“No, tranquilla, non si farà nessuna tombola. Lo so che a te non piace questo gioco. Ci vediamo tutti da me, così, per fare due chiacchiere e per bere qualcosa, invece di starcene in giro a prendere freddo”.

Le ultime parole famose di Francesca.  Detta così, la serata a casa sua sembrava fattibile.

Passo prima dai miei a scroccare la cena e verso le dieci strimpello al suo citofono.
Sono l’ultima ad arrivare, lo capisco dalla gran confusione che si sente già dal pianerottolo dell’atrio.

Ma quanta gente avrà invitato?

Entro e vengo accolta da un chiassoso quadretto degno di una scena di rimpatriata alla “Carramba, che sorpresa!
Un tavolo chilometrico ospita un’accozzaglia di persone di tutte le età, compresi una decina di bambini urlanti.

Ho già mal di testa!

Perdo almeno un quarto d’ora solo per saluti e convenevoli del tipo “Da quanto tempo!”, “Che fine hai fatto?”…
Io che fine ho fatto? Viva e vegeta, sempre in giro di qua e di là. Semmai voi che fine avete fatto! Le comparse di Natale, Pasqua e, se proprio volete emozionarvi, spuntate fuori anche per qualche festa di compleanno.
Poi c’è l’amica acida e un po’ sovrappeso, mi scruta con uno sguardo scialbo e candidamente mi chiede:

“Sempre giovane e bella, e così magra! Ma come fai?”

Ecco qua.

Non sono superstiziosa, però sai com’è, “non è vero, ma ci credo“. Afferro il primo oggetto metallico che mi capita sottomano, della serie “tocchiamo ferro“.
“Forza, tutti seduti, facciamo una mano di tombola!”, urla un tipo spilungone mai visto prima.
E tutti in coro a dire “sì!”.

Fantastico.

Lancio un’occhiata fulminante a Francesca, che fa finta di non accorgersi del mio disappunto.
Mi accomodo in un angolino, rimedio sei cartelle, non so nemmeno se formino una serie e nemmeno voglio provare a verificare la cosa. In men che non si dica, la tavolata si riempie di fagioli, cartuccelle e altri pirulicchi segnanumero, cartelline sparse ovunque, piattini con fette di panettoni e briciole dappertutto, bicchieri di plastica puliti che puntualmente non distingui da quelli già usati, noci, nocelle, pistacchi e frammenti di guscio.

Lo spilungone, ovvio, ha lui il cartellone e chiama i numeri. Anzi, bisbiglia i numeri. Nessuno sente. C’è troppo chiasso. “Come?”, “Che numero è uscito?” “E il 13 l’hai già chiamato?”
I bambini schiamazzano, gli adulti chiacchierano e bisogna impegnarsi ad ascoltare.

Riempire una cartella.
Come si può definire un gioco questo? Non dobbiamo far nulla, se non adoperarci per coprire i numeri chiamati, quando riesci a sentirli, però.
Fatto sta, che con gran svogliatezza, la sottoscritta fa terno e quntina.
E adesso mi mancano pochi numeri alla tombola. Provo a contarli, ma un bimbo spinge uno dei piattini nelle mie vicinanze e mi sposta tutti i pirulicchi coprinumero.
Un classico.
Lo spilungone sta andando veloce, mi scoccerebbe chiedergli i vari numeri. Così, sbircio man mano dal tipo seduto vicino a me. A un certo punto in una cartella mi ritrovo con tutte le caselle coperte, tranne due.
Mi viene il dubbio. “Ma il 4 è uscito?”, chiedo. “Si” “E il 57?”
“Eccolo… 57 … è uscito adesso!”

Ebbene sì: tombola!
Sento un mucchio di sguardi di disappunto addosso. Hanno ragione. Proprio io che non sopporto la tombola e queste rimpatriate caotiche, ho stravinto.

Francesca mi guarda con aria scanzonata.
“Eh cara, fortunata nel gioco, sfortunata in amore”, le sussurro al volo.
“Tu non volevi nemmeno venire!”, controbatte lei.
Ma a Natale son tutti più buoni, amica. Così  son venuta qui a farti gli onori di casa, in mezzo a questa gran confusione.

C’è da dire che questa sera non sono dell’umore giusto. Quasi quasi, però, visto che mi trovo, proverò a divertirmi. In fondo, se ti predisponi al bello, il bello arriva, no? Ma basta con la tombola, vi prego!

Maelka