In età ellenistica la nascita di nuovi centri di potere determina un forte impulso dell’attività edilizia, segnata da una spiccata tendenza alla monumentalità, in linea con le esigenze di celebrazione dei sovrani e delle loro corti. Gli spazi urbani, introdotti da solenni propilei e da sontuose porte d’accesso, sono definiti da vaste piazze e da lunghi assi stradali contornati da maestosi porticati.

L’ordine corinzio con la sua sfarzosa eleganza soddisfa appieno tale vocazione ornamentale e pertanto conosce la sua massima diffusione, come si può evincere da edifici quali il Tempio di Apollo a Didime, quello di Zeus Olimpio ad Atene e il Ptolemàion di Samotracia.

Il capitello corinzio, pur mantenendo intatti i suoi elementi costitutivi, risulta proposto con dettagli differenti a seconda dei luoghi.

Ogni città ellenistica gareggia con le altre per promuovere la propria importanza, avvalendosi di scenografiche soluzioni urbane.

In particolare, i centri creati ex novo si servono delle planimetrie regolari dell’impianto ippodameo, di cui ho già parlato nella lezione dedicata all’architettura in età classica.

Tra le città di nuova fondazione ricordo Alessandria, in Egitto, e Antiochia, in Siria.

La prima, sorta nel 332 a.C. per volere di Alessandro Magno, diventa un importante centro culturale dotato di scuole, accademie e della celebre Biblioteca, la più grande del mondo antico.

Di fronte all’abitato, su un isolotto, viene inoltre innalzato il celebre Faro(*), tanto ammirato dalle fonti del tempo.

L’altra città, Antiochia, sorge nel 300 a.C. e riceve questo nome dal fondatore, Seleuco I, per onorare suo padre, Antioco.

Tra gli assi regolari del tracciato ippodameo, spicca in particolare la via Colonnata, una lunga strada che conduce alla costa, delimitata da una doppia fila di colonne.

A differenza di Alessandria e Antiochia, la città di Pergamo, in Asia Minore, nell’attuale Turchia, nasce già diversi secoli prima di essere proclamata capitale ellenistica.

Arroccata su un massiccio montuoso, risulta ben difendibile, grazie anche all’edificazione di una poderosa cinta muraria e di ulteriori interventi di fortificazione dell’acropoli.

La conformazione urbanistica è organizzata in diversi terrazzamenti collegati tra loro da una strada principale.

Su una di queste terrazze, nel II secolo a.C. s’innalza il noto Altare dedicato a Zeus e Atena(*), per la cui trattazione rimando alla sottostante sezione “Dentro l’opera”.

Mariaelena Castellano

PER SAPERNE DI PIÙ…

(*) IL FARO DI ALESSANDRIA  

Tolomeo I, intorno al 300 a.C., ordina la costruzione di un’imponente torre a gradoni finalizzata a illuminare l’insidiosa zona portuale della città per facilitare il transito marittimo, reso insicuro dalla presenza di numerosi banchi di sabbia.

La struttura viene innalzata sull’isolotto di Pharos, collegato alla città di Alessandria attraverso una lunga diga. Inaugurata nel 280-279 a.C., sotto il regno di Tolomeo II, è chiamata Faro, in riferimento al nome dell’isola.

Con i suoi 134 metri di altezza, il Faro di Alessandria è considerato il primo grattacielo della storia, così solenne e monumentale, da essere annoverato tra le meraviglie del mondo antico.

Si erge su un alto basamento quadrangolare, a cui si sovrappone una torretta ottagonale a sua volta sormontata da una struttura cilindrica che fa da base a una statua raffigurante Zeus (o Poseidone), in seguito sostituita da quella di Helios.

La  funzione segnaletica è messa a punto in modo da garantire una maggiore visibilità sia nelle ore diurne, che in quelle notturne. Di giorno, degli speciali specchi di bronzo lucidato riflettono con intensità la luce solare, mentre di notte si procede all’accensione di fuochi. Il Faro di Alessandria può essere visto fino a 48 chilometri di distanza, probabilmente anche grazie all’intensificazione luministica ottenuta attraverso l’utilizzo di specchi parabolici. Pertanto, esso si pone come una tra le più evolute costruzioni della tecnologia ellenistica, che non manca di riscuotere consensi, come attesta l’edificazione di altri fari in età ellenistica.

Nei secoli successivi, invece, questa tipologia costruttiva viene meno, per essere ripresa soltanto nel XII secolo, ma senza l’uso dei riflettori parabolici, che compariranno in epoca moderna.

La monumentale struttura rimane funzionante fino al XIV secolo, quando viene distrutta da due terremoti. Una parte dei suoi resti viene utilizzata per costruire un forte nelle vicinanze, mentre numerosi sono i blocchi recuperati dal mare.

DENTRO L'OPERA

(*) L’ALTARE DI PERGAMO  (166-156 a.C.)

Nella ricca e fastosa capitale ellenistica di Pergamo, tra il 190 e il 160 a.C., sotto la dinastia degli Attàlidi, viene innalzato un colossale altare dedicato a Zeus Sotér (salvatore) e ad Athena Nikephòros (portatrice di vittoria).

L’opera celebra la vittoria di Pergamo sulle mire espansionistiche dei Gàlati, popolazione celtica proveniente dall’Asia Minore. Dopo un lungo periodo di guerre, una volta sconfitto il nemico, la città ellenistica si concentra su un massiccio ampliamento urbano, sostenuto da una fervida attività artistica, in cui s’inserisce l’edificazione dell’Altare.

Costruito sui terrazzamenti dell’acropoli, oggi risulta smembrato e la sua monumentale parte anteriore si conserva nel Pergamonmuseum di Berlino, uno spazio espositivo allestito proprio per ospitare questi grandiosi resti.

Come si evince dalla ricostruzione, la struttura quadrangolare, innalzata su un’ampia gradinata, è costituita da un’alta zoccolatura percorsa da un doppio porticato con colonne di ordine ionico, che incornicia il cortile interno ospitante l’altare vero e proprio. Sul lato ovest il colonnato si prolunga in due ante destinate a contenere un grande scalone d’accesso.

Lungo la parete del porticato corre un fregio in bassorilievo raffigurante le Storie di Tèlefo, figlio di Eracle, mentre sulla superficie dello zoccolo sono scolpite ad altorilievo maestose scene di Gigantomachia, in cui spiccano, vittoriosi, Zeus e Athena. Le vicende di Télefo, mitico fondatore di Pergamo, celebrano le origini della città; nella Gigantomachia rivivono, invece, le lotte contro i Gàlati. Chiari i riferimenti ai rilievi del Partenone, come a voler sancire il comune senso di appartenenza alla stirpe ellenica. Di classico, però, resta soltanto l’allusione iconografica.

Il linguaggio dei rilievi di Pergamo, infatti, prende le distanze dal sobrio e composto equilibrio fidiaco, per avvalersi di forme movimentate e concitate, dai forti contrasti chiaroscurali, giocate in complesse composizioni e animate dalle intense emotività dei combattenti. Secondo recenti ipotesi, l’ideatore dell’opera sarebbe lo scultore ateniese Firòmaco, la cui alta tensione creativa, così vibrante di dinamismo e pathos, alimenta il filone artistico pergameno, oggi noto come “Barocco ellenistico”, con allusione agli sfarzosi e concitati stilemi dell’arte seicentesca in Europa.

IMPARIAMO I TERMINI

(*) Propileo: Nell’architettura antica, accesso d’onore a un edificio o a un complesso monumentale, in genere costituito da un colonnato posto sopra una gradinata.