Da metà dicembre scorso a sedere sulla panchina della Lardini Filottrano, per cercare di salvare la locale società di serie A1 di pallavolo femminile, c’è un carottese. Dalla gelateria di famiglia sulla Ripa di Cassano al piccolo paesino sito sulla collina marchigiana ci sono circa 450 km di distanza, ma la strada che Mister Peppe Nica ha dovuto compiere in in 28 anni di carriera per coronare il proprio sogno di allenare al massimo livello è stata ben più lunga e tortuosa. 

I miei ricordi di Peppe Nica risalgono a circa 17-18 anni fa, quando ci alternavamo negli orari di allenamento della Palestra della scuola media Tasso di Sorrento. 

Io, giovane allenatore di pallacanestro alle prime armi, seguivo le mie prime “cavie” alla Penisola Basket Sorrento, lui già un po’ più esperto era alla guida della Libertas Sorrento ed iniziava a plasmare Monica De Gennaro che sarebbe diventata nel tempo una dei migliori liberi a livello mondiale. 

Penalizzati dalla mancanza di spazi e tempo a disposizione entrambi eravamo uniti dall’ambizione, da una voglia esagerata di allenare le nostre squadre e cercavamo a turno di “rubare” cinque minuti all’allenamento del successivo. 

Erano anni belli. Si cercava di fare il massimo con il poco disponibile e si collaborava in estate con altri amici a Sant’Agnello per organizzare Semplicemente Sport una delle manifestazioni sportive più belle e riuscite di sempre in Penisola Sorrentina. 

Da lì a poco Peppe avrebbe preso la valigia ed assieme alle sue pupille più promettenti sarebbe sbarcato a Vicenza, per ricoprire per sette lunghi anni il ruolo di Responsabile di Settore Giovanile di una delle società più prestigiose del panorama nazionale, aggiungendo altri scudetti a livello giovanile e l’esordio in serie A come capoallenatore. 

A quel punto il suo percorso da professionista nel mondo della pallavolo si era intrecciato con quello ancor più impegnativo di marito e padre. Alcune esperienze negative in Campania, un breve passaggio a Vercelli, contesti sempre più difficili per vivere il ruolo da professionista avevano spinto Nica ad accantonare quasi del tutto il sogno nel cassetto. 

Poco meno di un mese fa chiacchierando con un’amica la notizia della sua promozione a capo allenatore della Lardini in serie A1 Femminile. 

Da lì il desiderio di dedicargli questo meritato spazio. 

E’ uscita fuori una telefonata di un’oretta in cui tra ricordi, spunti tecnici e tanti punti di vista condivisi è trapelata accanto alla gioia per la chance attuale anche l’amarezza di esser costretti ad andare molto lontano dalla propria terra e dai propri affetti pur di seguire una passione e realizzare i propri sogni. 

D.: Ciao Peppe, ci incrociavamo alla Palestra Tasso una ventina di anni fa al cambio degli allenamenti delle nostre squadre. Ti ritrovo capoallenatore in serie A1 Femminile di pallavolo, in che momento di vita arriva questa occasione?

R.: Arriva in un momento del tutto inaspettato ed in un periodo in cui ero totalmente rassegnato. Nove anni fa per motivi familiari avevo deciso di riavvicinarmi a casa e fare esperienza sportiva al Sud. Tra Napoli, Scafati e Castellammare di Stabia avevo sommato tre stagioni di promesse non rispettate, stipendi non pagati e progetti puntualmente svaniti. Completamente disilluso mi ero convinto di non poter più vivere questa passione come un lavoro, avevo scelto di fare un passo indietro e dare una mano ad un gruppo di amici collaborando con la Gimel Sant’Agata.  Lo scorso anno e’ arrivata la chiamata da Filottrano per seguire nuovamente un progetto di settore giovanile ambizioso e di alto livello. A metà dicembre complici i risultati negativi della prima parte di stagione, la società ha esonerato l’allenatore chiedendomi di subentrare in per tentare di salvare la squadra. Così è nata la chance di allenare in serie A1.

D.: Una storia singolare. Adesso giri palazzetti di serie A, durante la settimana vivi pallavolo h24. La domenica ti potremo anche sostenere per qualche diretta televisiva su Raisport. Meno di due anni fa ti toccava prendere la macchina da Piano,  salire a Sant’Agata spesso sfidando un po’ di nebbia serale per andare ad allenare alla Palestra Pulcarelli e nel weekend accompagnare un nugolo di bimbe alle prime armi in qualche palestra gelida di provincia napoletana. Emotivamente come vivevi quell’esperienza?

R.: Ho cercato di lavorare sempre con la professionalità che mi contraddistingue tuttavia spesso erano le condizioni oggettive a non permettere di innalzare il livello oltre l’amatoriale. Assenza di strutture, difficoltà a reperire spazi per allenamenti, impossibilità ad allenare le ragazze in prime fasce orarie pomeridiane, erano tutte situazioni che limitavano l’attività e fomentavano sicuramente rabbia ed un pizzico di frustrazione perché rappresentavano freni enormi ad un progetto di crescita.

D.: Eppure venti anni fa eri partito in situazioni simili ed eri riuscito comunque a raggiungere traguardi incredibili, lanciando la tua carriera professionale, cosa cambia con il passare del tempo?

R: Quando sei giovane sei animato da grande energia e se sei una persona ambiziosa questa “fame” ti porta a superare spesso qualsiasi ostacolo. Il tempo, l’esperienza ti donano saggezza ma allo stesso tempo ti levano un po’ di vigore. La realtà si analizza in modo più oggettivo e se ti scontri sempre con le stesse difficoltà spesso non dipendenti da te. Diventi stanco di combattere.

D.: Segui le vicende sportive peninsulari in generale? Rispetto alle realtà extraregionali che hai vissuto come valuti la situazione della pallavolo in costiera?

R.: Onestamente seguo solamente le vicende riguardanti il volley. Apprezzo la positiva crescita che sta avendo una realtà come la Folgore Massa. Stimo il lavoro che sta facendo il direttore sportivo Fabrizio Ruggiero perché sono consapevole delle enormi problematiche economiche e logistiche esistenti per portare avanti un’attività di livello. Allo stesso tempo con piacere verifico il proseguimento di fattive collaborazioni (Sant’Agata e Sant’Agnello) alla cui nascita ho avuto il piacere di contribuire. In base all’esperienza che ho maturato posso dire che in Penisola c’è una cultura pallavolistica enorme, anche maggiore rispetto ad altre zone d’ Italia. Lo dimostra il numero di appassionati, di tesserati ed anche la produzione di giocatori e giocatrici a buon livello che c’è sempre stata. Con condizioni strutturali migliori non sarebbe un’utopia poter apprezzare la pallavolo di vertice dal vivo sul nostro territorio. Le società dovrebbero iniziare a consorziarsi per lavorare con un fine comune, strutturarsi in maniera più professionale passando da un sistema basato sul volontariato ad uno più aziendale. Il sistema politico dovrebbe però aiutare questo passaggio creando le condizioni affinché nel raggio di 10 km si ragioni come unica entità e non quattro distinte.  Oltre al ponte di Seiano c’è un mondo, ma spesso siamo talmente chiusi al confronto da non accorgercene. 

D: Sono assolutamente d’accordo con te. Nel settore sportivo rappresenti una eccellenza della nostra terra, eppure ti chiedo se sei mai stato consultato per offrire un parere su come migliorare il sistema sport? Sei mai stato coinvolto a livello politico per cercare di dare un contributo? Nel caso cosa ti sentiresti di consigliare?

R: Onestamente, lasciando da parte le chiacchierate con Giovanni Ruggiero, ex sindaco di Piano di Sorrento, a cui mi unisce una conoscenza  di lunga data, nessuno ha mai sentito il bisogno di chiamarmi in causa. La realtà è che in Penisola Sorrentina lo sport interessa veramente poco a livello politico ed a parte qualche manifestazione di facciata non si fa nulla per migliorare la situazione. Sicuramente bisognerebbe partire dall’impiantistica. Pensiamo solamente ad una realtà come di Piano di Sorrento dove non esiste una struttura dove poter praticare e svolgere campionati federali di pallavolo, pallacanestro o di altri sport al coperto. Che qualità di vita offriamo ai nostri figli senza dargli spazi degni per poter praticare sport ed alimentare dei sogni? Se poi pensiamo che c’e anche un’area di destinazione sportiva già definita (Pozzopiano) e basterebbero pochi soldi e breve tempo per coprire il campo attualmente all’aperto allora ti assale una rabbia immensa.

D: Condivido totalmente il tuo stato d’animo, meglio cambiare argomento. Quale è il ricordo più bello che serbi degli inizi della tua professione e qual è il sogno che conservi ancora nel cassetto?

R: Il ricordo più bello è legato sicuramente alla vittoria dello scudettino Under15 con la Libertas Sorrento. Per me allenare in questo momento in serie A rappresenta un sogno, lo sto vivendo e lotterò sino alla fine con la mia squadra per mantenerlo vivo. Se penso a qualcosa di superiore posso solo sperare di poter allenare sempre al massimo livello in una situazione più vicino casa, senza costringere la mia famiglia a sacrifici enormi.

D: La famiglia: come gestisce un allenatore professionista il rapporto durante la stagione?

R: Devo ringraziare la mia famiglia per l’appoggio che mi offre quotidianamente. Purtroppo vista la distanza durante il periodo agonistico le occasioni per vedersi sono molto rare. Mia moglie quando può sale a trovarmi. Come i marittimi cerco di recuperare nel periodo estivo quando riesco a rimanere a casa per un paio di mesi per dedicarmi totalmente a loro.

D: Che messaggio ti senti di rivolgere ad un giovane sportivo della Penisola, sia esso un atleta o un allenatore alle prime armi?

R: Formarsi sempre perché l’allenamento, la conoscenza è alla base di tutto e nello sport se si vuol salire di livello ci vuole impegno a 360 gradi. Avere il coraggio di osare, l’ambizione ad andare oltre i propri limiti. Credere sempre nei propri sogni e non avere il timore di andare via per realizzarli.

Ciao Peppe, noi ti auguriamo di poter portare avanti il tuo sogno. Rappresenti un esempio positivo per chi fa sport, a maggior ragione per chi è partito da un territorio dove le condizioni per poter esprimersi sono ai minimi termini. Ti seguiremo con affetto e ti facciamo un grandissimo in bocca al lupo per la tua avventura!!! 

Massimo Costagliola di Fiore