È da un po’ ormai che assistiamo al fioccare di concorsi nella Pubblica amministrazione.

Comuni, regioni, enti pubblici di vario livello.

Le modifiche al sistema di accesso alla pensione e la distensione del blocco delle assunzioni hanno dato il via ad un fenomeno che, specie a livello comunale, non eravamo più abituati a vedere ed a gestire: l’accesso all’ambito posto fisso.

In treno, ieri, ascoltavo due donne parlarne. In mano avevano uno svariato numero di fogli, contavano e ricontavano le posizioni in più graduatorie in cui, probabilmente, erano inserite. Nominavano, senza badare di essere in un treno pieno di gente, chi era in “classifica” perché “…figlio, fratello, cugino, nipote, amante, amico di…” e ai contatti che avevano raggiunto loro stesse. Perché dicevano “…senza scomodare sig. x o sig. y non entri o comunque non ti piazzi bene in graduatoria”.

“Qui possiamo farcela, qui scordiamocelo”, ripetevano.

Ecco, nel sentirle parlare, pensavo a quello che è successo da noi a Piano, pensavo ai sette “baciati dalla fortuna” prima e “schiaffeggiati dalla sfiga” poi. A quei sette che avevano accarezzato l’idea di acciuffare l’agognato posto fisso, che si erano gongolati all’idea di leggere dai giornali che era ormai cosa fatta, che avevano magari ringraziato questo o quello per aver stretto accordi con Castellammare.

Li immaginavo come le due donne sconosciute del treno, con tanto di fogli in mano…e poi?

E poi niente, perché tra una guerra di posizione e un attacco alla diligenza, il Comune di Castellammare si è stufato e ha portato via il pallone dal campo: partita annullata!

Farà un suo concorso e anche lì, magari, reale o romanzato, ripartirà il circolo che raccontavano le due donne in treno.

Perché reale o romanzato, luogo comune o verità, la percezione che hanno i cittadini dell’accesso al pubblico impiego non è affatto positiva e non ci si industria troppo per migliorarla.

Il lavoro nobilita l’uomo, dicono, ma in tutta questa storia di nobile, c’è davvero molto poco…

Anna Iaccarino