Dopo gli interventi di Giovanni Fiorentino – Presidente Polisportiva Sorrento e Mimmo Montuori – dirigente Asd 45 Gatti Piano di Sorrento completiamo il quadro sullo stato dell’arte della Pallacanestro in Penisola Sorrentina ascoltando Antonio Cioffi, dirigente della Polisportiva Vico Equense.
Bancario, praticante del basket in età giovanile non ha perso questa passione in età adulta ed appena trova uno spazio libero al Palazzetto di Vico Equense organizza una partita amatoriale tra amici contattando via sms tutti gli appassionati della Penisola. Ha trasmesso questo “virus” ai suoi figli instradandoli alla pratica del basket e da alcuni anni è entrato nella dirigenza della Polisportiva Vico Equense diventando la persona di riferimento per quanto riguarda la sezione Pallacanestro.
A lui porgiamo le stesse domande rivolte ai predecessori.

D: Iniziamo facendo il punto sulla situazione, quale è la vostra storia? Quanti praticanti tesserati conta il vostro centro/ società? A quali attività partecipate e su quali strutture potete contare?

R: La nostra è una Polisportiva che unisce in sé le due anime e le due lunghe tradizioni di pallavolo e pallacanestro che da sempre hanno caratterizzato la nostra città. Sono circa 200 gli atleti, maschi e femmine, di tutte le fasce di età, cui è rivolta la nostra attività, svolta esclusivamente presso il Palazzetto dello Sport di Vico Equense.

D: Quale è la vostra “natura sociale”? Che obiettivi cercate di raggiungere attraverso la pratica di questo sport?

R: Non siamo una Associazione dilettantistica solo formalmente, ma nella realtà i nostri obiettivi non sono contaminati da alcun tornaconto economico; cerchiamo solo di favorire un ambiente giovanile costituito da ragazzi impegnati in attività sane ed educative, obiettivi che solo la pratica sportiva, agonistica e non, riesce a raggiungere.

D: Quali sono le principali difficoltà che riscontrate nel fare attività? Con quali soluzioni cercate di ovviare a tali problematiche?

R: Ci sarebbe bisogno della realizzazione di una vera e propria “RETE” sociale, che sotto un coordinamento univoco, metta insieme Famiglie, Scuola, Amministrazione Comunale, Associazioni Sportive e, perché no, Parrocchia. Quello che manca è un impegno in questa direzione, in mancanza del quale anche attività banali, come il controllo dei bambini negli spogliatoi o l’acquisto di attrezzature indispensabili e semplici come i palloni da gioco, solo per fare degli esempi, risulta difficoltoso.

D: La Pallacanestro è il secondo sport nazionale, la mia impressione è che la Penisola conti tanti appassionati e praticanti ma in questo momento manchi una società leader, un vertice che riesca poi a trainare la base emulando quello che sta succedendo, per esempio, con la Folgore Massa nella pallavolo. È praticabile un progetto simile anche nella pallacanestro? Voi da dove partireste?

R: La pallacanestro è uno sport nobile, affascinante, unico per le sue caratteristiche: l’equilibrio fra la forza e il contatto fisico da un lato e il necessario rispetto per l’avversario, con infrazioni legate anche alla sola modalità di esecuzione dei movimenti, oltre alla complessità di tutte le regole di gioco, ne rendono inimitabile la valenza educativa; purtroppo è anche uno sport “povero” che avrebbe bisogno di una pianificazione di maggior lungimiranza da parte delle Istituzioni. Con tutto il rispetto per la splendida realtà de “La Folgore”, non è quello il modello che la pallacanestro in Penisola dovrebbe perseguire: sono convinto che la “RETE” cui mi riferivo prima dovrebbe partire dal rendere trasversale alle diverse discipline sportive ciò che ciascuno di noi ha il dovere di favorire: il benessere sociale dei ragazzi.

D: Nel recente passato era stato pubblicizzato un “Progetto Penisola” , le società aderenti promettevano di creare una regia comune per metter assieme i migliori prospetti, gestire assieme le difficoltà logistiche, economiche e di risorse umane condividendo spazi ed staff. L’obiettivo sarebbe stato quello di creare un polo di eccellenza sul territorio peninsulare per ovviare alle difficoltà su indicate. Mi sembrava un’ottima idea, è ancora attivo? In cosa si concretizza? Come mai si è persa?

R: Certo un progetto unitario farebbe in modo che le croniche carenze strutturali, l’isolamento logistico (e non solo) della nostra meravigliosa Penisola Sorrentina, la scarsità dei numeri delle singole realtà sarebbero vincoli superabili più facilmente. Ad esempio potrebbe essere opportuno che, nelle varie discipline, una “prima squadra” di eccellenza possa fare da traino per le differenti tipicità degli atleti più piccoli.

D: Per promuovere la pratica allo sport è fondamentale “entrare” nelle scuole e farlo conoscere ai più piccoli. Riuscite con progetti didattici concertati con le istituzioni scolastiche a raggiungere tale obiettivo? In caso negativo quali sono i motivi che ostano a tale attività?

R: Come detto prima, l’Istituzione Scolastica non può che essere considerata di importanza strategica: lo sport ha dei valori il cui insegnamento non è meno fondamentale delle nozioni didattiche: noi sportivi dovremmo fare non uno ma due passi in più verso la Scuola, ma anche quest’ultima dovrebbe aprirsi ad obiettivi comuni.

D: Chiunque faccia sport coltiva un ambizione, un sogno. Il vostro quale è? Cosa vi proibisce di aprire con decisione il cassetto dove è custodito?

R: I nostri sogni si realizzano ogni giorno in palestra: una schiacciata di pallavolo o un canestro da parte di un bambino del minibasket riempiono di gioia e soddisfazione i nostri occhi e i nostri cuori: l’ambizione è che queste emozioni possano diffondersi sempre di più, a tutti i livelli.

Ringraziamo Antonio per il tempo dedicatoci, dalle sue parole traspare una passione enorme verso la Pallacanestro così come la consapevolezza dell’importanza ai fini educativi della pratica di qualsiasi attività sportiva.

Nella prossima ed ultima parte cercherò di fare il punto della situazione su questo confronto attivato in via virtuale. Tanti i punti di vista condivisi, alcune differenze rilevate, univoco il desiderio di valorizzare questo sport unito alla necessità di poter avere a disposizione strutture dove riuscire a praticarlo in maniera degna.
Arrivederci alla prossima puntata.

Massimo Costagliola di Fiore