iaccarino