Lo stupro della turista inglese presso una struttura ricettiva di Meta, oltre a riempire le cronache di vari giornali e telegiornali, sembra aver monopolizzato anche l’attenzione dei social.

Ognuno ha una ricetta, ognuno un’opinione.

Ci ha colpito, tra le tante parole scritte, questa pacata e profonda riflessione di Antonino De Angelis:

“Un brutto fatto di cronaca: cinque persone hanno stuprato una donna inglese.

I media nazionali hanno informato che il fatto è avvenuto a Sorrento.

Apriti cielo, le proteste di molti sorrentini non si sono fatte attendere: “E’ falso, non infangate il nome di Sorrento, perché il crimine è avvenuto a Meta!” e si invocano interventi chiarificatori, si sollecita il sindaco e forse anche la piazza. Fra questi, ci scommetterei, c’è perfino qualcuno che tifa per il ‘comune unico’ perché, stavolta dicono: “siamo la stessa cosa…. siamo una unica identità territoriale e sociale” ed hanno ragione.

Quando però nello stesso territorio (da Vico Equense a Massalubrense compresa Sorrento) si registrano fatti e si distinguono personaggi esaltanti e prestigiosi che la stampa indica (sempre) come avvenuti o residenti a Sorrento allora non si insorge nessuna protesta e nessuna richiesta di precisazione; in quei casi il nome della Città non è infangato, anzi ci si compiace senza riserva. 

Quando si dice, sempre sui media, che Sorrento è la patria di grandi armatori e cita Achille Lauro, Francesco Saverio Ciampa e Gigi Aponte, nessuno protesta per precisare che essi sono rispettivamente di Piano di Sorrento e Sant’Agnello, così come nessuno dei sorrentini zelanti ha mai sentito l’urgenza di precisare che il patron del giro d’Italia Elo Castellano era di Sant’Agnello e non di Sorrento quando la stampa (sempre) lo ha riferito a Sorrento.

Quando la TV ha registrato il successo di Enza Cacace, Veronica Maya, Emanuela Zero nessuno dei sorrentini ‘di città’ ha sentito il bisogno di precisare che esse fossero di Massalubrense e Sant’Agnello e si sono compiaciuti di quella edificante attribuzione. Ogni qualvolta, invece, (e gli esempi sono tanti) si tratti di pedofilia, di stupri, di droga, di furti ed altre quotidiane nefandezze che avvengono spesso anche a Sorrento, allora tutto deve ricadere nei rigidi confini dei propri municipi affinché il nome della città di Sorrento non venga infangato perché, si sostiene, “siamo persone per bene” “siamo diversi” “abbiamo il turismo da difendere” e altre banali argomentazioni.

In questo comportamento, oltre ad una plateale contraddizione, intravedo una profonda ipocrisia, un perbenismo becero e provinciale che non si accorge, invece, che il tutto è il risultato dell’incultura, del cinismo, della mancanza di rispetto, dei disvalori che progressivamente stanno pervadendo la nostra società e che sempre di più coinvolgono anche questo ‘ex paradiso terrestre’ che è (tutta intera) la penisola sorrentina.

Chi pensa di poter contenere tutto questo sul confine di un piccolo territorio, sia esso famoso nel mondo come Sorrento che sperduto nel profondo Sud, è un illuso che si ostina a pensare di essere immune da pericoli ed esente da vergogne e non si accorge che invece sono dietro l’angolo o peggio ancora sull’uscio di casa sua”.