A partire dalla fine del  IV millennio a.C., nel Vicino Oriente, nella cosiddetta Mezzaluna fertile, si sviluppano le grandi civiltà della Mesopotamia e dell’antico Egitto.

Si tratta di un’area a forma di arco di cerchio, compresa grosso modo nel territorio oggi occupato da Iraq, Iran, Siria, Arabia Saudita ed Egitto. Essa è caratterizzata dalla presenza di importanti corsi d’acqua, indispensabili per la fertilità dei terreni e per una maggiore rapidità nei collegamenti commerciali.

I popoli mesopotamici

Mesopotamia significa “terra tra i fiumi” (dal greco μέσος-/mésos- “che sta in mezzo”, ποταμός/potamós, fiume, unitamente al suffisso -ia, terra), con riferimento al lembo di terra compreso tra i corsi d’acqua del Tigri e dell’Eufrate.

Sin dagli albori dell’Età dei metalli, in questa realtà territoriale si sviluppa una cultura progredita, fondata su una religione di tipo politeista. L’uomo assume man mano un atteggiamento di ossequio nei confronti delle divinità e le interpella per riceverne conforto, a differenza di quanto avveniva  nell’Età paleolitica, quando intendeva influire sui poteri spirituali attraverso i rituali magico-propiziatori.

Sul finire del Neolitico,  nella regione mesopotamica si compie  il passaggio dai villaggi agricoli ai primi insediamenti urbani, distinti da una nuova organizzazione sociale e politica, in cui si riconosce un sistema gerarchico diviso per classi e centralizzato nella figura di un sovrano.

Le città non nascono sui centri agricoli preesistenti, ma sono fondate ex novo, all’interno di uno spazio prestabilito, per soddisfare i bisogni di società ormai più complesse e articolate.

I nuovi centri sono interamente cinti da possenti mura munite di torri di guardia, porte monumentali e fossati, a dimostrazione delle esigenze difensive proprie di un territorio segnato da continui scontri tra i vari popoli.

Difatti nell’ambita “Terra tra i fiumi” si succedono con alterne fortune svariate civiltà, protagoniste di uno straordinario sviluppo politico, commerciale e culturale.

I Sumeri sono documentati sin dal IV millennio a.C. nella parte meridionale della Mesopotamia.

Alla loro evoluta civiltà si deve la fondazione di prime importanti città (come Ur, Urur, Làgash), nonché l’invenzione di una forma di scrittura a caratteri cuneiformi e la messa a punto di progrediti strumenti agricoli. Inoltre, a questo popolo evoluto spetta l’introduzione di basilari saperi culturali che spaziano dalla religione al mito, dalla matematica all’astronomia. 

L’arte sumera propone un’austera idea di solennità celebrativa, abbracciata anche dagli altri popoli che man mano abiteranno la regione mesopotamica. 

Tra questi, gli Accadi, guidati dal re Sargon I, subentrano ai Sumeri tra il 2.300 e il 2.150 a.C. circa, stanziandosi in particolare nella parte settentrionale del territorio mesopotamico. Essi s’impongono con ferocia, sopprimendo le autonomie delle città-stato sumere. Tuttavia, il loro dominio dura appena un paio di secoli, in quanto dopo un periodo di devastazioni da parte di popolazioni nomadi, i Sumeri riprendono il controllo del territorio.

Dal punto di vista artistico, gli Accadi non introducono sostanziali novità, se non una maggiore tendenza al movimento e alla libertà espressiva.

I Babilonesi, di origine semitica, s’insediano in Mesopotamia tra il 1795 e il 1550 a.C. circa, modificandone fortemente l’assetto e dando origine al regno di Babilonia, spodestato a causa delle invasioni di altri popoli, tra cui gli Assiri che, tra il 1.245 e il 612 a.C. circa, raggiungono una grande estensione sotto il re Assurbanipal.

Tuttavia, la ferocia e la durezza della loro dominazione, concorrono al tramonto del loro vasto impero, segnato alla fine del VII sec. a.C. dalla caduta della capitale Ninive. Recenti studi archeologici ipotizzano che alla base del crollo della civiltà assira ci siano significativi cambiamenti climatici con conseguenti gravi siccità.

Al declino della potenza assira concorrono le rivolte dei Babilonesi, che danno così origine al loro secondo regno, segnato da un periodo di gran splendore tra il VII e il VI secolo a.C.

A questa fase risalgono le pittoresche e possenti mura della città di Babilonia, che insieme ai “Giardini Pensili”  erano ritenute dagli antichi  una delle sette meraviglie del mondo. La doppia cinta muraria presentava nove porte monumentali, quattro delle quali venute alla luce e dotate di mirabili effetti decorativi.

Le mura, oltre ai rigogliosi giardini, custodivano un palazzo monumentale dedicato al dio Marduk, che alcuni studiosi identificano con la biblica Torre di Babele.

Al regno neobabilonese pone fine, nel 539 a.C., la conquista dei Persiani, popolo indoeuropeo stanziato fin dal II millennio a.C. nell’altopiano iranico, ossia nell’ampia regione a est della Mesopotamia.

L’arte mesopotamica

L’arte mesopotamica presenta un carattere essenzialmente divino e risulta dunque poco incline a raffigurare la realtà; piuttosto, è propensa a renderne gli aspetti simbolici,  tendendo a una maestosa solennità e a forme schematiche, pressoché squadrate. Si riscontra, inoltre, un’esasperata ricerca di uniformità, che sfocia spesso in una ripetizione ossessiva, dovuta alla prevalente esigenza di esprimere sacralità. Questi stilemi(*) vengono meno soltanto nelle raffigurazioni paesaggistiche, caratterizzate da una fantasiosa vivacità.

In architettura, il monumento simbolo della città mesopotamica è la ziggurat, diffusasi sul finire del III millennio a.C., in concomitanza all’uso dei mattoni(*).

Ziggurat della città sumera di Ur (attuale Iraq),                          XXII-XXI sec. a.C.

La ziggurat è una struttura colossale, una sorta di tempio-palazzo che domina la città. Ha pianta quadrangolare ed è costituita da terrazze sovrapposte, man mano più piccole e collegate tra loro da scale e rampe porticate esterne. Nella parte alta trova posto la cella del tempio, dove dimorano le statue delle divinità, mentre le sale dei piani bassi, in genere, ospitano i luoghi di culto e di rappresentanza.

Al sovrano e alle divinità sono dedicate anche tutte le altre espressioni artistiche della cultura mesopotamica, segnate da un’idea di grandiosità celebrativa.

Le statue, per lo più di piccole dimensioni, hanno un carattere fortemente simbolico e mirano a celebrare il potere della divinità o del re effigiato. Non ci sono riferimenti individualistici, mancano i dettagli, non si ha alcuna pretesa realistica: quello che conta è appunto la simbologia del potere. La statua della divinità viene così a coincidere con la divinità, ecco perché appare solenne e austera.

Statua di Gudea, arte                 sumera,  2.150 a.C. ca

La produzione scultorea dei popoli mesopotamici, inoltre, è particolarmente dedita alla realizzazione di rilievi(*) posti a decorare gli interni delle stanze dei palazzi reali. Di solito queste raffigurazioni mirano a celebrare le gesta del sovrano, in particolare attraverso scene di guerra o caccia. Rispetto alla statuaria, si può qui riscontrare una maggiore attenzione ai dettagli e un orientamento più realista, con una singolare verve narrativa.

Risale al primo regno babilonese il rilievo della celebre Stele del codice di Hammurabi, un blocco di pietra nera di basalto, alto più di due metri, su cui viene raffigurato il famoso sovrano nell’atto di ricevere dal dio del Sole i 282 articoli delle leggi, trascritti in caratteri cuneiformi sulla parte inferiore del monumento.

Altri rinomati esemplari plastici provengono dalla civiltà assira, dal grandioso Palazzo di Sargon II a Khorsabad, dove compare l’utilizzo precoce dell’arco e della copertura a volta. Il portale di accesso era decorato da monumentali sculture in alabastro calcareo, oggi esposte a Parigi, nel Museo del Louvre. Esse raffigurano i Lamassu, grandi tori alati androcefali, gli spiriti benevoli e protettivi della civiltà mesopotamica. Il loro aspetto austero è vivacizzato da un leggero senso di movimento leggibile nella visione laterale, mentre i giochi chiaroscurali enfatizzano i dettagli ornamentali del copricapo e della lunga barba a treccine.

Riguardo la pittura mesopotamica, risultano esigue le testimonianze pervenute ad oggi. In compenso, si segnala una spiccata produzione artigianale nella realizzazione di ceramiche, gioielli(*) e oreficerie; si tratta di opere segnate da una singolare propensione alla preziosità  e alla ricchezza decorativa.

Originale anche la produzione di stendardi, ossia pannelli ornamentali decorati da entrambi i lati, in genere di forma rettangolare. Sono realizzati con grande accuratezza e presentano una vivace vena descrittiva, con un’impostazione per sequenze orizzontali. Le figure sono in madreperla o conchiglia e vengono inserite su uno sfondo di lapislazzuli per rappresentare scene di vita quotidiana, cerimoniali di corte, parate militari e riti religiosi.

Celebre lo Stendardo di Ur, mirabile esempio di artigianato sumero, risalente a un periodo compreso all’incirca tra il 2.900 e il  2.450 a.C. e oggi conservato a Londra, nel British Museum.

L’opera, ritrovata all’interno di una necropoli in Iraq, è in legno intarsiato con lapislazzuli, conchiglie, calcare e bitume; sulle due facce principali, rettangolari, cortei di uomini e animali si snodano su tre registri sovrapposti per narrare da un lato scene di guerra e, dall’altro, rappresentazioni di pace; sulle due parti laterali, dalla forma trapezoidale, sono invece raffigurate tematiche mitologiche.

Le accurate fattezze esecutive mostrano l’alta qualità artigianale del manufatto, realizzato con ogni probabilità per assolvere a una funzione devozionale.  

Lo Stendardo di Ur, così come le altre opere artistiche esaminate, testimonia la straordinaria fioritura culturale emersa tra le progredite civiltà mesopotamiche, in stretta connessione al loro sviluppo socio-economico.

 Mariaelena Castellano

PER SAPERNE DI PIU' ...

(*)L’INTRODUZIONE DEI MATTONI

La scarsa disponibilità di pietre e legname nel territorio mesopotamico fa sì che sul finire del III millennio a.C.  ci si ingegni per scoprire nuovi materiali costruttivi. Nasce così il mattone, ricavato mescolando acqua, argilla e paglia in uno stampo a forma di parallelepipedo. L’impasto ottenuto viene lasciato essiccare al sole oppure, di rado, cotto in una fornace.

I mattoni assumono un ruolo fondamentale nell’architettura mesopotamica, consentendo notevoli vantaggi di praticità costruttiva grazie alla leggerezza del materiale.

(*) I GIOIELLI MESOPOTAMICI

L’arte della gioielleria viene perfezionata ai massimi livelli dai popoli mesopotamici, in particolare dai Sumeri.

I gioielli rivestono una grande importanza decorativa e vengono indossati da tutti, anche dagli uomini e dai ceti meno abbienti. La loro produzione si avvale di materiali diversi (oro, argento, pietre preziose) e si distingue per l’eleganza e la raffinatezza, nonché per la sorprendente varietà dei modelli.

 

IMPARIAMO I TERMINI

(*)STILEMA: Unità relativa a una scelta stilistica nell’ambito lessicale, sintattico o morfologico. Per estensione, nel campo culturale e artistico: movenza stilistica di un autore, di una scuola, di un periodo.

(**)RILIEVO: Opera scultorea disposta su un piano di fondo. A seconda della sua sporgenza si distingue in altorilievo e bassorilievo. 

Per la stesura di questa lezione, oltre alla generale bibliografia di riferimento, inserita nella presentazione della rubrica, sono stati consultati anche i seguenti siti:

www.misterbrick.com/la-storia-del-mattone-quali-sono-le-sue-origini/

www.historiaproject.com/le-civilta-mesolitiche/

https://www.repubblica.it/scienze/2020/01/21/news/la_grande_siccita_che_cancello_gli_assiri-246300154/