“Bordello divino?”, chiedo conferma del titolo del quadro alla sua autrice, Orsola Tramontano.

“Sì, gli dei affollano tutta la tela, c’è una gran confusione!”, mi risponde lei, mentre sorseggiamo il caffè.

Siamo al bar Cheri di Sant’Agnello, dove già da diversi giorni sono esposte diverse sue opere, tra cui appunto il Bordello divino.

Questa grande tavola è stata la prima a comparire in un filmato che ho girato un po’ di tempo fa in casa della pittrice; era appoggiato su un mobile della cucina ed era ancora in fase di realizzazione.

Conoscevo Orsola già prima del servizio video: ci eravamo incontrate durante alcune attività espositive organizzate nel territorio.

Sin dal primo incontro ho compreso di trovarmi di fronte a una persona energica, con uno spigliato modo di fare, capace di infondere allegria.

Quando parla è un fiume in piena e dalle sue parole prorompe una gran vitalità, proprio come dai suoi quadri, segnati da un’accesa vivacità cromatica e da una giocosa ironia. All’aura ludica si aggiungono, poi, i tanti spunti culturali e riflessivi che animano di continuo la sua quotidianità.

Bordello divino, per esempio, è un’opera che indaga sulla “dimensione altra”, sul mondo spirituale immaginato dagli antichi Greci nel loro credo politeistico, nei miti e nelle leggende di fondazione.

E sono proprio gli dei dell’Olimpo greco ad affollare la grande tela, uno a ridosso dell’altro; le forme si aggrovigliano tra loro in una successione di linee e colori, in cui man mano si riconoscono volti e  simboli delle divinità.

Zeus  (Giove) domina la parte alta, a sinistra, con la sua espressione  austera. In un gioco di linee sinuose che contornano profili, chiome vaporose e barbe, trovano posto la bella Afrodite (Venere), il timoroso Eros (Cupido), la regale Era (Giunone) e ancora un solenne Ermes (Mercurio)  e un Efesto (Vulcano) meditativo, che se pur con gli occhi chiusi, trasmette un’alta carica emotiva: sarà che per realizzarne l’immagine la pittrice si è ispirata ai volti dei suoi due figli.

La parata di dei continua nella parte centrale del dipinto, con Dioniso (Bacco) e i suoi grappoli d’uva; una sofisticata Demetra (Cerere), la cui chioma si confonde con il manto brunastro del grottesco Minotauro; in alto, si scorge poi il profilo vagamente sorridente di Sileno, che affianca un imponente Poseidone (Nettuno), nella cui barba trova posto una sirena. Più in basso, invece, c’è il profilo corrucciato di Leto (Latona), con i capelli sormontati dalle rane, in riferimento al mito secondo cui la donna avrebbe trasformato in ranocchi i pastori che le impedirono di bagnare nello stagno i figli Apollo e Artemide (Diana). Quest’ultima compare a destra, tra Atena (Minerva), Pan ed Eolo (Zefiro).

A concludere la scena, al margine, le tre Moire, (le Parche), le divinità che tessono il destino umano dalla nascita alla morte, qui raffigurate con forbice e filo, come a sancire la separazione tra il regno degli dei e quello terreno.

Due mondi di cui Orsola tenta di ridurre le distanze, lasciando appunto dialogare alcune sue opere con lo spirituale, con la “dimensione altra”. Attraverso queste immagini  vivaci e scanzonate, la pittrice sottolinea infatti il bisogno di lasciar entrare il sacro nel quotidiano, nella nostra vita di tutti i giorni.

Come nella serie di piccole tele con Santi, adesso in esposizione in un altro bar della costiera, il bar Veneruso, a Sorrento. In questo allestimento i lavori sono accompagnati da didascalie relative alle vicende dei personaggi raffigurati. Così mentre ammiriamo i volti stilizzati di Santa Rita, Santa Lucia, San Gennaro, Santa Chiara, Padre Pio e San Paolo possiamo anche apprendere tanti aneddoti e curiosità.

Il tutto in un trionfo di colori e linee sinuose al servizio di un originale gusto per l’effetto decorativo, protagonista indiscusso dei dipinti della Tramontano.

Mariaelena Castellano