Il rapido sviluppo della scultura in età romanica è strettamente connesso allo straordinario impulso dell’architettura, di cui le arti plastiche costituiscono parte integrante. Questo legame spiega il prevalente imporsi delle sculture a rilievo, mentre piuttosto rare risultano le produzioni di statue a tutto tondo, realizzate perlopiù in legno.

I rilievi, invece, invadono le facciate delle chiese, sovrastano portali, lunette e capitelli, per poi riversarsi negli spazi interni, rivestendo gli arredi liturgici con iconografie in genere ispirate alle storie del Vecchio e del Nuovo Testamento.

Nascono così nuove tipologie ornamentali, come pergami scolpiti, portali  istoriati e protiri sostenuti da leoni stilofori.

I decori scultorei, realizzati in marmo, pietra, alabastro o stucco, s’insinuano tra i punti dotati di maggiore visibilità, in modo da garantire una piena fruizione ai fedeli. Timpani, lunette, capitelli e cornici si animano di vivaci e spesso fantasiose narrazioni, destinate a fornire conoscenze e insegnamenti religiosi a un pubblico spesso analfabeta.

Anche le iconografie estranee alle tematiche sacre intendono rivelare saperi attraverso apposite immagini. Tra i soggetti profani più diffusi meritano menzione il susseguirsi delle stagioni, spesso rapportate al ciclo dei Mesi e ai segni dello zodiaco; le narrazioni tratte dalla vita quotidiana, in particolare la rappresentazione dei mestieri artigianali e dei lavori agricoli, con i quali l’uomo del Medioevo si riscatta dalla maledizione biblica; inoltre, motivi floreali e geometrici d’ispirazione bizantina e islamica fungono spesso da cornice alle varie raffigurazioni.

Di particolare interesse risulta, poi, il repertorio del bestiario medievale: dragoni, animali esotici e creature infernali simboleggiano una visione tormentata della vita, intesa come perenne scontro tra il Bene e il Male.

Dal punto di vista stilistico, la produzione scultorea romanica trae ispirazione dai grandi monumenti della tarda antichità romana.

I corpi acquistano un volume e una maggiore definizione spaziale, inserendosi in ambienti caratterizzati dalla presenza di elementi naturali. Ciò non implica il ritorno a un linguaggio realistico: le proporzioni sono piuttosto goffe e le espressioni mancano di intenti fisionomici; inoltre, gli atteggiamenti dei personaggi rivelano ancora una certa rigidità.

Tuttavia, questa genuina semplicità narrativa dona un’intensa espressività alle immagini scolpite: le scene si distinguono per un’efficace immediatezza comunicativa, finalizzata a semplificare la comprensione degli insegnamenti morali.

In Italia, una più ampia diffusione dei modi scultorei romanici si verifica nell’area centro-settentrionale, grazie ai maggiori contatti con la Francia, dove questo linguaggio conosce sviluppi intensi. Questa considerazione spiega la fioritura in area emiliana delle due rilevanti personalità artistiche di Wiligelmo e di Benedetto Antèlami.

La fama di Wiligelmo si diffonde a livello europeo, grazie alle sue straordinarie doti di immediatezza espressiva e di saldezza plastica del modellato.

L’artista opera tra l’XI e il XII secolo nel cantiere della Cattedrale di Modena, dove realizza quattro lastre marmoree collocate sulla facciata e raffiguranti episodi tratti dal libro della Genesi, tra cui segnalo “La Creazione di Adamo ed Eva e il Peccato originale”.

Benedetto Antelami, invece, risulta attivo in una fase più tarda, tant’è che la sua opera è da considerarsi come preludio all’arte scultorea gotica.

Di Antelami non risultano notizie attendibili. Sappiamo che opera a Parma e nell’Italia Settentrionale, tra il 1178 e il 1230 circa. Gli sono attribuiti il progetto architettonico e i disegni dei decori a rilievo dell’interno e dell’esterno del Battistero parmense, caratterizzati da un programma iconografico unitario.

L’artista firma anche la celebre Deposizione di Cristo dalla croce, datata 1178 e oggi murata nel transetto del Duomo di Parma, dopo lo smembramento del pergamo per il quale era stata concepita.

Il fatto che Antelami apponga la propria firma sull’opera definendosi sculptor dimostra la consapevolezza provata nel sentirsi ideatore ed esecutore di questa narrazione sacra scolpita in pregiato marmo rosa di Verona.

Al centro, la scena  è dominata da un monumentale Cristo in croce.

A sinistra, un tondo con la personificazione del Sole, simbolo di luce e positività, sovrasta le tre Marie, San Giovanni e la Vergine, intenta ad accarezzare la mano del Figlio, sostenuta dall’arcangelo Gabriele in volo. Giuseppe d’Arimatea si appresta a  deporre il corpo del Salvatore, precedendo una figura minuta, allegoria della Chiesa vittoriosa.

La parte destra, invece, dominata dalla personificazione della Luna, si apre con il taglio diagonale di una scala, sulla quale Nicodemo toglie un chiodo dalla mano del Cristo. Sotto di lui, trova posto l’allegoria della Sinagoga, a cui l’arcangelo Raffaele fa chinare il capo; a seguire, uno schieramento di soldati e, in primo piano, l’episodio delle vesti del Cristo giocate ai dadi.

La composizione si distingue, quindi, in due scenari simboleggianti il Bene e il Male: la Salvezza, a cui alludono i personaggi di sinistra, e il Peccato, raffigurato nella parte destra. Tuttavia, le lunghe e sproporzionate braccia del Cristo, aperte su entrambi i lati, accolgono tutti con pia benevolenza.

L’opera, nutrita di una mirabile compostezza formale e di un’accurata impostazione simmetrica, si avvale sia di stimoli attinti dalla tradizione, sia di significative aperture innovative.

La modesta volumetria e la rigida definizione dei personaggi sono, per esempio, un chiaro rimando al linguaggio romanico, mentre nei tondi con le personificazioni del Sole e della Luna, nonché nel fregio ornamentale che incornicia la scena, si ravvisa, invece, un richiamo al repertorio classicheggiante, di cui il Maestro possiede salda conoscenza.

Inoltre, l’andamento ritmico del racconto e l’eleganza dei panneggi, come la più definita ricerca spaziale e l’articolata resa prospettica attestano l’attenzione di Antelami a quei primi importanti sentori della nascente corrente scultorea gotica, a quel tempo già affermatasi in territorio francese.

Mariaelena Castellano

Immagine di copertina: Gislebertus, Eva, architrave dal distrutto portale settentrionale della chiesa di Saint-Lazare ad Autun (1130 circa)

DENTRO L'OPERA

(*) Creazione di Adamo ed Eva e Peccato originale Wiligelmo – (1099-1106)  – Cattedrale di Modena, facciatabassorilievo su marmo.

In questa lastra, collocata al di sopra del portale sinistro della Cattedrale, si snodano tre diverse scene della Genesi: la Creazione di Adamo, la Creazione di Eva e il Peccato originale.

I diversi momenti sono riuniti in un unico scenario sormontato da piccoli archi retti da esili colonne. Essi richiamano anche il motivo decorativo del loggiato che percorre la facciata della Cattedrale..

Come per il verso della scrittura, la narrazione del rilievo procede da sinistra a destra e gli episodi, se pur distanti in termini temporali, risultano legati tra loro in rapide sequenze.

Nella prima scena, a sinistra, due angeli inginocchiati reggono in modo piuttosto impacciato una mandorla contenente il Signore in gloria.

Il Dio Padre compare anche nelle due scene successive per creare il primo uomo e la prima donna; nell’ultimo episodio, invece, Dio non presenzia, poiché a manifestarsi è il Male, che assume le sembianze del serpente tentatore per indurre i due progenitori al peccato.

In questa veloce successione di immagini, i corpi acquistano volume; si sporgono con gesti goffi, poco credibili, ma appaiono caratterizzati da una viva espressività. Si notino, inoltre, la ieratica maestosità del Dio Creatore e lo studiato effetto dei panneggi della sua veste; il senso di spaesamento di Adamo ed Eva, timorosi e increduli nel solenne momento della creazione; l’attenzione ai dettagli naturalistici, ravvisabili nell’andamento scosceso del rivo e della roccia su cui è adagiato Adamo, come nell’albero della conoscenza su cui s’intreccia il serpente.

Attraverso questo racconto biblico, Wiligelmo esprime con gran semplicità ed efficacia comunicativa gli stati d’animo e le storie dei personaggi.