In questi giorni, che hanno fatto da corollario al Carola’s day, alcuni amici mi hanno chiesto quale fosse il mio pensiero. Come mai rifuggissi da qualunque discussione “socialista” (in questo caso aggettivo per social) sull’argomento principe di questa settimana.

A tutti ho risposto alla stessa maniera e l’ho anche scritto, parafrasando il poeta latino Orazio:

Odio le discussione social profane e le rifuggo.

Il Blog però è diverso. E’ il pensatoio del nostro Clan di Bertoldo. Qui non ci cono risse tra tifosi. Qui ognuno dice la sua. Al massimo ci si confronta e basta.

Qui gioco in casa e mi posso permettere anche io di dire la mia.

Parto subito dalla considerazione finale: i 42 migranti della Sea-Watch 3 non sono altro che cavie giuridiche.

Vediamo perché.

Il 14 giugno scorso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto legge n. 53, meglio noto come decreto sicurezza bis. Il contrastato decreto era stato approvato, come ampiamente annunciato, nella seduta del Consiglio dei Ministri tenutasi l’11 giugno precedente.

Le date sono importanti e poi capirete il perché.

Tra le novità di maggior rilievo, emerge l’attribuzione al Ministro dell’interno, in qualità di Autorità nazionale di pubblica sicurezza, nell’esercizio delle funzioni di coordinamento dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre dello Stato, nonché nel rispetto degli obblighi internazionali, il potere di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale.

Con le nuove norme Salvini ha provato a mettere una pezza a quell’autentico casino che aveva creato esattamente un anno fa con la storia della Diciotti. Quando, preso dalla sua sboroneria, aveva pensato bene di fare lo sceriffo in barba alla legge. Alla fine solo Santa Immunità l’aveva tirato fuori da un processo dagli esiti decisamente scontati.

Insomma le cazzate fatte con la Diciotti con il nuovo decreto non sono più cazzate, ma legge dello Stato (checché ne dica qualcuno un Decreto Legge nel corso della sua vigenza è atto normativo avente la stessa forza di una Legge). Quindi ora corretelo appresso a Matteo, perché nessuna toga rossa o di altro colore potrà più provare a metterlo sotto processo.

La furbata del Capopopolo Lumbard ha fatto ingrullire le avverse fazioni che subito hanno studiato la contromossa.

Il giorno seguente a quello della seduta del Consiglio dei Ministri in cui è passato il sicurezza bis (ecco perché le date sono importanti), hanno spedito una belloccia Capitana Coraggiosa teutonica a prelevare un po’ di immigrati ad un tiro di sputo dalle Coste libiche. L’Obiettivo – decisamente dichiarato – era quello di smantellare sul nascere il parafulmini legale costruito pazientemente in un anno da Salvini.

Da quel giorno la Rackete (questo è il nome della belloccia) ha iniziato a girare come una scorreggia per mezzo Mediterraneo, per cercare, da una parte, di far crescere l’attenzione pubblica, dall’altra di fertilizzare decisioni future delle Magistratura.

L’operazione, per quanto apprezzabile da un punto di vista propagandistico, non è servita però a smuovere le sensibilità della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (o forse non era quello il vero obiettivo), per cui alla fine si è deciso per il finale alla film americano d’azione.

L’arrembaggio al Porto di Lampedusa, con tanto di sacrificio finale della belloccia finita in manette.

Con quel gesto pseudo-eroico la Rackete ha cancellato con la velocità di uno starnuto le treccine di Greta Thunberg nei sogni salottier-rivoluzionari della sinistra italiana.

Ora la parola passerà ai Giudici.

Il caso è stato creato.

Grazie a quegli immigrati prelevati ad un tiro di sputo dalle Coste libiche, grazie a quelle cavie giuridiche, si potrà finalmente sapere se quel decreto voluto da Salvini per rimediare alle sue cazzate riuscirà a resistere alla mannaia della arzigogolata Giustizia italiana.

Le premesse ci sono tutte.

L’opinione pubblica, alimentata dai media italiani e non, pressa ed anche con insistenza. Come se non bastasse la nazionale azzurra-rosa si è fatta eliminare dai Mondiali di Calcio femminile che si stanno tenendo in Francia.

La Bonansea, insomma, non ce l’ha fatta a scalzare la Rackete – che a sua volta aveva scalzato la Thunberg – nei sogni salottier-rivoluzionari della sinistra italiana.

Allora, aspettando il prossimo tormentone social, a noi inguaribili razzisti dal cuore arido (che poi io personalmente mi sento più razzofilo che razzista ed un giorno se avrò voglia e tempo spiegherò la differenza) non resta che augurarci che nessuna di quelle cavie giuridiche finisca prima o poi con l’ingrassare le già cospicue fila di coglipomodori a nero, prostitute e manovalanza della malavita.  

Sulla Rackete siamo invece rassegnati. Se non sarà il Nobel per la pace, almeno un fiction in prima serata sulla sua vita e le sue opere ce la becchiamo.

Resistiamo.

Johnny Pollio