Il nostro tuffo nel passato ci catapulta nell’Anno Domini 2004.

Al Comune di Piano di Sorrento il Sindaco è Luigi Iaccarino.

All’ufficio tecnico invece si fatica a trovare un assetto.

L’ex Responsabile del settore, l’ingegnere Antonio Elefante, nel 2001 si era messo in aspettativa per candidarsi come Sindaco e sfidare proprio Iaccarino.

Le urne però riservarono una sonora bocciatura per il tecnico che si dovette limitare ad indossare i panni di leader dell’Opposizione.

Tralasciamo un attimo però ciò che avviene al Comune e trasferiamoci nuovamente al Catasto

Nel 2004 la particella sub 14 (quella recentemente fusa con la 13 e divenuta 35) fu oggetto di una modifica presentata proprio all’ufficio del Catasto. Una modifica che portava la seguente dizione:

“Recupero unità pregressa”.

Una formula che in genere indica l’inserimento di una unità immobiliare non riportata in precedenza nel nuovo catasto.

Già nel 2004 la particella veniva inserita come una D2: Alberghi e pensioni con fine di lucro

Bisogna dedurre che ciò avveniva al catasto, ma non di certo al Comune. Altrimenti che senso avrebbe avuto il rilascio del permesso a costruire in sanatoria relativo al cambio di destinazione d’uso avvenuto ben 13 anni dopo?

Per completezza di esposizione precisiamo che il cambio di destinazione d’uso si ha quando un’unità immobiliare classificata in un modo (ad esempio appartamento “A”) la si utilizza in altro modo (ad esempio albergo D2).

Per poter procedere a questo cambio serve una legittimazione anche urbanistica. Un provvedimento che solo al Comune possono rilasciare.

Ritorniamo al Comune

Nel caso che stiamo raccontando, dopo un iniziale orientamento favorevole da parte del funzionario dell’epoca, l’architetto Stefano Maglio, la situazione sembrò impantanarsi.

I successori di Maglio, compreso l’ingegnere Graziano Maresca espressero tutta la loro contrarietà.

Secondo Maresca visto che la proprietà ricadeva in zona 2 del PUT ed  A1 del Piano regolatore, l’intervento non poteva essere consentito.

Di cambi di destinazione d’uso nemmeno a parlarne.

Si finiva di fatto un vicolo cieco, da cui non si intravedeva via d’uscita, quanto meno fino al 10 aprile di quest’anno

In quella data avviene la svolta.

Arrivava il permesso di costruire in sanatoria, con quella strana dicitura:

“Opere di manutenzione straordinaria e cambio di destinazione d’uso di immobile”.

Cosa era cambiato?

La legge?

In effetti nel 2016 ci fu un decreto (il numero 222 – cosiddetto Scia) che nel provvedere riordino e schematizzazione dei titoli abilitativi, classificava come…

“Restauro e risanamento conservativo leggero”,

…realizzabile previa presentazione della CILA, gli interventi che consentono destinazioni d’uso compatibili con quella iniziale e come “Restauro e risanamento conservativo pesante” i lavori sulle parti strutturali, ma che consentono sempre destinazioni d’uso compatibili. In questo caso è richiesta la SCIA. Il decreto, al punto 8 della tabella di sintesi, classificava invece come “Ristrutturazione pesante” gli interventi che, all’interno delle zone A, che comportano mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d’uso. La norma prevedeva in questo caso il permesso di costruire, che poteva anche formarsi per silenzio-assenso ai sensi dell’articolo 20 del testo unico dell’edilizia.

Per qualcuno era una sorta di via libera.

A smorzare i facili entusiasmi interveniva la Cassazione, che, a distanza di pochi mesi, stoppava tutto e chiariva invece che…

“… il cambio di destinazione d’uso si qualifica sempre come un intervento di ristrutturazione edilizia pesante per cui è necessario il permesso di costruire”.

A questo punto Il Legislatore provava nuovamente a correre ai ripari e con la manovrina 2017 modificava la definizione di “restauro e risanamento conservativo”.

In questa tipologia di interventi ammetteva anche quelli implicanti il mutamento della destinazione d’uso “purché compatibile con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio e con le previsioni dello strumento urbanistico generale e dei relativi piani attuativi”.
Secondo molti era questa nuova definizione ad aprire definitivamente al cambio di destinazione d’uso all’interno dei centri storici.

C’è un problema però, anzi due.

PROBLEMA NUMERO 1: La “manovrina 2017” altro non era che la legge di conversione del Decreto Legge numero 50 del 24 aprile del 2017 (emanato 14 giorni dopo il rilascio del permesso di costruire in sanatoria). Non solo nella versione originale il decreto non prevedeva questa previsione innovativa.

La modifica era stata inserita solo in sede di conversione del decreto e quindi era diventata operativa solo a far data dal 21 giugno 2017 (più di due mesi dopo il rilascio del permesso in sanatoria).

PROBLEMA NUMERO 2: La “manovrina  2017”, pur ammettendo che possa liberalizzare i cambi di destinazione nei centri storici, non trova applicazione in aree in cui vigono piani paesistici, come il PUT che disciplina invece anche il Comune di Piano di Sorrento.

In pratica non può trovarsi qui la soluzione a questo cambio di indirizzo da parte dell’ufficio tecnico.

Allora, a meno che il Funzionario  nel provvedimento pubblicato all’albo non abbia commesso un errore e che quindi non ha permesso in sanatoria il cambio di destinazione d’uso, in virtù di cosa ha ritenuto conforme l’intervento?

Questa vicenda merita un ulteriore approfondimento, ovviamente non solo da parte nostra che ci stiamo limitando a raccontarla.

A quanto pare,  infatti, ci sono altre situazioni analoghe in attesa di risposta.

(FINE SECONDA PUNTATA)

C.d.B.