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24 ottobre 2005

E’ da questa data che ha inizio il nostro nuovo viaggio.

Sono trascorsi esattamente cinquant’anni da quando la storica dimora di Villa Giuseppina ospitò le gesta di Donna Sufia ‘a Smargiassa, Don Antonio Carotenuto, Caramella e Donna Violante, nel film Pane, Amore e… di Dino Risi.

I proprietari di uno degli appartamenti più prestigiosi che si trovano all’interno della struttura, i coniugi Balduccini-Berger, decidono di vendere il loro gioiello. Balduccini e Berger lo avevano a loro volta acquistato nel 1982 da Carlo Cosenza ed ora lo rivendono alla signora Ornella Morgese, inquilina di quell’immobile già da qualche anno.

Costo dell’operazione: 650 mila euro.

C’è un problema, però, quel bene è vincolato ai sensi della Legge 1089 del 1939. Significa che prima di perfezionare la vendita occorre dare notizia alle Amministrazioni statali e locali. Già perché se loro vogliono, possono esercitare la prelazione. In pratica pagare il prezzo dichiarato a sostituirsi all’acquirente.

Non sono periodi di vacche grasse per le pubbliche amministrazioni

Difficile, pertanto, che ciò possa accadere. Invece il diavolo ci mette la coda e tutto ciò accade.

Dopo la rinuncia da parte del Ministero, a giocarsi la carta è il Comune di Meta.

E’ il 22 novembre sempre del 2005

Dopo diversi attriti all’interno del suo gruppo di maggioranza, il dottor Bruno Antonelli – a quel tempo Sindaco da poco più di un anno della Città – porta in Consiglio comunale un’importante delibera. Si tratta dell’atto con cui il Comune di Meta decide di esercitare la prelazione su quel prestigioso appartamento all’interno di Villa Giuseppina.

Motivo?

“…adibire l’immobile a sede di uffici di rappresentanza”.

In realtà Antonelli ha un altro sogno nel cassetto: realizzare in quei luoghi un Museo del Mare. La battaglia però è solo all’inizio, perché dopo che la Giunta provvede circa l’impegno della spesa per quei 650 mila euro e recapita il decreto con cui si comunica di voler esercitare la prelazione, la Morgese parte al contrattacco.

Si rivolge al Tribunale Amministrativo Regionale. Il ricorso porta la data del 15 febbraio 2006, ma la battaglia giudiziaria si concluderà oltre tre anni e mezzo dopo.

Il 5 agosto del 2009 il TAR emette il suo responso

Ricorso respinto.

Lapidario il giudizio dei Giudici amministrativi:

“Nel caso di specie, come si evince dalla lettura del decreto impugnato, il Consiglio comunale di Meta, nel deliberare l’esercizio della prelazione ha indicato la finalità dell’acquisto nell’ “adibire l’immobile a sede di uffici di rappresentanza”.

Tale finalità, enunciata dall’organo competente all’acquisto di immobili, e cioè dal Consiglio comunale (con il che risulta infondato il motivo sub c) dell’esposizione in fatto), risulta pienamente conforme all’interesse pubblico alla valorizzazione del bene culturale, in quanto l’adibizione di questo a sede di rappresentanza di un ente pubblico corrisponde ad un tradizionale, diffuso e prestigioso utilizzo di beni culturali che, lungi dal comprometterne la conservazione, ne determina la valorizzazione, posta l’evidenza della funzione ad essi assegnata dal proprietario”.

A Palazzo Municipale intanto la scena è cambiata.

Antonelli ha perso le elezioni ed è finito all’opposizione. Sconfitto dalla strana coppia formata da Paolo Trapani – che al turno precedente aveva appoggiato lo stesso Antonelli – e da Giuseppe Tito, che invece per cinque anni aveva fatto il Consigliere di opposizione sempre di Antonelli.

Arriviamo al 10 settembre del 2010

Il via libera da parte del TAR consente al Comune di perfezionare l’acquisto. La Segretaria generale Loredana Lattene roga l’atto con cui il Comune diventa finalmente proprietario del prestigioso appartamento.

La battaglia legale, però, non è ancora conclusa. Infatti la Morgese continua ad occupare l’immobile in qualità di inquilina. Lo farà ancora fino all’ottobre del 2013, quando verrà eseguito lo sfratto dopo la convalida disposta dal Tribunale civile.

2 ottobre 2013

All’indomani dello sgombero dell’appartamento di Villa Giuseppina, tra i più soddisfatti è il Sindaco dell’epoca Paolo Trapani che ad una testata locale così dichiara:

“Finalmente si chiude un contenzioso giudiziario trascinatosi per otto anni. L’appartamento comunale di villa Giuseppina può quindi essere restituito alla fruizione pubblica ed essere valorizzato come merita. Nelle intenzioni dell’amministrazione, infatti, il vano della residenza borbonica di via Caracciolo dovrebbe ospitare il tanto atteso Museo del Mare: una mostra permanente dedicata alle antiche tradizioni marinaresche di Meta e della penisola sorrentina. Un intervento da un milione di euro, che il Comune finanzierà con accantonamenti e fondi regionali”.

26 maggio del 2014

A Palazzo arriva un nuovo scossone. Paolo Trapani, dopo aver rotto con il suo vice-Sindaco Giuseppe Tito, non si ricandida.

Così è proprio Tito a diventare il nuovo Primo Cittadino metese.

“Il Sindaco del Popolo”

Come lui stesso si autodefinisce dal giorno del suo insediamento.

Del Museo del Mare e di Villa Giuseppina se ne perdono così le tracce per altri tre anni.

15 febbraio del 2017

L’architetto Diego Savarese, il Funzionario responsabile del settore, adotta una determina con la quale indice un’asta per la locazione del gioiello di famiglia: l’appartamento all’interno di Villa Giuseppina. Quello per cui era stata esercitata la prelazione, erano stati sborsati 650 mila euro e sarebbe dovuto diventare il Museo del Mare.

Nella stessa determina Savarese scrive…

“…che è interesse ed intenzione dell’Amministrazione rendere produttivo di reddito il detto cespite e, per tal motivo, è stata espressa la volontà di procedere alla indizione di apposita Procedura ad Evidenza Pubblica al fine di individuare il migliore contraente a cui cedere in Locazione la detta consistenza immobiliare”.

Insomma nuovo Sindaco e nuovo interesse, ma sarà vero?

Stranamente, infatti, all’albo pretorio del Comune metese non si rinviene alcun atto in cui l’Amministrazione esprime questo

“…interesse ed intenzione”.

Come ha quindi espresso questo suo volere l’Amministrazione, a voce?

Mica si può fare.

Ci dovrà essere qualcosa.

Continuiamo le nostre ricerche e recuperiamo una importante delibera di Consiglio comunale del 2015.

Un atto importantissimo.

Si chiama:

“Piano delle alienazione e valorizzazioni del patrimonio”.

E’ uno dei tanti documenti che vanno approvati prima del Bilancio di previsione. E’ una sorta di elenco in cui il Comune inserisce tutti i beni che fanno parte del suo patrimonio cosiddetto disponibile. Per ogni bene viene precisato quali sono le intenzioni future dell’Amministrazione: venderli o valorizzarli (e quindi anche locarli).

Quello che prendiamo è il Piano relativo al triennio 2016-2018, l’ultimo approvato prima del bando adottato da Savarese.

Se l’Amministrazione avesse realmente avuto “…interesse ed intenzione” di rendere produttiva la storica dimora di Villa Giuseppina, avrebbe dovuta inserirla in quell’elenco.

Invece in quell’elenco l’appartamento che ospitò Don Antonio Carotenuto non c’è.

Non c’è, ma a pensarci bene non ci sarebbe mai potuto essere

La ragione è estremamente semplice: quel bene non rientra nel patrimonio disponibile del Comune di Meta. Quel bene, proprio in virtù dell’esercizio della prelazione, fa parte del demanio del Comune di Meta.

Lo dice una vecchia norma del codice civile. Il II comma dell’articolo 822:

“Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia”.

Siccome quell’immobile è…

“…riconosciuto d’interesse storico, archeologico e artistico”…

…ai sensi della legge 1089 del 1939, anzi e proprio grazie a quel piccolo dettaglio che il Comune ha potuto esercitare la prelazione ed acquistarlo al posto della signora Morgese, va da sé che quell’immobile fa parte del demanio pubblico.

Pertanto quell’immobile non può essere venduto senza una preventiva sdemanializzazione. Una procedura estremamente complessa che prevede il parere del Ministero e la condizione che resti assicurata una destinazione d’uso compatibile con il carattere storico ed artistico del bene stesso.

Non può essere venduto, ma non può essere nemmeno locato (al massimo può divenire oggetto di concessione).

Invece è stato locato e nella prossima puntata vedremo come, a chi e, soprattutto, per farci cosa.

(FINE PRIMA PUNTATA)

Clan di Bertoldo