Ho incontrato per la prima volta Rosaria (nome di fantasia) per altre ragioni

Era sul finire di mese di maggio di quest’anno. Collaboravo ancora con la testata Agorà.

La terza, o forse quarta volta che ci parlammo mi chiese:

“Posso raccontarti una cosa? E’ la prima volta che ne parlo.”

Sulle prime rimasi sorpreso. Sorpreso, ma anche incuriosito.

Eravamo nella saletta interna di un bar. Nemmeno il tempo necessario per annuire e lei iniziò.

“Conosci la mia storia, sai che ho una figlia”.

Certo che la conoscevo. Daniela (altro nome di fantasia) ha poco più di quindici anni. Una volta ho incontrato anche lei.

Fino a qualche anno fa Daniela frequentava la scuola media di Piano di Sorrento.

Appresi da Rosaria che proprio tra i banchi, nel corso del terzo anno, Daniela ha cominciato ad apprendere i primi “rudimenti” ufficiali di educazione sessuale.

Nel corso dell’ora di religione

Rosaria si addentra nella storia

“Un giorno mi trovai a sfogliare il quaderno di religione di mia figlia. Non l’avevo mai fatto prima. Non che non la seguissi nello studio, ma che dire, non pensavo che religione potesse essere una materia su cui soffermare la propria attenzione”.

Invece?

“Invece all’improvviso fui colpita da ciò che era scritto in una pagina. In alto c’era il titolo: Usi impropri della sessualità. Era un vero e proprio decalogo. Sì, erano elencate, come dire, dieci “devianze”? Ebbene al primo posto vi era l’autoerotismo o masturbazione; al secondo i rapporti prematrimoniali; al terzo l’adulterio; al quarto l’omosessualità e via dicendo. Sgranai gli occhi. Stentavo a crederci. Richiusi il quaderno per verificare. Era proprio quello di religione”.

Anche io stentai a crederci. Capii presto dove Rosaria volesse arrivare.

No, non avrei mai potuto scrivere quello che mi aveva appena raccontato. Non perché non le credessi.

Era una vicenda un po’ troppo delicata. Mi servivano le “prove”.

Lei capì e finimmo con il parlare d’altro.

Pochi giorni fa ho incontrato nuovamente  Rosaria per strada

Un incontro fortuito. Mi ha fermato e, senza troppi convenevoli, mi ha detto:

“Ci ho pensato, ti mostrerò il quaderno, dimmi quando ci possiamo vedere”.

Così ora ho finalmente quel quaderno tra le mani. Vengo autorizzato persino a fotografarlo.

E’ la “prova” che cercavo.

Il decalogo degli atti impuri c’è.

E’ talmente anacronistico da apparirmi surreale.

Si può riprendere il racconto da dove era stato bruscamente interrotto qualche mese prima.

“In effetti ho sbagliato avrei dovuto farlo prima. Forse addirittura subito. Sarei dovuta andare a scuola a parlare con l’insegnante o magari con la Preside”.

Così non fu. Anzi fu tutto accantonato

Messo da parte, senza nemmeno pensarci su più di tanto

“Avevo paura che mia figlia potesse subire ritorsioni, era all’ultimo anno. Sai come funziona. Noi genitori ci facciamo un sacco di problemi quando si tratta di fare storie a scuola. Non mi sono confrontata nemmeno con le altre mamme. Però ogni tanto ci pensavo. Pensavo a cos’altro avesse potuto apprendere Daniela in quell’ora di religione. Quali erano stati gli insegnamenti che poi si erano sintetizzati in quegli appunti”.

Capisco il suo imbarazzo.

Già, perché, ironia della sorte, Daniela è il frutto di

“…un uso improprio della sessualità”.

E’ il frutto di un rapporto prematrimoniale. Anzi di un rapporto che non è mai culminato in un matrimonio.

Questo lo avevo appreso quasi subito.

Rosaria forse capisce dove stanno fluttuando i miei pensieri e riprende.

“No, non credo che questa storia abbia turbato mia figlia. Ho provato a parlarne con lei qualche volta. A mettere in mezzo il discorso. Lei però è stata molto evasiva. In effetti a questa età il rapporto è sempre un po’ conflittuale. Io cerco di esserle amica, ma poi capisco che lei vuole i suoi spazi, i suoi segreti. Comunque l’idea che possa aver pensato male di me a volte mi infastidisce”.

Poi il discorso cambia. Diventa più generale.

“Da una parte penso che sia giusto che a scuola ci si occupi anche di educazione sessuale, forse proprio perché con i propri genitori i ragazzi potrebbero avere più imbarazzo. Solo che non mi sembra questo l’approccio corretto. Anzi finisce con l’essere persino pericoloso e con il metterci in difficoltà. Quando mi parli di uso improprio della sessualità che significa? Che sono davvero devianze? Poi però accendi la televisione, leggi un giornale, vivi la vita di tutti i giorni e che devi capire che siamo tutti deviati? No, la religione non dovrebbe entrarci in argomenti simili, non almeno a questa età. Poi, quando uno è formato può fare tutte le scelte che vuole. Non credi?”

Adesso è lei a farci le domande

Certo che credo o forse non credo. In realtà non so cosa rispondere.

Non so cosa sia giusto e cosa no. Per un attimo penso ai miei figli. Il più grande ha sette anni e mezzo.

Penso a quel giorno, ormai non troppo lontano, in cui potrà andare in classe e scrivere anche lui quegli appunti talmente anacronistici da apparire surreali.

Lo confesso a Rosaria che mi risolleva:

“Non so se adesso funziona ancora così. Ti ho detto che questa storia risale a qualche anno fa. Quel che è certo è che questo tipo di insegnamento i nostri ragazzi lo ricevono anche nei centri parrocchiali”.

Su questa affermazione la stoppiamo, anche perché ci sembra normale. Nei centri parrocchiali uno il figlio ce lo manda per scelta. La scuola è un obbligo. Lei però dissente ed argomenta.

“E’ vero, ma non ce lo mandi mica a fare educazione sessuale. Poi, a quanto mi riferiscono delle mie amiche, perché su questo non ho una conoscenza diretta, lì non si fermano all’insegnamento, ma si spingono addirittura a promuovere una sorta di terapia di recupero”.

Non osiamo immaginare in cosa possa consistere questa “terapia di recupero” e nemmeno lo chiediamo, anche perché alle notizie di seconda e terza mano diamo un’importanza relativa.

Però…

Però ci viene da pensare ed esclamare:

“Insomma Se Cristo si è fermato ad Eboli, evidentemente l’emancipazione l’hanno bloccata sul ponte di Seiano”

Rosaria ride. Prima di salutarci ho il tempo di chiederle di “quella questione”. Quella che ci ha fatto incontrare per la prima volta.

Non che mi interessi particolarmente, ma forse serve per allontanare quei pensieri e soprattutto l’ansia di essere genitore.

“Il mestiere più difficile del mondo”

Così diceva mio padre.

E’ vero, ma oggi mi sembra ancora più difficile. Sarà forse dovuto al fatto che fino a qualche anno fa non lo facevo?

Certo però che se chi ti deve supportare (la scuola, i centri di aggregazione) finisce poi con il metterti anche in difficoltà, altro che difficile: diventa impossibile.

Già, perché come farai un giorno a spiegare a tuo figlio che inizia a scoprire il proprio corpo toccandosi che non fa alcun uso improprio della sessualità, che non è “deviato”?

Che l’hai fatto tu, tuo padre, tuo nonno, il tuo bisnonno, fino a perdersi nella notte dei tempi?

Come farai a spiegare a tuo figlio che l’amico di banco non è il figlio di persone che fanno un uso improprio della sessualità, che non è il figlio di “deviati”, sol perché la mamma o il papà si sono separati ed ora hanno altri compagni?

Come farai a spiegare a tuo figlio che il vicino di casa non fa un uso improprio della sessualità, che non è “deviato” solo perché è gay?

Come fai a spiegarlo oggi, nell’Anno Domini 2017?

Insomma non è il caso di semplificarci la vita e consentire a quella emancipazione di varcare il Ponte di Seiano?

Concludiamo aggiungendo solo che questo nostro racconto e questa nostra riflessione, non vogliono essere un atto di denuncia, ma uno spunto. Un invito ad aprire un dibattito sereno.

Ne va dei nostri figli e del nostro ruolo di genitori.

J.P.