Carlo (nome di fantasia) mi ha chiamato giovedì pomeriggio. Aveva la voce rotta dell’emozione ed anche dalla rabbia. Si è assicurato che fossi realmente io all’altro capo del telefono…

Siete quello del Talepiano?

Ha chiesto?

Gli ho risposto di sì. Mi ha spiegato come aveva avuto il mio numero, ma gli ho risposto quasi per educazione. Ero preso a guardare la solita ambulanza con i sanitari vestiti alla Ghostbusters che caricavano un paziente sospetto a due passi da casa mia.

Poi Carlo è entrato nel vivo ed ha destato la mia attenzione:

Due giorni fa sono andato a prendere mio figlio all’aereoporto

Già mi aspettavo la solita mortiata a difesa d’o core ‘e mamma tornano da fuori.

Invece no, Carlo mi ha sorpreso…

L’ho fatto solo quando ho avuto la disponibilità da parte di un amico ad usare la sua casa di villeggiatura. Allora mi sono fatto coraggio e ho detto sì. Sono partito con tante perplessità. Giunto al check-out non vedevo l’ora di la sagoma di mio figlio. Eravamo in tanti. Qualcuno indossava la mascherina come me, la gran parte no. d un certo punto da lontano ho intravisto i suoi occhi. Ho avvertito la voglia di correre ad abbracciarlo. Ho trattenuto il respiro e quando è giunto a qualche metro da me gli ho fatto cadere a terra il borsone. Dentro c’erano i calzari, i guanti, la mascherina e la tuta. Li avevo comprati il giorno prima. Quando Alessandro (altro nome di fantasia) li ha indossati tutti hanno guardato sorpresi, qualcuno ha riso. Mi sta ascoltando?

Certo che lo stavo ascoltando, anzi, avevo pure perso di vista l’ambulanza.

Lui così ha ripreso.

Siamo andati verso il parcheggio dell’aeroporto. Mio figlio mi seguiva a qualche metro di distanza. Aveva messo il suo borsone in una grossa busta. L’ho fatto sedere nel sedile posteriore, al lato opposto a quello di guida, come consigliatomi. Poi siamo partiti. Fino a casa siamo stati fermati tre volte. Ad ogni controllo, le Forze dell’Ordine verificavano tutto e ci guardavano come marziani. Poi, una volta a casa, ho portato mio figlio nella casa di vacanza del mio amico. E’ entrato. Ha messo tutto: tuta, mascherina, calzari, guanti e busta in un altra busta e me la ha lasciati vicino alla porta. Ho indossato i guanti, ho preso la busta e l’ho gettata. Poi ho chiuso l’auto. L’aprirò tra due settimane per portarla a sanificare. Da allora ogni giorno gli porto da mangiare in contenitori usa e getta. Gli lascio tutto vicino alla porta, poi torno metto in una busta e getto. Poi non ce la faccio, busso alla finestra e o guardo dal vetro. Ho voglia di abbracciarlo ed anche di piangere. Ma non lo faccio. Penso all’altro mio figlio di cinque anni che è a casa. Sono l’unico ad uscire, non posso permettere di rischiare. Quando tutto finirà, perché tutto finirà, vero? Lo stringerò per un giorno intero.

Gli assicuro che tutto finirà, ma intanto penso…hanno fatto tutti così, vero?

Vero che tutti quelli che sono rientrati da fuori hanno fatto così?

Come prevede il protocollo?

Vero che è tutto sotto controllo?

j.p.