Nel panorama scultoreo del secondo classicismo, un ruolo fondamentale spetta a Lisippo,  artista innovativo, aperto all’elaborazione di un linguaggio fondato su nuovi equilibri.

Nato a Sicione, sulla costa settentrionale del Peloponneso, intorno al 390 a.C., è attivo all’incirca tra il 370 e il 305 a.C.

Lo scultore, come già Policleto, incentra la sua ricerca sul nudo maschile atletico, con la predilezione dell’uso del bronzo. Tuttavia, a differenza dell’artista di Argo, prende le distanze dal modello ideale e pone più attenzione all’introspezione del soggetto e alla realtà circostante.

Come racconta Plinio, Lisippo rappresenta ciò che vede. Questa propensione a guardare e raffigurare il naturale costituisce la premessa al suo spiccato interesse per la ritrattistica, un genere in cui eccelle e che gli consente di diventare l’artista prediletto di Alessandro Magno.

Oltre alle numerose effigi del sovrano macedone, l’artista propone svariati ritratti con statue di filosofi, dove mostra una più spiccata attenzione alla resa fisionomica e psicologica.

Socrate, copia da un originale di Lisippo del 330 a.C., Roma, Musei Capitolini.

Del resto, il sentimento interiore è sempre indagato nei personaggi di Lisippo: divinità, atleti, condottieri o filosofi che siano, essi sprigionano i più variegati moti dell’animo, resi attraverso una grande intensità espressiva.

Le sue opere, inoltre, rivisitano il canone policleteo, con la messa a punto di nuove proporzioni, acquisendo così movimenti più naturali e un maggior senso di libertà nello spazio. La figura umana diventa più snella e il capo si rimpicciolisce.

Queste conquiste sono particolarmente evidenti nel celebre Apoxyòmenos (*), dove è chiaramente percepibile il passaggio dalla raffigurazione classica idealizzata alla resa dell’individualità del soggetto.

Oramai il classicismo volge ormai al tramonto e i tempi sono maturi per  l’avvio di un  nuovo linguaggio artistico fondato sul realismo e sul pathosLisippo ci traghetta dunque all’Ellenismo, la quarta e ultima fase in cui è stato distinto lo studio dell’antica civiltà greca, un periodo di cui avremo modo di parlare nelle prossime lezioni.

Mariaelena Castellano

PER SAPERNE DI PIÙ…

(*)  LISIPPO, IL RITRATTISTA DI ALESSANDRO MAGNO

Lisippo approda alla corte macedone quando Alessandro Magno ha soltanto sedici anni.

Una volta salito al trono, il giovane figlio di Filippo II sceglie lo scultore di Siciòne come suo ritrattista favorito.

Delle numerose effigi lisippee del sovrano macedone, così ben documentate dalle fonti scritte, restano purtroppo poche copie realizzate nei secoli successivi, come l’Alessandro con la lancia, un esemplare  proveniente dall’Egitto e oggi conservato a Parigi, nel Museo del Louvre.

Dall’osservazione di quest’opera si può cogliere la concezione eroica e atletica che ancora anima il linguaggio di Lisippo, rinnovato però dal venir meno di quell’astrazione idealizzante tanto cara alla tradizione classica.

Anche in altre copie pervenuteci, il valoroso condottiero è raffigurato con naturalezza e con una maggior resa fisionomica. Inoltre, Lisippo trasforma un  difetto fisico di Alessandro in un’opportunità simbolica: si tramanda che il giovane sovrano avesse un’innaturale propensione a reclinare il capo su una spalla; un’opera classica avrebbe ignorato l’imperfezione, mentre Lisippo propone questo atteggiamento  facendogli volgere lo sguardo verso l’alto in una sorta di conversazione spirituale con le divinità.

DENTRO L'OPERA

(*)  APOXYÓMENOS  

Una testimonianza fondamentale del nuovo canone lisippeo è fornita dalla statua bronzea scolpita intorno al 320 a.C. e raffigurante l’Apoxyòmenos,  “ colui  che si deterge”. Perduto l’originale, l’opera è nota  attraverso la celebre copia romana in marmo, custodita nel Museo  Clementino, in Città del Vaticano.

L’atleta di Lisippo non gareggia, né trionfa, ma risulta impegnato in un’azione tratta dalla sua quotidianità ginnica: si deterge il sudore con uno strigile(*).

In concomitanza con la scelta iconografica, il volto è definito con una gran carica espressiva: gli occhi, la bocca e il naso sono ravvicinati tra loro, le ciocche di capelli sono mosse e la fronte è leggermente corrucciata per mostrare lo sforzo fisico appena effettuato.

Lo schema policleteo impostato sulla tensione e sul riposo degli arti è ormai superato. La figura, infatti, è sbilanciata in avanti, dialoga con lo spazio circostante, ha una gamba flessa  e protende le braccia come se fosse realmente in grado di muoversi.

Questa sensazione è suggerita anche dal maggiore slancio conferito attraverso il rimpicciolimento della testa e la resa più snella della corporatura, secondo un’impostazione dove anche il vuoto dell’aria assume una valenza per l’effetto di dinamismo.

L’atleta non appare in posa, è naturale, ha l’atteggiamento sciolto di chi è colto di sorpresa in un momento occasionale. Eppure, dietro questa spontaneità c’è uno studio attento, votato a delineare la disposizione del corpo e l’equilibrio delle sue masse. Per la prima volta nella statuaria, la visione integra del busto risulta interrotta dalla presenza delle braccia e ciò concorre a una piena fruizione dell’opera, pensata per essere visibile da diverse posizioni accrescendo così l’impressione del suo movimento.

IMPARIAMO I TERMINI

(*) STRIGILE:  Strumento d’osso o di metallo, ricurvo e fornito di manico, usato nell’antichità per detergere il corpo dopo il bagno o anche dopo le gare ginniche.

VISITIAMO!

(*) L’ERCOLE FARNESE  DEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI

Secondo quanto attestano le fonti, Lisippo si dedica più volte al soggetto mitologico di Eracle proponendone più versioni.

Una di queste, raffigurante l’Eracle a riposo, è resa nota dalla colossale copia marmorea realizzata dall’artista greco Glykon, oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

L’opera, rinvenuta nel XVI secolo a Roma, nelle Terme di Caracalla, entra a far parte delle collezioni della famiglia dei Farnese.  Nel Settecento, il ricco patrimonio artistico accumulato dal nobile casato giunge a Napoli per il passaggio ereditario a Ferdinando IV di Borbone dalla nonna materna Elisabetta Farnese.

Del cospicuo nucleo di opere destinato al Museo Archeologico  fa parte anche la copia dell’Eracle lisippeo, nota appunto come “Ercole Farnese”.

L’eroe ha i piedi ben poggiati a terra e si erge nella sua possente robustezza, probabilmente enfatizzata dal copista.

Eracle ha l’espressione pensierosa, il suo sguardo suggerisce un senso di intima malinconia. Il  corpo muscoloso si lascia andare a un momento di abbandono e trova appoggio sulla clava coperta dalla leonté, la pelle del mitico Leone di Nemea.

Anche in questo caso, Lisippo non rappresenta un momento di gloria, ma inserisce il  soggetto in una dimensione più umana e individuale.