Ci siamo già occupati dell’applicazione del sito del gruppo l’Espresso che offre la mappa sull’allarme ludopatia.

Un apposito sito su cui è sufficiente cliccare il nome del Comune prescelto ed ottenere tutti i dati.

Abbiamo così scoperto che il Comune di Meta risulta il più virtuoso tra i quattro che componevano la Grande Sorrento.

Sorrento invece è quella che spende di più: 21,85 milioni ed è anche quella che ha più apparecchi 186. E’ Sant’Agnello però quella peggiore in termini di spesa pro-capite addirittura 1.736,9 euro.

Apparentemente migliore la situazione a Piano di Sorrento dove si spendono complessivamente 11,91 milioni di euro all’anno. 914 euro a persona.

Il problema è un altro però.

A vedere bene Piano di Sorrento è quello che offre il dato più allarmante.

Le giocate tra il 2015 ed il 2016 sono aumentate addirittura del 34,2%. Così come il numero degli apparecchi: 7,7% in più di videolottery e 28,6% in più di new slot.

Una crescita da brividi.

Una crescita che ha del paradossale.

Già perché proprio a marzo del 2016 (anno in cui si è registrato il boom) il Consiglio comunale di Piano di Sorrento, votò all’unanimità il regolamento definito anti-slot.

Una vera e propria stretta sulle sale da gioco. Rigidi paletti sia in termini di distanze dai luoghi sensibili (chiese, scuole, banche ecc.), sia in termini di orari di apertura e chiusura degli esercizi dotati delle odiose macchinette mangiasoldi.

Fu in pratica uno degli ultimi atti adottati dalla Consiliatura che aveva come Sindaco Giovanni Ruggiero.

A giugno a Ruggiero subentrò Vincenzo Iaccarino.

Insomma toccava a Iaccarino ed alla nuova Amministrazione far sì che quel regolamento non restasse lettera morta.

Invece?

Invece accade che a luglio del 2016 la società ROMAR srl, con sede in Castellammare di Stabia, impugna l’atto dinanzi al TAR.

Una impugnazione semplice. Solo nel merito, vale a dire senza nemmeno la richiesta di sospensiva.

Una impugnazione che oggi attende ancora di essere fissata. Quanto basta però per mandare in soffitta il regolamento.

A spiegarlo è il Consigliere comunale Antonio D’Aniello, che nel 2016 fu il promotore del regolamento…

“…Sebbene non sia al momento stata concessa alcuna sospensiva, gli uffici, su consiglio del legale dell’Ente comunale hanno deciso di sospenderne l’applicazione in via cautelativa”.

Insomma, a quanto pare di capire un consiglio informale da parte del legale, nulla di ufficiale. E’ servito questo, però, per paralizzare l’atto che disciplinava le sale slot.

Intanto alla faccia del regolamento le giocate proliferano e prolifera anche il numero degli apparecchi.

Assurdo e paradossale, anche perché recentemente regolamenti simili vengono ormai applicati in tante parti d’Italia con l’avallo dei vari Tribunali Amministrativi Regionali.

Da ultimo sull’argomento è intervenuto persino il Consiglio di Stato, con una sentenza risalente al marzo di quest’anno. Una sentenza in cui viene respinto il ricorso presentato da una società che gestiva sale da gioco e confermata la bontà di un regolamento in tutto e per tutto uguale a quello di Piano di Sorrento, sia per quel che riguarda gli orari, sia per quel che riguarda le distanze dai luoghi sensibili.

Poco prima sulla vicenda si era espresso anche il TAR Campania che, nel ritenere valido il Regolamento adottato dal Comune di Napoli (anche in questo caso pressoché identico a quello di Piano di Sorrento), aveva ricostruito un po’ il susseguirsi normativo.

Il TAR aveva così precisato che…

“Le disposizioni normative finalizzate a combattere la ludopatia, a partire dall’adozione del più volte menzionato D.L. n. 158 del 2012 (cd. decreto Balduzzi) – che ha inserito il GAP nei LEA – sono per l’appunto ispirate alla tutela del diritto della salute, di cui all’art. 32 della costituzione, e 117, comma 3, affidata alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni. La Corte Costituzionale – con la sentenza n. 300 del 2011 – ha precisato che le disposizioni sui limiti di distanza imposti alle sale da gioco perseguono una prevalente finalità di carattere socio-sanitario, come peraltro espressamente sottolineato da numerose pronunce della giurisprudenza amministrativa (in particolare: TAR Lombardia, Milano, sez. II, 22 luglio 2015, n. 1761, con riferimento ad analoghe disposizioni della Legge regionale Lombardia n. 8 del 2013; TAR Lazio, Roma, sez. II, 10 marzo 2014, n. 2729, con riferimento alla legge regionale Liguria n. 17 del 2012; TRGA Trento, 20 giugno 2013, n. 206, con riferimento alla legge provinciale Trento 9/2000.). In altri termini, lo Stato ha fissato i principi generali che conformano la materia, ispirati alla riduzione ed al contrasto all’attività del gioco d’azzardo ed ha demandato alle Regioni ed alle autonomie locali il potere di disciplinarne le modalità, tenendo conto, da un lato, degli obiettivi assunti a livello nazionale, dall’altro, delle caratteristiche specifiche del territorio nell’ambito del quale la normativa è destinata ad incidere (cfr. recente, Cons. Stato, Sez. III, 10 febbraio 2016, n. 578). Ed è nell’ambito della preminente esigenza di tutela della salute, di cui all’art. 32 Cost., che va condotta anche una valutazione sull’estensione della libertà d’iniziativa economica, di cui all’art. 41 Cost., il cui contenuto, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, non appare compresso, in quanto soffre della medesima posizione di subordinazione rispetto al diritto alla salute. Alla luce di quanto sopra, la legge regionale 16 del 2014 non si discosta dai principi sanciti in ambito costituzione relativi alla tutela della salute ed al riparto delle competenze legislative Stato – Regioni”.

E’ stato infatti proprio l’articolo 1, comma 201 della richiamata legge regionale numero 16 del 2014 a riconoscere in capo ai Comuni la facoltà di…

“…dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all’articolo 7, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute) convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n.189,  previsioni urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco”.

Insomma c’è poco da girarci intorno.

Ormai gli strumenti per arginare il fenomeno ci sono. Ciò che manca sembra essere la volontà politica per farlo.

Ci auguriamo che nei prossimi mesi questa volontà politica non si traduca nei soliti convegni, tavoli e osservatori. Nelle consuete passerelle di sottosegretari, senatori vecchi e nuovi, generali, colonnelli, magistrati e quant’altro.

E’ il momento di tirar fuori gli attributi.

E’ il momento di scelte impopolari, magari anche nei confronti di amici e supporters.

E’ il momento che al Comune, se ci sono, battano un colpo.