Fa strano addormentarsi senza  aver fatto prima scorrere per l’ultima volta la chat di WhatsApp o la home di Facebook sul display del cellulare.

Stasera però è così.

È quasi mezzanotte e per l’esattezza sono in modalità off line dalle tre di questo pomeriggio. Sto resistendo, quindi, all’abituale tentazione di smanettare con lo smartphone dalla bellezza di nove ore.

Un piccolo esperimento.

Giusto quarantotto ore.

Appena due giorni di “sconnessione” dal mondo.

Dopodomani mi ritroverò di nuovo ad imprecare per la mancanza del segnale del gestore o per i disturbi di frequenza del modem.

In effetti, tutto è nato dalle continue seccature proprie di questi nostri tempi moderni. Il “progresso-regresso”, per intenderci.

Mi spiego meglio.

L’altro giorno ero alle poste per dei pagamenti. Dopo una lunga  fila, al mio turno si è bloccata la connessione, il che non ha consentito di procedere con l’operazione.

Il risultato?

Avrò aspettato almeno mezz’ora allo sportello.

Ieri invece ho perso le ultime modifiche del racconto a cui sto lavorando, perché mentre scrivevo ho accidentalmente tirato il filo del portatile.

Come se non bastasse, questa mattina  problemi di batteria, sia allo scooter che al cellulare.

Lo so, in fondo sono sciocchezze, non sono certo questi i problemi della vita, ma sicuramente ne complicano la quotidianità.

A volte penso a come si doveva vivere una volta, prima di tutte queste innovazioni. A quando si camminava a piedi e non c’erano  sistemi informatizzati, né telefonini o elettrodomestici.

Oddio, niente lavatrice … i panni si lavavano a mano! Il solo pensiero mi sconvolge. In passato però i bucati erano di sicuro meno consistenti. Mica le nostre nonne avevano i   guardaroba  super accessoriati e strapieni all’inverosimile?

Resta comunque il fatto che prima non c’erano tutte le fastidiose  incombenze e i grattacapi legati alla manutenzione di questi “apparecchi” moderni: guasti, riparazioni, bollette, tariffe da cambiare, scadenze, impicci burocratici e chi più ne ha più ne metta.

A me poi ne capitano sempre di tutti i colori e m’infurio non poco.

Così, quando dopo pranzo mi sono concessa un terapeutico caffè con l’amica di turno disposta a condividere sfoghi e confidenze, ho imprecato contro la telematizzazione delle poste e l’archiviazione insicura di cd e computer (quanti  documenti e foto andati persi negli anni!). Ho poi inveito contro la gestione complicata di macchina e scooter e, bersaglio finale, lui: il cellulare.

Se tutto va bene, da cambiare ogni due anni e, per quanto mi riguarda,  dopo una miriade di fastidi perenni:  una volta si surriscalda, un’altra ha la batteria che non regge; per non parlare di quando subentrano quelle che io chiamo “anomalie tecnologiche”, del tipo display impazzito o resettazioni improvvise.

“Ci siamo abituati  male! Dipendiamo troppo dalla tecnologia. Io  ormai ho imparato a limitare allo stretto necessario l’uso del telefonino.”

… esclama compiaciuta la mia amica.

Brava. Io no, invece. Lo uso e anche troppo. Un’overdose giornaliera di chat,  singole e di gruppo, con tanto di messaggi scritti e vocali.

“Prova a togliere la connessione per un paio di giorni!”

Ma che dice?

Io off line per due giorni?

Impossibile! Ho anche una chat in corso con un tipo niente male. Ci siamo conosciuti l’altro giorno ad una cena e mi sta scrivendo su WhatsApp.

“All’inizio ti sembrerà strano, poi vedrai che man mano apprezzerai quest’esperimento: avrai molto più tempo per tante altre cose!”

Mi sta quasi convincendo.

Ma sì, proviamo, ho deciso: stacco la connessione.

Per due giorni si può fare. Basta con queste dipendenze.

Il tipo niente male se ne farà una ragione a non sentirmi per due giorni!

Ed eccomi qua, a raccontarvi direttamente dalla postazione del cuscino di Maelka queste prime ore trascorse off line. Appena nove ore, eppure  mi sento già fuori dal mondo…

Non so oggi quante volte avrò aperto la schermata di Facebook e di WhatsApp per controllare i messaggi. Un gesto automatico ed abitudinario, ma inutile: sono senza connessione!

Comunque sono in ballo e farò fede all’impegno preso.

Due giorni, dopodiché ovviamente  tornerò on line, ma d’ora in poi senza esagerare: non voglio che l’ off line debba significare off life, ecco! 

Sto quasi per spegnere lo smartphone, ma sta squillando:  oh, oh!  L’off line non l’ha fermato … chiamata in arrivo dal tipo niente male … this is life!

Maelka