Prima di parlare, ho aspettato, perché la morte merita silenzio e merita Rispetto.

In un caldissimo primo pomeriggio di luglio, Nicola ha perso la vita mentre era intento a lavorare in un fabbricato a pochi passi dalla nostra Chiesa e dal nostro San Michele.

Non era un nostro concittadino.

Era però un nostro figlio, un nostro fratello che, da giorni, percorreva chilometri, per sporcarsi le mani e portare dignitosamente il pane a casa. L’ha stroncato lo sforzo svolto sotto il caldo eccessivo. Già, perché, che ci sia calura o gelo, pioggia o vento, c’è chi è costretto a salire su una impalcatura, ad entrare in un campo, a camminare chilometri a piedi, in nome di un lavoro che, a volte, insieme alla paga, consegna anche l’ultimo appuntamento.

Le morti sul lavoro toccano anche il nostro paese, solo che quando accade (perché non è certo la prima volta) risulta più comodo star zitti o parlare di fatalità, perché, magari, si dice, sarebbe accaduto comunque.

Questa volta, però, la notizia è rimbalzata altrove, sulla stampa nazionale e perfino nei tg.

Uno scossone al nostro torpore!

Io non so cosa sia accaduto davvero, ma, in certi casi, per alzare la voce non occorre aspettare le carte bollate. Ed in fondo, in altre circostanze non si attende la regola della certezza per inondare i social o i giornali di pensieri e di dichiarazioni.

Nicola è morto sul lavoro.

Nicola è morto di lavoro.

Pesa il silenzio della nostra politica e dei nostri sindacati.

Pesa il silenzio del Sindaco Vincenzo Iaccarino.

Pesa il silenzio di chi, non perde occasione, per ergersi a paladino di quei diritti (che, a volte, si confondono con i desideri) che oggi pare vada di moda difendere. Quasi viene il dubbio che, il tanto spendersi su certe tematiche, risponda più che ad una “battaglia di civiltà”, al facile tentativo di (ri)creare un’identità di schieramenti, dopo che, per troppo tempo e su tanti temi, ci si è appiattiti, mescolati, uniformati e svenduti.

Per comodità, per interesse, per incapacità.

Un uomo muore sotto i nostri nasi, mentre esercita il più nobile dei diritti sanciti dalla Costituzione e nessuno, da destra a sinistra, dai salotti bene alle piazze, trova doveroso chiedersi quanto sia ingiusta quella vita spezzata, quanto sia lontana la parola sicurezza da tanti luoghi di lavoro, quanto sia medioevale il sangue versato mentre si fa girare l’economia, quanto sia semplicemente umano rivolgergli un saluto o una preghiera.

Allora scusaci Nicola.

Scusaci perché abbiamo mostrato la faccia della superficialità.

Che la terra ti sia lieve e che la Consolazione sollevi dal dolore la tua famiglia.

Anna Iaccarino