Papà, lo so che lo devo fare, ma non ce la faccio a mantenere la mascherina tutto il tempo a scuola, mi manca il respiro e poi così lontani, senza nemmeno poter toccare i miei amichetti, ma per quanto tempo ancora?

Mi ticchettano nella mente gli occhietti spaesati di mia figlia Luciana ieri mattina, all’uscita della scuola. L’avevo appena “prelevata” da quel dedalo che hanno costruito ai nostri figli per difenderli da quel cazzo di virus.

Johnny, ma levala ‘sta mascherina, possibile che non possiamo darci un bacio, nemmeno abbracciare?

Questa volta lo sguardo triste è quello di mia mamma stamattina, dopo che le ho portato le medicine. L’ho guardata sorridendola con gli occhi. L’unica parte scoperta di quel viso che ha visto crescere sotto i suoi occhi per quarantanove lunghi anni.

Ad entrambe le ho detto di avere pazienza.

Ad entrambe le ho detto che passerà.

Ad entrambe le ho detto che bisogna resistere.

Resistere.

Resistere.

Resistere.

Intanto dentro di me c’era la paura per un nuovo lockdown sempre più incombente. Un avvoltoio sul nostro domani. Forse già a partire dalla prossima settimana. Per correre ai ripari. Per evitare che la situazioni degeneri proprio a Natale.

Poi i numeri, quei numeri.

Ieri in Campania, nella nostra Regione, il record dei record.

390 nuovi contagi.

Mai si era registrato un dato simile da quando è iniziata l’emergenza.

Un’escalation iniziata il 25 settembre, praticamente all’indomani della seconda incoronazione dell’Imperatore Vincenzo De Luca.

253.

274.

295.

286.

287.

Fino ai 390 di ieri.

Durante il lockdown ci eravamo fermati, il 2 aprile per l’esattezza, al massimo a 225.

Insomma altro che passerà, di questo passo davvero finiamo di nuovo chiusi dentro. Isolati e soli, come tante particelle di sodio nelle bottiglie dell’acqua Lete.

Poi è arrivato il dato di oggi.

Nuovo record: 392.

E’ finita: ho pensato.

Invece no, torna a tuonare l’Imperatore e cambia nuovamente le carte in tavola:

State tranquilli, la carica virale è minore ed il 98% dei positivi sono asintomatici.

Quasi a dire…

…è poco cchiù ‘e n’influenza.

Tanto è che ammorbidisce subito le restrizioni.

Via libera di nuovo a matrimoni e feste.

Ma che sta dicendo questa esimia testa di cazzo?

Allora hanno davvero ragione i negazionisti?

Ci stanno davvero prendendo per il culo?

Se è così, però, facciamola finita con ‘sta pagliacciata.

Buttiamo ‘ste mascherine, ‘sti gel igienizzanti, ‘sti guanti e corriamo tutti in piazza ad abbracciarci. A volerci bene. Usciamo dalle nostre campane di vetro e di paura.

Torniamo a vivere per la miseria. A vivere noi, i nostri genitori, i nostri figli.

Già i nostri genitori ed i nostri figli. Sono proprio loro quelli che stanno pagando il prezzo più alto.

I primi li stiamo sotterrando nella loro solitudine. Sepolti vivi in una bara composta da quattro mura, ancor prima che l’Angelo della morte li chiami a sé. Stanno perdendo i nostri abbracci, i nostri baci, il nostro affetto. Abbracci, baci ed affetto che rischiano di non ricevere più.

I secondi li stiamo educando a pane e virtuale. Allevando in recinti fatti di divieti e costrizioni. Stiamo creando una generazione asensoriale. Freddi automi  estranei persino a sé stessi.

Per quale motivo?

Per un qualcosa che è…

…è poco cchiù ‘e n’influenza…

…tanto che possiamo dare il via libera a buffet e banchetti e salvare gli incassi di alberghi e ristoranti?

I nostri affetti e i nostri sentimenti, però, non valgono meno di un fottuto buffet di un matrimonio o di un fottuto incasso di un ristorante.

Date il via libera anche a noi.

Se però quel bastardo di un virus non…

…è poco cchiù ‘e n’influenza…

…ma qualcosa che mette a rischio la salute nostre, quella dei nostri genitori e dei nostri figli allora chiudete davvero tutto.

Siamo davvero pronti a resistere, resistere, resistere, perché la nostra salute, ma soprattutto quella dei nostri figli e dei nostri genitori non vale meno di un fottuto buffet di un matrimonio o di un fottuto incasso di un ristorante.

Non rompeteci più le balle.

Diteci la verità.

Una volta per tutte.

Johnny Pollio