Nel cuore della penisola italiana, tra l’VIII e il VII secolo a.C., fiorisce la civiltà etrusca, distintasi rispetto alle altre popolazioni italiche per un maggiore sviluppo socio-economico e per una cultura più avanzata.

Ancora incerte le origini di questo popolo, che lo storico Erodoto definisce proveniente dall’Asia Minore, mentre Dionigi di Alicarnasso sostiene si tratti di una realtà autoctona.

Oggi si tende a credere che tale civiltà sia il frutto di una mescolanza di stirpi locali con genti di provenienza orientale o settentrionale.

Gli Etruschi subentrano alla civiltà villanoviana  e si stanziano nei territori corrispondenti in buona parte all’attuale Toscana, Umbria e Lazio, per poi espandersi verso la Campania, l’Emilia Romagna e la Corsica, raggiungendo il periodo di massima estensione territoriale, nonché di un florido sviluppo culturale, tra il V e il IV secolo a.C., prima di lasciarsi assorbire nella crescente, inarrestabile potenza della civiltà romana.

Un ruolo fondamentale per l’orientamento di questo popolo è sicuramente rivestito dalla molteplicità di stimoli provenienti dalla presenza ellenica nei territori meridionali della Magna Grecia.

Tuttavia, se pur l’influenza greca si mantiene sempre viva e costante, gli Etruschi, a differenza dei Greci, non concepiscono l’arte come libera attività dello spirito, ma  subordinano l’estetica alle necessità di ordine pratico e religioso.

Quindi, i temi  ellenici vengono reinterpretati secondo una visione permeata dal vissuto e ciò crea i presupposti per una forma artistica più spontanea, con una predilezione per scene dotate di vitalità e immediatezza espressiva, dove l’idealizzazione, fondamentale nell’arte greca, cede il passo a un nuovo modo di sentire il reale, più intenso e genuino, anche a costo di deformarne la visione, a favore di un’impostazione più schietta e vivace.

Queste caratteristiche si esprimono attraverso una manifattura di gran qualità, come attestano i numerosi ritrovamenti archeologici, provenienti in gran parte dai ricchi corredi funebri delle tombe.

Le sepolture etrusche mirano a riprodurre un ambiente confortevole, in grado di fornire anche una protezione dai demoni dell’aldilà. Pertanto, esse risultano ornate  da affreschi, sculture e oggetti preziosi dalla raffinata manodopera.

In genere, le tombe femminili sono corredate da pregiati gioielli in oro, da raffinati specchi in bronzo  e ancora da originali ciste(*) lavorate a sbalzo o incise.

L’alta qualità della manifattura etrusca si riscontra anche nell’originale e vasta produzione vascolare, dove se da una parte si evince il richiamo alla coeva ceramografia greca, dall’altra emerge  una singolare rielaborazione autonoma, sia iconografica, che stilistica.

Tipicamente etruschi sono i buccheri, contenitori in terracotta somiglianti a recipienti in metallo, che prendono il nome dal materiale impiegato per la loro creazione.

Il bucchero è un tipo di ceramica nera e lucida, ottenuto mediante particolari procedimenti, tutt’oggi in corso di studio per quanto concerne i tempi e le modalità di cottura. In sostanza, l’argilla viene riscaldata in un ambiente a fiamma fumosa che ne trasforma l’ossido ferrico di colore rossastro in ossido ferroso di colore nero.

Inizialmente i buccheri sono ornati da motivi geometrici, in genere incisi, ma già dal VI secolo a.C. si realizzano opere con motivi decorativi più estrosi e fantasiosi. In questo secolo, inoltre, la produzione conosce uno sviluppo notevole con una massiccia esportazione nelle zone costiere del Mediterraneo occidentale, ma anche in Grecia.

La lavorazione del bucchero costituisce un’ulteriore testimonianza dell’originalità artistica della civiltà etrusca, sicuramente debitrice della cultura greca, ma fondamentalmente autonoma in scelte più rispondenti alla propria identità culturale.

Mariaelena Castellano

IMPARIAMO I TERMINI

(*) Cista: Recipiente  in legno rivestito di metallo o di avorio, utilizzato dalle donne etrusche per contenere i gioielli o i cosmetici.

In una prima produzione, la cista ha forma ovoidale e decori a sbalzo. In seguito, assume  forma cilindrica con scene incise. Il manico del coperchio, in genere, è costituito da un gruppo di sculture.

PER SAPERNE DI PIÙ…

L’EMANCIPAZIONE DELLE DONNE ETRUSCHE

Lo stato della donna presso i popoli dell’antichità è in genere caratterizzato da un ruolo subalterno a quello dell’uomo, con mansioni  perlopiù domestiche e notevoli restrizioni sociali. 

Diversa la situazione presso la civiltà etrusca, dove il gentil sesso gode di grande considerazione e autonomia. In Etruria, la donna è istruita e ha diritto a un nome completo. Oltre a occuparsi della casa e dei figli, può gestire attività commerciali e disporre di schiavi. Si dedica alla cura della persona, come della casa, circondandosi di utensili e di oggetti artigianali raffinati. Fa sport e vive pienamente: partecipa a spettacoli e giochi, prende parte ai banchetti conviviali, sdraiandosi accanto al suo uomo.

La produzione artistica degli Etruschi offre svariati esempi del ruolo privilegiato consentito alle donne, anche in merito alla considerazione nel rapporto di coppia. In particolare, segnalo il sarcofago di Larth Tetnies e della moglie Thanchvil Tarnai, rinvenuto a Vulci e risalente alla fine del IV secolo a.C.

La raffigurazione sul coperchio di due sposi distesi e abbracciati rappresenta una testimonianza privata del rapporto coniugale, celebrato con autenticità e come relazione alla pari tra uomo e donna.

La scena, pervasa da toni intimistici, è un inno all’amore e al sentimento di rispetto reciproco  tra i due amanti. L’ampia libertà della figura femminile etrusca non manca di scandalizzare le popolazioni greche e romane, nelle quali le donne sono invece confinate  a tessere e filare e devono sottostare a tutta una serie di divieti.

Le donne etrusche vengono dunque additate come spregiudicate e di facili costumi. Una reputazione, questa,  motivata dal forte divario esistente tra le differenti condizioni femminili del tempo: gli Etruschi esibiscono un’elevata tolleranza sociale, quella che oggi denominiamo emancipazione.