Questo inizio di estate 2018 è stato sin qui contrassegnato dalla battaglia quasi ideologica sulle condizioni del nostro mare. Una crociata combattuta a colpi di foto ed analisi e che fino ad ora non ha visto né vincitori né vinti. Tutti sembrano arroccarsi sulle proprie posizioni ed il dibattito, come sempre più spesso accade, sembra sempre più assomigliare a slogan da stadio.

Al fine di offrire un piccolo contributo, ci pare interessante pubblicare questo intervento del dottor Giovanni Damiani, Direttore Tecnico dell’Arta.

Chiacchiere, proclami e spot li lasceremo ad altri.

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“Il monitoraggio delle acque di balneazione ha lo scopo di garantire la sicurezza del cittadino bagnante.

La normativa presta particolare attenzione alla concentrazione di Escherichia coli, una delle principali specie di batteri coliformi che vivono, in simbiosi, nella parte inferiore dell’intestino dell’uomo e degli altri animali a sangue caldo, uccelli e mammiferi. Questi microbi sono necessari all’ospite per il corretto processo digestivo e perché rilasciano vitamine, soprattutto del gruppo B. Ci sono situazioni in cui ceppi mutati di Escherichia coli possono provocare malattie nell’uomo e negli animali ma per fortuna ciò è molto raro; normalmente, infatti, l’Escherichia coli è innocua per l’uomo. A questo punto, però, in molti potranno domandarsi: “Perché mai spendere tempo ed energia per scoprirne e quantificarne la presenza nelle acque di balneazione?”.

La ricerca di questi batteri è effettuata essenzialmente perché la loro presenza segnala condizioni di fecalizzazione. Dal momento che l’uomo emette miliardi di batteri per grammo di feci, l’Escherichia coli è assunto come principale indicatore di contaminazione fecale, insieme agli enterococchi fecali, e ci consente di stimare il rischio igienico-sanitario legato alla possibilità di contrarre malattie a propagazione oro-fecale (da virus, elminti, salmonelle, leptospire, eccetera). Più è alto il contenuto in Escherichia Coli e in enterococchi fecali e più è probabile che vi siano germi patogeni.

Se dovessimo ricercare nelle acque tutti i possibili patogeni in grado di provocare infezioni, dovremmo però impiegare un nutrito stuolo di tecnici, attrezzature sofisticate e costose, e tanto (troppo) tempo prima di poter disporre di risultati. Con l’analisi dei soli “comuni” batteri fecali, invece, misuriamo indirettamente e con maggiore speditezza il rischio sanitario che, se risulta consistente, fa scattare il divieto di balneazione.

Da quanto abbiamo sinora detto, si comprende che la normativa che disciplina la materia della balneazione delle acque è di tipo squisitamente sanitario piuttosto che ambientale. Ne deriva che quando sulla base delle analisi condotte per la balneazione riscontriamo dati positivi relativi a un’area di mare, di lago o a un tratto di fiume, non è comunque corretto dire che il mare, il lago o il fiume “stanno bene”, che “sono puliti” (si potrebbe pensare, addirittura, “puliti da qualsiasi inquinante”, come lascerebbe intendere l’assegnazione delle cosiddette “bandiere blu”): questi giudizi positivi consentono semplicemente di affermare che lì èigienicamente sicuro fare il bagno.

La legge della balneazione non si occupa della condizione ecologica complessiva del mare, ma tratta il mare come se fosse una piscina. Per determinare lo stato di salute complessivo del mare (o di un lago o di un tratto di fiume) sono richieste indagini ben più complesse e che poco hanno a che fare con la balneazione. Anzi, potrebbero verificarsi situazioni paradossali: se in una zona di mare si spargessero potenti disinfettanti come l’ipoclorito di sodio, i risultati delle analisi per la balneazione fornirebbero risultati buonissimi perché sono eliminati i batteri fecali, ma avremmo ucciso anche tutte le forme di vita dell’ambiente irrorato. In questo caso il massimo della desiderabilità per la balneazione corrisponderebbe al massimo della negatività ecologica o addirittura al disastro ambientale.

La norma fissa anche il limite massimo per il parametro Escherichia coli negli scarichi idrici: 5000 UFC in 100 millilitri, per gli effluenti avviati allo scarico (UFC = Unità Formanti Colonie; il riferimento legislativo è la Parte Terza del D.Lgs. 152/06, all. 5, tab. 3, col. 4, parametro n. 50); 100 UFC in 100 ml, per gli effluenti che possono essere reimpiegati per l’uso irriguo (D.M. 12/6/2003, n. 185, commi 6, 7 e 8 dell’allegato). Tutte queste ed altre informazioni, insieme ad alcuni documenti d’interesse e alle Analisi della Balneazione, sono disponibili nella pagina dedicata alle Acque di Balneazione.

La presenza di Escherichia coli e di enterococchi è legata all’esistenza di scarichi diretti di fognature non depurate oppure scarichi mal depurati o mal disinfettati.

Il processo di disinfezione delle acque reflue è un trattamento finalizzato a ridurre la concentrazione di batteri, virus e parassiti potenzialmente pericolosi per la salute, ad un livello che assicuri un’adeguata sicurezza igienica delle acque. La disinfezione dei reflui è sempre necessaria per la prevenzione delle malattie e diventa fondamentale ed ineludibile soprattutto in situazioni in cui l’effluente contiene elevate quote di reflui provenienti da ospedali o cliniche.