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Per la seconda puntata (leggi qui)

 

Eccoci finalmente alla terza ed ultima puntata di questa nuova saga dedicata al cosiddetto Housing sociale di Sant’Agnello. La puntata finale. Quella in cui affronteremo l’ultimo dei quesiti rimasti ancora in piedi e non solo…

C’è tanto da scrivere per cui bando alle ciance e partiamo con il valutare insieme se quel progetto – che abbiamo dimostrato non essere conforme né al PUT, né al PRG – rispettava almeno i dettami della legge regionale numero 19/2009.

Il Piano casa

Per farlo dobbiamo per forza di cosa leggere cosa dice quella legge. Partiamo quindi dai suoi obbiettivi che sono esplicitati nell’articolo 1:

1. La presente legge è finalizzata:
a) al contrasto della crisi economica e alla tutela dei livelli occupazionali, attraverso il rilancio delle
attività edilizie nel rispetto degli indirizzi di cui alla legge regionale 13 ottobre 2008, n.13 (Piano
territoriale regionale), e al miglioramento della qualità urbana ed edilizia utilizzando criteri di
sostenibilità nella progettazione con particolare riferimento alle tecnologie passive ed ecosostenibili;
b) a favorire l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili, al miglioramento strutturale del
patrimonio edilizio esistente e del suo sviluppo funzionale nonché alla prevenzione del rischio sismico
e idrogeologico;
c) a incrementare, in risposta anche ai bisogni abitativi delle famiglie in condizioni di particolare
disagio economico e sociale, il patrimonio di edilizia residenziale pubblica e privata anche attraverso
la riqualificazione di aree urbane degradate o esposte a particolari rischi ambientali e sociali
assicurando le condizioni di salvaguardia del patrimonio storico, artistico, paesaggistico e culturale.

Alla lettera c) di questo articolo viene introdotta una definizione che diventerà centrale nel nostro ragionamento: area urbana degradata.

Centrale, perché sia l’intervento in corso a Sant’Agnello, sia quello previsto in via Atigliana a Sorrento sono previsti proprio in: aree urbane degradate.

Cosa si intende però per aree urbane degradate?

La risposta al quesito la fornisce la lettera a) comma 1 dell’articolo 2 della stessa legge 19/2009, quando precisa che…

a) per aree urbane degradate si intendono quelle compromesse, abbandonate, a basso livello di naturalità, dismesse o improduttive in ambiti urbani ed in territori marginali e periferici in coerenza al Piano territoriale regionale (PTR) di cui alla legge regionale 13/2008.

Le aree urbane degradate devono avere quindi tutte queste caratteristiche. Essere cioè: compromesse, abbandonate, a basso livello di naturalità ed in più dismesse o improduttive.

Orbene prima che si aprisse il cantiere in via Monsignor Gargiulo a Sant’Agnello, l’area su cui ora sta sorgendo l’housing si mostrava così:

Quella invece relativa a via Atigliana a Sorrento viceversa di mostrava così:

A colpo d’occhio, senza voler entrare nel merito di tutti i requisiti, noi un dubbio sul basso livello di naturalità lo abbiamo, anzi più di uno.

Non solo noi, però, siamo scettici

A quanto pare lo sono stati anche i Magistrati della settima sezione del TAR Campania – Napoli che, nella sentenza in cui è stato annullato il permesso di via Atigliana, in merito a questa problematica così hanno argomentato:

Abbastanza chiaro il concetto no?

La presenza di agrumeti e piantagioni di ulivo sono incompatibili con l’idea di area urbana degradata e, quindi, se l’area urbana non è degradata crolla tutto il castello. Il comma 2 dell’articolo 7 della Legge regionale sul Piano casa non può trovare applicazione. Non si può derogare allo strumento urbanistico. Serve una variante. Una variante che sia il Comune di Sant’Agnello che quello di Sorrento hanno mai predisposto, anche perché partivano dall’errato presupposto (da noi smentito nella seconda puntata di questa inchiesta) che quegli interventi fossero conformi agli strumenti urbanistici.

Mica è tutto però?

La verità e che sull’intero istituto del Piano casa sembra esser stato preso il più classico degli assi per figura.

Abbiamo esagerato?

Continuate a seguirci.

Il tutto partì nel dicembre del 2007

Erano gli ultimi giorni da inquilino di Palazzo Chigi per Romano Prodi. Il suo già traballante Governo, tra le pieghe della legge finanziaria del 2008, decise di introdurre due norme che diedero poi la stura al Piano casa.

Come troppo spesso accade in Italia, però, le riforme più significative assumono la veste di norme transitorie in attesa di complessive riforme della materia che poi tardano ad arrivare o tradiscono le attese. Inoltre essendo inserite all’ultimo momento vengono scritte letteralmente con i piedi ed interpretate ancora peggio.

La prima di queste norme (comma 258 dell’articolo 1 della legge numero 244/2007) è quella che ci interessa più direttamente. Essa prevedeva che…

Fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attivita’ collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione e’ subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all’entita’ e al valore della trasformazione. In tali ambiti e’ possibile prevedere, inoltre, l’eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale.

Chiaramente vi renderete da soli conto di come sia più semplice provare a capire la teoria della relatività di Albert Einstein che cercare di dare un senso compiuto ed intellegibile a questa previsione normativa. L’aver pensato di scrivere un periodo di ben cento parole, senza un solo punto e utilizzando una infinità di subordinate incidentali, costringe il lettore ad una apnea forzata che può portare anche a tragiche conseguenza. Inoltre una costruzione simile della frase nel 99% dei casi induce alla perdita di qualsiasi cognizione spazio-temporale, con conseguente sdoppiamento dell’identità.

In pratica si inizia a sbroccare

L’effetto che si ottiene è che il 99% delle persone non finisce di leggere ed il restante 1% perde il senno. In quel 99% di persone che non termina la lettura ci finisce con ogni probabilità il legislatore regionale.

Quest’ultimo, pensando di fare bene, due anni dopo l’approvazione di quella norma per alienati, scrive la sua legge regionale. In essa inserisce anche un comma che richiama letteralmente la norma per alienati.

E’ il comma 2 dell’articolo 7 della Legge regionale numero 19/2009.

Questo:

  1. Al riguardo le amministrazioni comunali devono concludere il procedimento, anche su proposta dei proprietari singoli o riuniti in consorzio, con provvedimento da adottare, nel rispetto dei termini previsti dalla legge n. 241/90, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti relativo agli ambiti la cui trasformazione urbanistica ed edilizia è subordinata alla cessione da parte dei proprietari, singoli o riuniti in consorzio, e in rapporto al valore della trasformazione, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in aggiunta alla dotazione minima inderogabile di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto ministeriale n.1444/1968. Nella identificazione dei suddetti ambiti devono essere privilegiate le aree in cui si sono verificate occupazioni abusive.

Ovviamente se nella legge nazionale non si capiva un cazzo, in quella regionale non si capisce un cazzo al cubo.

In particolare quel…

…di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale…

…si riferisce ai PROPRIETARI o alla CESSIONE?

  • Nel primo caso significa che la trasformazione urbanistica è subordinata alla cessione di aree. La cessione – a titolo gratuito – delle aree va fatta Comune dai proprietari di aree da destinarsi ad edilizia residenziale. Le aree cedute al Comune serviranno ad aumentare la dotazione minima inderogabile di spazi pubblici, verde pubblico e quant’altro.
  • Nel secondo caso, invece, significa che la trasformazione urbanistica è subordinata alla cessione di aree facenti parte dell’intero compendio da trasformare. La cessione – a titolo gratuito – delle aree va fatta dai proprietari al Comune. Su quelle aree acquisite gratuitamente il Comune deve prevedere la realizzazione di edilizia residenziale sociale. Le aree destinate all’edilizia residenziale sociale sono da considerarsi in aggiunta agli standard urbanistici: scuole, parcheggi, aree attrezzate ecc.

Cambia di molto.

Vediamo a questo punto come hanno interpretato la norma per alienati al Comune di Sant’Agnello.

Innanzitutto vi diciamo che l’hanno richiamata. Lo hanno fatto ad esempio nella convenzione dove hanno così scritto:

Da questo passaggio sembra intuire che abbiano optato per la seconda interpretazione. Le aree di edilizia residenziale sociale sono aggiuntive agli standard urbanistici. Quindi il privato che voleva fare la trasformazione urbanistica doveva cedere una parte di aree al Comune ed il Comune se la piangeva lui per realizzare l’edilizia residenziale sociale.

Invece no?

Poche righe più sotto hanno scritto l’esatto contrario ed hanno optato per la prima interpretazione…

Vi vogliamo bene: non si fa così. Che c’entrano i proprietari di aree interessate agli ambiti di “housing”?

Quel “…di aree” si riferiva a cessione, non ai proprietari. Lo avevate scritto anche voi.

Siccome però in questi casi non valgono le regole del telequiz e quindi la seconda risposta (o meglio interpretazione) è quella che conta, tutto l’intervento è stato effettuato su questo presupposto.

Avevano il 50% di possibilità di interpretare male e lo hanno beccato in pieno.

Lo diciamo noi?

Quando mai ci permettiamo di fare una cosa simile.

Ritorniamo allora alla norma per alienati.

Nel Clan di Bertoldo abbiamo avuto la fortuna di trovare un esponente dell’1%. Uno di quelli che ha letto fino in fondo. E’ impazzito. E’ entrato in cura. Ne è venuto fuori e si è messo a leggere le relazioni di accompagnamento a quella legge ed un po’ di resoconti dei lavori in commissione.

Non è l’unico ad averlo fatto. C’è stata anche un articolista del Sole 24 ore che il 16 gennaio del 2013 pubblicava un intervento chiarificatore su Edilizia e Territorio: il “quotidiano figlio” della nota testata nazionale che si occupa di economia.

Scriveva questo:

Certo, non è proprio come leggersi Topolino, ma sicuramente questo stralcio è più chiaro della norma per alienati.

Ora però è arrivato il momento di tirare le somme

Volendo rispettare la legge sul Piano casa cosa sarebbe dovuto accadere.

Innanzitutto occorreva individuare un’area urbana degradata (non un aranceto). L’area individuata non doveva corrispondere per forza ad una precisa area del Piano regolatore generale. Poteva essere anche più piccola o più grande.

Per quell’area i proprietari potevano proporre al Comune la trasformazione urbanistica o edilizia. Non obbligatoriamente dovevano realizzare case, ma anche negozi, centri commerciali o quant’altro. In cambio del permesso ad effettuare la trasformazione, avrebbero dovuto cedere al Comune una parte di quell’area. Su quella parte di quell’area il Comune, avrebbe dovuto realizzare o far realizzare alloggi di edilizia residenziale sociale.

Certo ci si potrebbe chiedere se quegli alloggi di edilizia residenziale sociale non li poteva direttamente realizzare il privato che trasformava l’area generale. Altre leggi regionali l’hanno prevista questa possibilità, dalla lettura di quella della Campania invece non si evince un bel niente.

Cosa sarebbe cambiato?

Tanto!

Basti pensare che per la Regione Campania funziona così…

Quindi gli alloggi di edilizia residenziale sociale sarebbero dovuti essere ceduti dal Comune ai nuclei sociali svantaggiati a  queste condizioni.

Invece non è andata in questo modo: hanno fatto totalmente di capa loro

Hanno optato per una soluzione ibrida. Un’edilizia privata diciamo convenzionata per tutti gli alloggi da realizzare, con tanto di riserva del 10% alle forza dell’ordine. Una riserva che non si sa da dove hanno tirato fuori. Hanno posto in essere una convenzione che è tutto un programma e di cui ci siamo occupati in una precedente inchiesta. Per giunta hanno fatto il tutto in un’area urbana non degradata.

Dulcis in fundo, non hanno tenuto conto che i legislatore nazionale quando ha partorito la norma per gli alienati a tutto pensava tranne che alla Penisola sorrentina ed alla sua maledizione del PUT. Probabilmente anche il legislatore regionale, nel dare attuazione alla norma per gli alienati, inizialmente a tutto pensava tranne che alla Penisola sorrentina ed alla sua maledizione del PUT.

Tanto è che il famoso articolo 12 bis (quello che scelleratamente è stato interpretato come la possibilità di derogare al PUT), non a caso si chiama così.

Bis.

In quelle tre lettere di antico retaggio c’è scritta tutta la sua storia.

E’ stato aggiunto dopo. La solita manina. Non quella che ogni tanto evoca l’attuale vice-premier Luigi Di Maio, ma quella che da decenni si aggira in Regione. Quella che ha operato per i box interrati, per il recupero dei sottotetti, che voleva modificare il PUT.

La manina degli interessi e quando parliamo di interessi purtroppo non parliamo mai degli interessi di chi ha veramente bisogno.

*****

Con questo abbiamo veramente finito

Prima però abbiamo il dovere di scusarci con voi e con chi volente o nolente è finito in questa storia.

Ci scusiamo perché ci siamo dilungati un po’ troppo, specie in questa ultima puntata.

Soprattutto, però, ci scusiamo per il ritardo.

Se avessimo provato a dare il nostro contributo un po’ prima, forse qualcosa sarebbe cambiato. Ora qualcuno più o meno giustamente si chiede se il nostro ritardo sia una colpa o comunque un merito.

Non sappiamo rispondere. Quel che è certo è che lo abbiamo inteso come un atto dovuto nel rispetto del mandato che abbiamo ricevuto dai voi…lettori.

In fondo se altri avessero rispettato altri tipi di mandati, molto più formali del nostro…be’ non saremmo stati nemmeno qui a scrivere.

Adesso è finita.

Quel che è stato è stato. Abbiamo lasciato il nostro segno. In fondo non è niente. Si tratta di una lettura che consideriamo giusto un po’ più approfondita. Poco più di un invito alla riflessione. Noi non siamo né amministratori, né funzionari, né giudici.

Noi siamo nessuno, ma in una storia in cui tutti sono stati in silenzio, almeno i nessuno possono permettersi di dire qualcosa?

Ora che quel qualcosa lo abbiamo detto e scritto, non ci resta che congedarci.

Visto che ci salutiamo qui, però, cogliamo l’occasione per augurarvi un Buon Natale a tutti ed un nuovo anno che sia soprattutto libero.

Perché quando c’è la Libertà, ci sono anche Serenità e Felicità.

(TERZA ED ULTIMA PUNTATA)

Clan di Bertoldo