In origine furono Bacco, Tabacco e Venere. Poi venne il sessantotto e si passò al più incisivo e trasgressivo “sesso, droga e rock and roll”, per etichettare la controcultura dei movimenti di contestazione giovanili. Negli anni 70, infine, un certo Ian Dury consegnò quel motto all’olimpo della immortalità con una canzone divenuta cult.

Si era riusciti a smontare un sistema. A rompere rigidi schemi sociali e culturali.

Un’epoca che ha segnato ha fatto la storia.

Sesso, droga, rock and roll e…femminismo. Sì, il femminismo che, forte dei risultati già raggiunti per il passato, si diffondeva più facilmente. Vestiva abiti nuovi e proseguiva nella sua scalata. Un femminismo fatto di donne decise a lottare.

Quando lottare significava esporsi e rischiare.

Quando lottare significava osteggiare un sistema, una mentalità radicata, una società (patriarcale) intera. 

Si cercava di uscire dalla subordinazione fisica, mentale e sociale. Il loro successo di ieri è diventata la nostra libertà di oggi.

Siamo emancipate soprattutto grazie a loro.

Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Come ogni parabola che si rispetti, però, raggiunto il vertice è cominciato il declino. L’abbattimento dei vincoli e i motti ribelli sono diventati prima realtà diffusa e poi normalità e, poi, forse, stanchezza mista a poca consapevolezza. Il benessere economico arrivato alla metà degli anni 80 ha fatto il resto.

Cosa raccogliamo oggi?

Pur facendo i dovuti distinguo (non siamo tutti uguali e non tutto vale per tutti), abbiamo una società a grandi linee frammentata. Allo sbando. Cinica.

Amicizie a tempo, amori a tempo, famiglie a tempo.

Il sesso, la droga e il rock and roll sono diventati stanco rifugio di emozioni e brividi…anch’essi rigorosamente a tempo. 

Il sesso è presente in ogni dove. Allusioni, riferimenti impliciti, espliciti e diretti. Se ne parla molto più di quanto si pratichi, al punto che tanti, specie giovanissimi, sembrano prediligere la versione virtuale. Paradossalmente più trasgressiva e meno fallibile. Si è sempre consapevoli della sua enorme carica, ma di limite infranto in limite infranto, ha perso in contenuti, in importanza.

Anche la droga, se vogliamo, sta tenendo il passo. Con la moda delle “droghe leggere”. Con le sue “droghe non droghe”: niente siringhe, niente sniffate, niente cartine, niente (forse!) dipendenza. Una pasticca a pochi euro, quando vuoi, come vuoi, dove vuoi, poi lo sballo, il divertimento e, dicono, nulla più (se non ci resti secco o giù di lì…ma, pazienza, nel caso, sarai stato sfigato!).

Il rock and roll, simbolo della ribellione generazionale, poi non libera più di tanto, declassato anche lui quasi ad una meteora. Un riempitivo. Giusto per tappare un buco tra un drink e l’altro.

Simboli vuoti, squallidamente vuoti.

Niente ideologie, niente contestazioni, niente emozioni da contrapporre a freddi schemi. Routine, passatempo, status symbol o banalissime prove da conservare sui cellulari per ricordare e ricordarsi di essere vivi! Giovani e meno giovani, l’età è relativa.

E il femminismo?

Clinicamente morto anche quello. Si è trasformato per lo più in una sorta di mascherata, di rivendicazione di nomi declinati al femminile, di quote rosa, di eteree commissioni, di coccarde, di scarpe rosse, di attestazioni di superiorità rispetto agli uomini.

Insomma di luoghi comuni. Tanta apparenza, ma poca sostanza.

Così quando capita che all’improvviso si materializza un iceberg, si resta spiazzati. Stupri, droga, alcol, sesso a pagamento e non. Gli attori protagonisti sono noti e il timore che non ci si fermi alla punta dell’iceberg, ma si guardi anche sotto, fanno il resto. Gli ingredienti ci sarebbero tutti per far insorgere famiglie, istituzioni e, perché no, femministe.

O forse no!

Serve prudenza occorre capire bene, anzi benissimo. Meglio essere indifferenti! Meglio far finta di niente, parlare di altro o dire che è tutto normale? Forse!

“Quante storie per un po’ di droga e poi i rapporti tra un bicchiere e una tirata, vallo a capire se sono condivisi oppure no!”

Tra i commenti di chi osa scrivere ci sono anche questi o i più classici…

“A Sorrento nei locali il sesso e la droga girano dagli anni 80 e voi mo vi svegliate!”.

Ok, sarà, ma, qui senza voler essere bacchettoni, senza voler puntare l’indice o sputare in cielo (ricordando il detto: “…che in faccia ti torna”) , siamo di fronte ad altro: assistiamo alla mortificazione dell’essere umano! Alla materializzazione dello squallore!

Non serve conquistare una donna: per averla puoi pagare o presentare un regalo costoso. Anche se non fa il mestiere più vecchio del mondo e se proprio non ci sta, puoi drogarla ed averla lo stesso. Tanto se viene ad una “festa” è implicito che le piacerà. Puoi farti aiutare per questo, che vuoi che sia, e ad aiutarti può essere anche un’altra donna, magari.

Già e le donne in questa storia?

Loro un po’ vittime e un po’ carnefici. Alle prese con un sesso rubato, estorto o trattato come merce di scambio (che non è necessariamente denaro) o come semplice esercizio di quella libertà che le nostre precorritrici hanno conquistato duramente.

Di tutto ciò, dopo, resterebbe solo un gran vuoto e una grande fragilità, da nascondere dietro un bel trucco o dietro un selfie alla “sono il/la più felice del mondo”, se non ci fossero quelle prove, sulle memorie di cellulari e di pc, a sbattere in faccia la realtà e a tirar dietro altre storie, fatte di ricatti e visualizzazioni, squallide come le prime o anche di più!

A tutto questo non possiamo dirci estranei. Perché ciò che dilaga, prima o poi contagia.

Di fronte a questa mortificazione dell’essere umano, di fronte a questo squallore non possiamo restare indifferenti.

La giustizia farà il suo corso, me lo auguro vivamente, senza sconti e senza eccezioni, ma noi dobbiamo giocare il nostro ruolo. Non fatto di flash mob, di coccarde, di convegni, di tavole rotonde o di slogan da spiattellare qua e là.

Dobbiamo giocare il nostro ruolo, essendoci!

C’è un iceberg?

Se c’è, la colpa è anche nostra.

Se c’è il problema riguarda tutti noi, compreso chi si autoassolve credendo che il fatto non gli appartenga.

Ho figli, e nipoti che potrebbero, presto o tardi, sbatterci, volenti o nolenti, contro. Educare potrebbe non essere sufficiente, se, come ho detto, il virus ha contagiato il sistema.

Allora, chiediamo che si guardi sotto il pelo dell’acqua. Che si prendano provvedimenti. Che si scenda bene in profondità a guardare quanto è grosso questo iceberg.

Facciamo sistema e…sciogliamolo, prima di fare la fine del Titanic…dove, come si sa, annegò anche chi, quell’impatto, non lo cagionò e un iceberg non sapeva nemmeno cosa fosse!

Anna Iaccarino