Erano in tanti ieri sera in Piazza Cota.

Tanti, ma non tantissimi. Tutti accorsi ad ascoltare Roberto Vecchioni.

Figli di una generazione, quella dello stesso Professore, che avrebbe dovuto cambiare il mondo e invece non ha cambiato un cazzo. Si è fatta solo cambiare dal mondo. Si è fatta conformare, generando a sua volta una pletora di frustrati saccenti.

I radical-chic.

I salottieri.

I miei coetanei.

I ’60, i ’70 ed anche un po’di ’80.

Erano prevalentemente loro in piazza a cantare insieme al Professore. Con le loro rughe ed i loro capelli bianchi.
Erano prevalentemente loro, improvvisamente tornati ragazzi, a prendersi per il culo.

Inneggiando quasi…

…che non è vero che la ragione sta sempre col più forte…

…magari proprio mentre si affidavano alla “forza” del politico di turno per spuntare un posto nelle prime file.

Erano prevalentemente loro che tutto d’un tratto, tra un selfie ed un altro, si ricordavano di conoscere…

…poeti che spostano i fiumi con il pensiero e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo.

Erano prevalentemente loro. Quelli che nella loro vita da adulti non sono stati capaci di mettere in pratica nemmeno uno di quei sogni del ragazzo del Professore.

Preferendo continuare a crogiolarsi nel ricordo di quei sogni che con gli anni sono rimasti belli, ma diventati scomodi.

E’ così che non si sono nemmeno accorti che intorno a loro non c’è più nessun ragazzo a sognare…

…quando sale il vento nelle vie del cuore.

Perché i ragazzi, quelli veri. I loro figli, i nostri figli ieri sera non erano lì.

Giusto così.

Come potrebbero mai credere in quei sogni calpestati quotidianamente dai loro genitori?

Allora si erano rifugiati qualche centinaio di metri più giù, in Piazza della Repubblica a sfogarsi negli autoscontro.

Mentre Fabio Rovazzi, dalla cassa un po’ sfondata dello spettacolo viaggiante, lanciava il loro grido di battaglia:

“Faccio quello che voglio, 
faccio quello che mi va, 
quest’estate sono fuori controllo 
e del testo tanto non ne ho bisogno 
perchè con questa voce qua 
pa pa parara 
paparararara pa pa parara”

Altro che sogno.

Quel…

… pa pa parara  paparararara pa pa parara…

…urlato a squarciagola è così distinto e distante dal ragazzo sognatore del vecchio Professore.

Distinto, distante, ma vero. Che non tradisce.

Perché che senso ha imparare a sognare se poi per convenienza si finisce con il fare il contrario di ciò che si sogna?

Allora meglio fare quel che si vuole.

Fuori controllo.

Ecco: che in quel…

Faccio quello che voglio

ed in quel

pa pa parara paparararara pa pa parara…

…diventa chiaramente intellegibile un profondo desiderio di libertà.

Distante persino da quella “Vita spericolata” che inneggiavamo noi, sognatori sfigati di oggi, alla loro età.

Noi volevamo una vita come quelle dei film spericolata, esagerata, alla Steve McQueen

Una vita che non è mai tardi 
di quelle che non dormi mai 
una vita piena di guai.

Una vita con dei valori in cui non c’era più spazio per il sentimento del “Cielo in una stanza” del Gino Paoli di mamma e papà.

Comunque valori, i nostri, pur se negativi.

Nel…

…fare quello che voglio…

…invece non ci sono modelli. Non c’è nessun Steve Mc Queen da emulare.

E’ un valore paradossalmente senza valori.

Un valore che noi sognatori sfigati non capiamo. Non vogliamo capirlo: ci pare troppo brutto.

Le nostre utopie di facciata hanno scavato un solco profondo creando uno scontro generazionale senza precedenti.

Uno scontro devastante, perché non è nemmeno uno scontro, ma solo un vuoto epocale.

Una distanza siderale che rischiamo di non riuscire a colmare mai.

Invece tocca a noi, sognatori sfigati, muovere il primo passo. Scrollandoci di dosso le nostre certezze ed i nostri valori.

Già perché se con queste certezze e con questi valori, siamo riusciti a tirar su una società alquanto di merda, vuol dire che o non erano buoni certezze e valori o non eravamo buoni noi.

Allora iniziamo a disintossicarci. Iniziamo anche noi insieme ai nostri figli a fare quello che vogliamo ed a cantare

… pa pa parara paparararara pa pa parara.

E’ questa la vera sfida che ci attende e su questo terreno, a partire dalle pagine del nostro blog che intendiamo iniziare a misurarci già da domani.

Vi aspettiamo.

Johnny Pollio

Intanto allenatevi ascoltando Rovazzi