Non siamo migliori, non siamo migliori di tanti altri pezzi di Italia.

Ogni tanto i fatti ci scuotono e ci mettono di fronte a questa realtà amara. Una realtà che stride con l’idea di Oasi Felice su cui ci gongoliamo da sempre.

Sono stati giorni fastidiosi per il nostro ego peninsulare.

La realtà ci ha detto che anche da noi si violenta, si vandalizza, si spaccia, si aggredisce fisicamente. Poco prima ci aveva ricordato cha anche da noi si scompare nel nulla in maniera forse volontaria, ma consegnandoci lo spaccato di una gioventù bulla e insensibile.

Sebbene ci sia chi è sempre pronto a gettare acqua sul fuoco e sebbene sia doveroso e giusto riconoscere che siano i Tribunali ad emettere le sentenze e non i salotti virtuali o televisivi, occorre fermarsi a riflettere e prendere posizione! Senza ricostruire l’albero genealogico fino alla decima generazione né di presunte vittime, né di presunti carnefici.

Non serve, insomma, cercare a tutti i costi dimostrare che…

“…non è gente del posto”.

Basta sapere che sono persone che, in un modo o nell’altro, entrano e fanno parte della nostra collettività, indipendentemente da cosa sia scritto sui loro documenti di identità.

Non serve nemmeno cercare maniacalmente le prove e “analizzarle alla come ci pare”. Il giudizio morale è diverso da quello penale o civile. Si basa sull’atavica necessità di rimproverare chi ha tenuto un comportamento comunque socialmente sbagliato. Un comportamento dannoso per la società stessa.

Quello che accade sul nostro territorio ci appartiene: volenti o nolenti!

Così è anche per ciò che è accaduto, ieri, all’uscita della scuola elementare frequentata dai nostri bambini. Non mi interessa sapere se i protagonisti siano residenti qui oppure lì. Se siano nativi del posto oppure no.

Non mi interessa.

Non mi interessa nemmeno conoscere i loro nomi.

Né mi interessa sapere se i segni sul braccio del bimbo siano stati frutto dello strattonamento della maestra o altro.

Mi interessa solo sapere che due genitori hanno urlato cose deplorevoli ad una insegnante e che uno dei due è arrivato addirittura a schiaffeggiarla.

Tutto questo alla luce del sole. In un normale pomeriggio di maggio alla presenza del loro figlio, di altri bambini e di altri adulti!

Dopo Torino, Foggia, Palermo, Taranto, è accaduto anche da noi, fuori alla nostra scuola. E’ accaduto da noi, quindi ora è un “affare” nostro. Della nostra Piano di Sorrento, anzi dell’intera Penisola sorrentina!

Un “affare” da condannare senza se e senza ma!

Se oggi facciamo passare il concetto che un genitore possa aggredire verbalmente e fisicamente una insegnante, domani faremo passare qualcosa di ancora più grave.

Se oggi ci lasciamo scivolare addosso il fatto che una persona, eventualmente anche per vendicare un torto, possa farsi giustizia da sola e non rivolgersi a chi di dovere, che tipo di domani ci aspetta?

Ieri è stato offerto – a grandi e soprattutto ai piccini – un triste spettacolo. Frutto della mancanza di regole, di rispetto e di cultura. Se non ci curiamo da questi mali, se non li riconosciamo come dannosi per la nostra società, non potremmo che aspettarci di peggio!

Che insegnamento diamo ai nostri stessi figli?

Come pretendiamo che rispettino chi, magari anche con severità (e, in alcuni casi, non senza sbagliare), prova a formare i cittadini di domani, se siamo stesso noi a non rispettarlo?

Uno schiaffo ad un insegnante è uno schiaffo all’intera collettività.

E’ uno schiaffo al futuro dei nostri figli!

Come pretendiamo che domani questi figli non picchino, non spaccino, non distruggano, non violentino, non bullizzino, se non gli facciamo capire chiaramente che certe cose NON SI FANNO?

Non servono flash-mob, né cortei, né convegni, né tavole rotonde: gesti belli, per carità, ma volti spesso a durare lo spazio del tempo che occupano nella giornata in cui si tengono. Servono reazioni concrete, cambi di passo e di educazione e, perché no…punizioni!

Ora è il momento di puntare i piedi, di pretendere che tutti insieme s, genitori, insegnanti, istituzioni scolastiche e politiche si cambi passo.

Non dobbiamo nasconderci. Non dobbiamo giustificare. Non dobbiamo far finta che non sia accaduto nulla di grave e magari chiudere l’anno scolastico con baci, abbracci e mazzi di fiori.

Dobbiamo al contrario gridare che la mancanza di regole, rispetto e cultura sono pericolose e vanno contrastate.

Noi siamo la maestra picchiata.

Se taciamo ora o ci giriamo dall’altra parte, ci faremo ancora più male…

Anna Iaccarino