Non è bastata l’assoluzione in sede penale a G.L., graduato in forza al Commissariato di Polizia di Sorrento dal 1991 al 2005. Il Tar Lazio infatti, con una sentenza depositata nella giornata di oggi, ha riconosciuto la bontà del provvedimento adottato nel lontano 2007 dal Ministero degli Interni.

Un provvedimento con il quale veniva comminata la sospensione dal servizio per quattro mesi.

I fatti risalgono al periodo in cui al poliziotto erano stato affidate anche le mansioni di addetto inserimento dati MO.AR (movimentazione armi). Nell’ambito di queste procedure di verifica dei requisiti per il possesso di armi aveva prestato la propria collaborazione anche al di fuori dagli specifici compiti assegnatigli e, in particolare, rispondendo alle richieste di spossessamento delle armi da parte dei titolari, procedendo alla rottamazione delle stesse o alla loro cessione, previa verifica dei presupposti di legge, a coloro che ne avessero fatto richiesta, come indicato dai responsabili del reparto.

Tuttavia, all’esito di un’ispezione ad opera della Questura di Napoli, era stata contestata l’irregolarità delle procedure poste in essere, con conseguente avvio sia del procedimento disciplinare che di un’indagine penale, poi conclusasi nei suoi confronti con una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.

I Giudici amministrativi, però, hanno posto a fondamento della propria decisione…

“…la motivazione espressa dal Consiglio Provinciale di Disciplina, materialmente allegata, nella quale si dà atto che il ricorrente, in collaborazione con il responsabile dell’ufficio, si è appropriato in più occasioni di armi consegnate dai privati detentori a fini di distruzione, cedendole nella disponibilità di colleghi o di soggetti privati, uno dei quali non autorizzato, in violazione delle leggi che disciplinano la materia”.

Un comportamento che, sempre secondo il Consiglio Provinciale, rappresenta…

“…una grave negligenza, disciplinarmente censurabile, in quanto nella gestione delle procedure e degli adempimenti connessi alla rottamazione delle armi, queste, anziché essere consegnate alla Direzione Artiglieria per la distruzione, venivano attribuite nella disponibilità di terzi senza il preventivo consenso da parte dei cedenti”, e che il coinvolgimento del ricorrente era evidente in almeno due casi, in cui il verbale di consegna delle armi recava l’annotazione dello stesso”.

Tutte considerazioni ritenute  idonee ad integrare la motivazione della sanzione irrogata e risultano aderenti ai dati di fatto che emergono dagli atti del procedimento.

Per cui, come è riportato ancora nella sentenza del TAR…

“…Anche la scelta della sanzione da irrogare risulta rispettosa del principio di proporzionalità, se si considera la particolare attenzione che deve essere prestata al rispetto della disciplina afferente le armi e l’immediata percezione del disvalore delle violazioni di tale disciplina da parte di un appartenente alle forze dell’ordine”.

Ora a G.L., attualmente in servizio presso la Questura di Roma, non resta da fare altro che ricorrere in Consiglio di Stato per continuare a perorare ancora le sue ragioni.