Mancava solo il Battaglione San Marco mercoledì sera a Piazza della Repubblica.

Sotto una pioggia sferzante si erano concentrate tutte le forze di terra, di cielo e di mare, come ha raccontato l’amico Claudio d’Esposito. Tutte pronte a suonare le campane a morte ad uno dei tre grossi pini che provano ad agghindare uno degli angoli più sciapiti della nostra Penisola.

Così la giornata nazionale della festa dell’albero, stava per trasformarsi nella giornata comunale della festa all’albero.

Una fine annunciata da quasi dieci anni, da quando i proprietari dell’area su cui sorge l’imponente arbusto hanno cominciato a sfornare perizie su perizie. Tutte nel tentativo di dimostrare che quel pino là non c’adda stare.

Quel suo tronco, proteso alla ricerca di aria e luce, sarebbe una mannaia continua che pende sul capo degli ignari passanti. Le sue possenti radici, che si ribellano all’asfalto che gli hanno vomitato addosso, un’autentica rottura di balle.

Non c’adda stare.

E’ una condanna a morte a cui né il fanciullesco entusiasmo di Claudio, né la sterile rivolta social probabilmente riusciranno a fermare. Abbiamo bisogno di un ulteriore agnello da sacrificare sull’altare dell’antropizzazione.

Ormai è un rito che ciclicamente deve essere ripetuto per omaggiare un Dio che ancora non sappiamo dove ci condurrà. Non riusciamo più a farne a meno.

Al cospetto di questo ennesimo olocausto colpisce il mutismo del Sindaco Piergiorgio Sagristani.

Non un post, una foto, una fetente di parola da chi un giorno sì e l’altro pure ci propina immagini gaudenti in sui si bea tra le beltà di madre Natura. Alberi, fiori, boschi, farfalle che svolazzano sono soliti fargli da scenografia immortalandolo come novella reincarnazione del dio Pan.

E poi oasi verdi, premi, riconoscimenti, mostre, convegni tutto quanto fa brodo per esaltare la sua anima green e quella di un Comune che dovrebbe essere diverso dagli altri.

Invece?

Invece niente: il silenzio.

Quell’implorante pino non solo non c’adda stare, ma è come se non esistesse per niente.

Legna da ardere, martirio per quel Dio che ancora non sappiamo dove ci condurrà.

Johnny Pollio