Ospedale sì, ospedale no.
Dopo la recente scampagnata del Governatore De Luca nella Terra delle Sirene, un po’ tutti sembrano sfogliare la margherita su quel che sarà del futuro della sanità in Penisola sorrentina.
Tra i tanti interventi più o meno autorevoli, segnaliamo quello del dottor Antonino Coppola, stimato medico cardiologo, in servizio presso l’Ospedale Santa Maria La Misericordia.
Non uno qualunque, insomma, uno di quelli che forse andrebbe la pena ascoltare.
Ecco cosa ha scritto Coppola:
E venne il giorno dell’Ospedale unico ed insieme l’annuncio di una sanità di eccellenza, prossima a venire. A prescindere, direbbe qualcuno, e con assoluta certezza.
E’ la sola realizzazione dell’Ospedale, inteso come edificio, a diventare garanzia di sanità di eccellenza. Senza tener contro di tutto il resto (che non è poco), e nel dettaglio degli “standard qualitativi, tecnologici, strutturali e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera (gazzetta ufficiale 2015)”.
Un complesso ospedaliero imponente, incastrato nel centro di Sant’Agnello, tra due piccole strade (via Mariano Lauro e via Iommella Piccola) e il bel Viale dei Pini con un’aiuola centrale a dividere le carreggiate e negli ultimi anni una splendida fioritura di rose.
E’ un’area localizzata ai margini della colmata dell’antico vallone Croce, priva di adeguate strade di accesso, e a ridosso delle abitazioni. Nei rendering presentati l’ospedale arriva al livello della mura perimetrali di via M.Lauro, a pochi metri dal palazzo vicino. Pare sia addirittura prevista pure un’area di atterraggio sopraelevata per eliambulanza.
Le ripercussioni sulla vivibilità e sulla mobilità non solo di Sant’Agnello ma dell’intera Penisola, le cui strade sono quasi costantemente congestionate dal traffico, saranno notevoli.
Sarebbe bastato commissionare uno studio serio di verifica di sostenibilità trasportistica (offerta e domanda di trasporto sia pubblico che privato attuale e quella prevista, simulazione sui flussi di traffico nelle varie ore della giornata e nei periodi dell’anno, etc ect) per valutare le variazioni della mobilità nell’intera Penisola, collegate alla realizzazione del nuovo ospedale.
E’ mancato il linguaggio della chiarezza sul futuro del Presidio Ospedaliero di Vico Equense ed in particolare del Pronto Soccorso. C’è chi ancora spera in una riapertura e chi addirittura nella permanenza anche dopo la realizzazione dell’Ospedale a Sant’Agnello.
La legge italiana (se ancora ha un senso) prevede che solo gli Ospedali possono essere sede di Pronto Soccorso. Ed il motivo è chiaro. Un Pronto Soccorso deve essere ubicato in una struttura con alcuni requisiti minimi. Eccoli: presenza di medicina interna, chirurgia, ortopedia, anestesia, radiologia, laboratorio ed inoltre di letti di osservazione breve intensiva.
Quindi non essendoci più un Ospedale non potrà esserci un Pronto soccorso.
Ben altra cosa è l’istituzione di un Punto di Primo Intervento (PPI) dedicato esclusivamente alla visita e trattamento delle patologie urgenti a bassa gravità. Per i casi più gravi sono attrezzati unicamente per la stabilizzazione e il trasporto dei pazienti presso il Pronto Soccorso più idoneo.
Ed è mancato il linguaggio della chiarezza anche su un altro aspetto imprescindibile. L’Ospedale Unico, come già previsto, non avrà tutte le branche specialistiche (e non potrebbe essere altrimenti). Continueranno insomma i
trasferimenti urgenti.
Tanto è vero che continuerà a mancare una sala di emodinamica per la cura dell’infarto miocardico acuto.
Continueremo quindi a trasferire in ambulanza i pazienti con un infarto miocardico acuto (patologia tempo-dipendente) per eseguire l’angioplastica coronarica presso gli Ospedali di Napoli (si spera presto di Castellammare) affrontando il rischio di un trasporto urgente, a cui si aggiunge a volte un ritardo non accettabile.
In ultimo, (ma non per importanza) non andrebbe dimenticato mai che la sanità non è solo l’Ospedale.
Negli anni si è assistito ad una drastica riduzione del numero dei posti letto e degli ospedali. Quella scelta fu fatta immaginando di ridurre le ospedalizzazioni, in particolare delle persone anziane ma non solo, di aumentare l’assistenza domiciliare e di potenziare le reti territoriali per l’assistenza ai malati cronici, agli anziani e ai disabili.
Nulla di tutto ciò è avvenuto.
In tante famiglie, per esempio, la cura degli anziani è prerogativa delle badanti.
Ecco, in conclusione, ai rappresentanti delle istituzioni tutti spetta l’onere delle decisioni ma anche dell’ascolto.
Soprattutto dei cittadini (sempre più numerosi, ma cambia poco), che pongono domande o muovono critiche che non sono mai pretestuose o dettate da interessi di parte.