Ancora una volta abbiamo voluto attendere prima di prendere posizione. Abbiamo voluto dare la possibilità alle istituzioni di far sentire la propria voce.

Ancora una volta l’attesa è stata inutile, ha prevalso di nuovo il silenzio.

Nonostante questo, nel titolo abbiamo voluto lanciare un segnale forte: facciamo qualcosa.

Facciamo: prima persona plurale.

Quindi noi.

Quindi tutti.

Sarebbe facile, qualunquista e – questo sì – strumentale buttare la croce sull’attuale classe politica della Città. Però non servirebbe a niente altro che a dare la stura a qualche oretta di sfogo social. Sicuramente l’Amministrazione in carica, ed il Sindaco Vincenzo Iaccarino in primis, una parte di responsabilità ce l’ha. Ha ad esempio la colpa di aver illuso con la sua propaganda del piffero. 

Dapprima la stagione della video-sorveglianza. Proclami un giorno sì e l’altro pure. Annunci di telecamere in ogni angolo del paese, pronte a riprenderti anche nell’atto di scaccolarti. Nessuno avrebbe potuto più farla franca. Salvo poi scoprire che invece ‘ste telecamere non si accorgerebbero nemmeno dello sbarco dei Marines ad Omaha Beach.

Poi l’avvento del Sindaco Sceriffo, delle sue epiche ronde alla stazione. Il suo vespone bianco ed il suo casco alla Sturmtruppen divenuti improvvisamente il peggior incubo di ogni male intenzionato. Anche questa misura è però servita a poco.

Allora si è puntati diritti diritti alla migliore strategia possibile.

Ssssssssssssss!

Museruole e guinzagli ad araldi di palazzo e non. Di certe cose non si parla, perché altrimenti si danneggia l’immagine della Città.

Il teorema dell’essere inesistente.

Una cosa non c’è, quando nessuno dice che c’è.

Per un po’ funziona pure, al punto che il cittadino è tentato di abbassare la guardia. Inizia ad ipotizzare che potrebbe dormire con la porta di casa aperta, lasciare l’auto in sosta con le chiavi al cruscotto, far pascolare in figli in strada sino alle due di notte.  

Improvvisamente si sente più al sicuro che nell’Unione Sovietica di Peppino Stalin (non a caso è nato lì il “teorema dell’essere inesistente”).

Quello stesso cittadino, però, una sera mentre torna a casa, a poche centinaia di metri dal Municipio, dal cuore della Città, assiste impietrito alla scena di un ragazzo che per poche decine di euro scomma a sangue il malcapitato di turno. 

E’ come un uppercut in pieno volto a guardia abbassata sparatogli in faccia dal Mike Tyson dei tempi che furono.

Fa male.

Molto male.

Quello stesso cittadino torna a casa con una centrifuga nel cervello. Non ci capisce più niente: l’essere, in quanto essere, esiste…e come se esiste.

Non è affatto inesistente, come volevano fargli credere.

Esiste ed è pure brutto assai. 

Brutto assai perché, se ci si ferma a riflettere, si prende atto che nessun cittadino, nemmeno il Primo, può fare qualcosa.

Tutti però, persino di Primo, possono fare tanto. 

Sembra quasi un gioco di parole, ma non lo è.

Cittadini, famiglie, istituzioni: tutti insieme. Si prende innanzitutto coscienza della realtà e poi si riparte. Lentamente, ma almeno si riparte.  

Da dove?

Innanzitutto da sé stessi e dalla rigida applicazione del binomio dovere/diritti. Volutamente invertito, rispetto alla classica dizione, perché è il momento storico che lo richiede. A Piano di Sorrento come altrove.

Un binomio, quello dovere/diritti, che presto deve diventare anche la Stella Polare dell’educazione dei propri figli.

Avremmo già risolto oltre i 3/4 dei problemi.

Solo allora potremmo permetterci di pretendere il quarto mancante dalle istituzioni.

Johnny Pollio