Ci risiamo.

Un nuovo presunto caso di violenza sessuale che avrebbe come vittima una donna.

Una ragazza.

Ancora con uso della cosiddetta droga dello stupro. 

Questa volta, però, ad essere accusato non è Muhammadu, immigrato nigeriano più o meno clandestino. Né Marco, militare dell’Arma.

Non è Cristiano stella della squadra calcistica rivale, né Ciro ragazzotto sfigato dell’hinterland napoletano.

Questa volta ad essere accusato è M.P. All’inizio circolano solo le iniziali e poche altre informazioni: imprenditore della ristorazione sorrentina. Sui social si ingoia la notizia e si resta in attesa. Si sbircia qua e là alla ricerca di quel nome. Sperando almeno che M.P. sia stabiese, torrese, puteolano, giuglianese. Insomma di qualche cazzo di posto  diverso da uno dei Comuni della Penisola sorrentina.

Invece M.P. è dei nostri. Famiglia conosciuta e rispettata. Famiglia per bene. Ognuno di noi ne conosce almeno un fratello, una sorella, un nipote o una nipote.

Sui social scende la frustrazione. Le dita in attesa di postare commenti al vetriolo, vengono improvvisamente ritratte.

Chi già aveva il messaggio pronto con proposta di castrazione chimica o di ergastolo o di pena di morte è costretto a cancellare. Furtivamente ci si gira dall’altra parte. Persino le Bonino di casa nostra buttano le loro scarpette rosse, ancora fresche di parata del 25 novembre, per dedicarsi ad altro. Il cacagiudizi di turno ricorda infine che…

…si devono attendere i processi.

Certo e magari anche gli appelli, le Cassazioni, le Corti di Giustizia Europea, i Tribunale Internazionali dei diritti dell’uomo e, perché no, anche Colui che un giorno verrà per giudicare i vivi e morti. E forse anche allora ci sarà da ridire.

Perché M.P. non è Mohammadu, Marco, Cristiano o Ciro. M.P. è uno dei nostri. Merita tutte le garanzie ed il rispetto di questo mondo. Come è giusto che sia, per carità, ma perché gli altri no?

Perché invece Mohammadu, Marco, Cristiano e Ciro devono finire sulla gogna?

La riposta è una sola: perché siamo un paese di pecoroni. Talmente pecoroni che riusciamo ad esserlo anche sulla tastiera.

Allora che si fa?

Meglio dirottarsi su Luigi, vicepremier con il papà che fa casini nell’edilizia. O su Danilo, Ministro che spara cazzate a giorni alterne. O Matteo, anche lui vice-premier con il tic della sboroneria.

Ovviamente Luigi, Danilo e Matteo non sono Sindaci, Assessori o Consiglieri a casa nostra. Non sono dei nostri. Luigi, Danilo e Matteo nemmeno ci conoscono e sicuramente non potranno mai offendersi o incazzarsi per quello che scriviamo.

Viva il pecoronesimo.

Johnny Pollio