URBANISTICA E ARCHITETTURA CIVILE

Le città etrusche nascono attraverso un atto rituale connesso al concetto di fertilità: il perimetro delle mura urbane si stabilisce tracciando un solco tramite un aratro trainato da una coppia di buoi bianchi, uno maschio, l’altra femmina.

Dal sulcus primigenium dipende l’intera edificazione dell’abitato, fondato sull’incrocio perpendicolare di due assi stradali principali, che i Romani chiameranno cardo e decumanus maximi.

Soltanto le città di nuova fondazione rispettano la regolarità di questi principi costruttivi. In genere, per i centri già esistenti, invece, si verifica un adeguamento alla conformazione morfologica del territorio, spesso collinoso.

Gli Etruschi perfezionano le tecniche edificatorie delle cinte murarie e realizzano grandi porte d’ingresso, in origine architravate, ossia impostate su due elementi portanti verticali sormontati da una trabeazione orizzontale.

A partire dal IV secolo a.C., le porte assumono un aspetto più monumentale grazie all’utilizzo dell’arco semicircolare (arco a tutto sesto), in luogo della trabeazione. Segnalo, ad esempio, la rinomata Porta all’Arco di Volterra, innalzata tra il III e il II secolo a.C. e giunta fino a noi senza subire grossi rimaneggiamenti successivi.

Riguardo le abitazioni, inizialmente, durante l’Età del ferro, gli Etruschi costruiscono semplici capanne di forme variabili. Il materiale deperibile impiegato non ne ha consentito la conservazione, ma possiamo avvalerci delle urne cinerarie a capanna, che riproducono in scala ridotta queste strutture dotate di un tetto coperto da tegole in terracotta e  ornato da statuette, sempre in terracotta.

In seguito, sorgono le cosiddette case ad atrio, dove gli ambienti risultano disposti intorno a un cortile interno (atrium), caratterizzato dalla presenza di una vasca collegata al pozzo per la raccolta delle acque piovane.

Tra il VII e il VI secolo a.C. si diffondono anche dimore palaziali per i ceti più altolocati. Hanno pianta quadrata, impostata su un ampio cortile interno racchiuso da porticati con colonne.

ARCHITETTURA RELIGIOSA

(Per il significato dei termini architettonici, rimando alla lezione sul tempio greco, per consultare la quale, CLICCARE QUI).

Gli Etruschi elaborano una religione politeista in parte ispirata alla tradizione greca, con l’adattamento di un gran numero di divinità elleniche. Tuttavia, l’atteggiamento dell’uomo nei confronti degli dei è differente: le divinità non vengono più avvertite come presenze benevole con cui tessere un rapporto confidenziale, bensì risultano temute come potenze inquietanti e imperscrutabili.

Anche i templi innalzati per celebrare i culti si rivelano di chiara derivazione greca, con alcune differenze individuate dal celebre architetto romano Vitruvio. Le sue fonti scritte, unitamente ad alcuni modellini votivi in terracotta, consentono una più ampia conoscenza in merito, poiché non possiamo avvalerci di significativi resti. La mancata conservazione degli edifici di culto etruschi si spiega per la scelta di adoperare materiali poveri, come il legno e i mattoni crudi. Soltanto il basamento è realizzato in pietra, mentre il tetto è in terracotta.

Per descrivere la tipologia templare etrusca, Vitruvio prende le distanze dalla classificazione dei tre ordini architettonici greci individuandone uno nuovo, da lui definito “tuscanico”, da Tuscia, il nome con cui, sin dal I secolo a.C., vengono indicati i territori etruschi romanizzati.

Il tempio etrusco è diviso in due aree: una anteriore, porticata con funzione di pronao, e una posteriore, coperta e corrispondente alla cella. Quest’ultima, secondo la fonte vitruviana, sarebbe costituita da tre celle, ognuna dedicata a una divinità. Studi più recenti sostengono, invece, che la tipologia templare più diffusa presenti un’unica cella, a volte affiancata da due corridoi (alae).

L’edificio è collocato su un alto podio(*), cui si accede tramite una scalinata posta soltanto sulla parte frontale (a differenza dell’esempio greco, dove il crepidoma percorre l’intero perimetro).

Le colonne del pronao sono otto, disposte in due file da quattro. I fusti ricordano l’ordine dorico, ma sono provvisti di base e non presentano né scanalature, né entasi, mentre i capitelli risultano più modesti e meno massicci.

Il tetto, a due falde, è molto a spiovente e ricorda le coperture delle abitazioni etrusche, nelle forme come nell’impiego della terracotta.

Sul tetto trovano posto caratteristici elementi decorativi, gli acroteri (**) e le antefisse(***), spesso realizzati serialmente a stampo. Si tratta di ornamenti connessi ai riti religiosi, aventi spesso funzione apotropaica, come nel caso della mostruosa testa di Gorgone proveniente da Veio.

La funzione propiziatoria di acroteri e antefisse attesta che, a differenza del tempio greco, quello etrusco non è concepito come dimora terrena degli dei, ma come un luogo a essi consacrato, dove recarsi per interpellarli e pregarli con atteggiamento ossequioso, affinché possano intercedere in modo benevolo.

ARCHITETTURA FUNERARIA

La cupa visione della morte e la concezione di divinità ostili che popolano l’aldilà spiegano la necessità nella cultura etrusca di costruire tombe decorose che mettano al riparo il defunto, anche attraverso la creazione di un ambiente intimo e familiare, accogliente come una casa e dotato di utensili e ornamenti destinati ad allietare lo spirito affinché, privato del corpo, possa trovare conforto e sopravvivenza.

Già dal VII secolo a.C., in contemporanea a un processo formativo di vere e proprie necropoli regolarizzate anche nell’assetto stradale, si costruiscono spesso tombe isolate, più monumentali e realizzate secondo diverse  tipologie costruttive.

Tomba ipogea dei Volumni, III sec a.C.,Perugia

La tomba ipogea consiste in uno o più ambienti sotterranei scavati nel terreno tufaceo e forniti di copertura a doppio spiovente; la tomba a tumulo, sempre scavata nel sottosuolo, presenta invece una copertura a falsa cupola sormontata all’esterno da un tumulo di terra leggermente conico.

Più rara la tipologia funeraria esterna, la cosiddetta tomba a edicola, in genere di piccole dimensioni, in pietra e con tetto a doppio spiovente, che ricorda le abitazioni domestiche o i tempietti.

Tra le sepolture meglio conservate figura la Tomba del Bronzetto dell’Offerente, che ho utilizzato per l’immagine di copertina. La struttura prende nome da una statuetta in bronzo ritrovata al suo interno, raffigurante appunto un offerente. Situata a Populonia, in provincia di Livorno, è riferibile a un periodo compreso tra il VI e il V secolo a.C.

Mariaelena Castellano

PER SAPERNE DI PIÙ…

(*) L’ARCO ETRUSCO

La tecnica costruttiva dell’arco era già conosciuta dai Greci, ma sono gli Etruschi ad adottarla in modo più consapevole, prima di lasciare ai Romani il merito di utilizzarne in più larga scala l’impiego, sviluppandone al meglio le grandi potenzialità.

L’arco è una struttura architettonica curvilinea poggiante su due elementi verticali portanti, chiamati piedritti. Esso consiste in una serie di blocchi in pietra o mattoni (conci) disposti a semicerchio, che possono resistere ai pesi sovrastanti anche a secco, ossia senza leganti.

Per costruire un arco, si dispongono i conci su di una centina, struttura di legno avente il profilo dell’intradosso (la parte interna dell’arco); dopo la presa della malta, la centina viene smontata e l’arco può sostenersi da sé, grazie alla lieve spinta orizzontale facilmente assorbita dai sostegni laterali di mura e pilastri.

IMPARIAMO I TERMINI

(*)Podio: Alto e massiccio basamento sul quale si ergevano i templi etruschi.

(**) Acroteri e antefisse: rivestimenti fittili di gran risalto plastico, dotati di una vivace policromia, evidenziata dai forti trapassi chiaroscurali.

Gli acroteri, in genere di dimensioni piuttosto grandi, possono essere collocati sugli angoli degli spioventi e anche sulla linea di colmo del tetto; presentano motivi vegetali, a rilievo traforato, oppure figure isolate o in gruppo, realizzate a tutto tondo.

Le antefisse, invece, sono decorazioni a rilievo posizionate sull’orlo del tetto, disposte sulle tegole curve che concludono ogni filare; inizialmente hanno forma di palmette, per poi pervenire alla tipologia delle figure isolate o raggruppate; particolarmente diffuse risultano le teste di personaggi mitologici, in particolare menadi e satiri, spesso attorniate da un nimbo a conchiglia.

La complessa ricchezza scultorea di acroteri e antefisse rivela l’esuberante estro ornamentale etrusco, animato da una singolare verve espressiva.