Ore 19 tutti in classe.

Il Sindaco, la neo Giunta e i Consiglieri.

Tutti tirati a lucido e ed in più con la new entry della diretta streaming. Servizio gentilmente offerta dalla “ditta” 5 Stelle che, nell’attesa che il Comune si attrezzi, così celebra l’approdo del suo tridente nell’assise cittadina.

Dopo il rito della convalida degli eletti è subito il Sindaco Piergiorgio Sagristani a prendere la parola. Parte stanco e svogliato. Trita un po’ di luoghi comuni. E’ la quarta volta che si ritrova a celebrare la stessa cerimonia, ma…

“…sarà l’ultima…”

…come ci tiene a precisare a più riprese.

Così all’improvviso cambia passo.

Un paio di randellate, tanto per gradire, a “leoni da tastiera” e cazzeggiatori da social e poi diversi messaggi in codice. Principalmente ai suoi. Chiarisce che in questa consiliatura di fine carriera intende divertirsi e coinvolgere tutti.

Parla di rotazioni in Giunta. Di ruoli anche per chi non è stato eletto, senza specificare però come. Lucia Gargiulo e Paolo Occulto (due dei quattro esclusi) si beano tra il pubblico. A Rosa De Martino e a Giuseppe Coppola ’71 (gli altri due “bocciati”), che invece hanno preferito saltare l’happening, qualcuno glielo riferirà. Con loro il paziente compito di ricucitura è ancora in alto mare.

Sagristani strizza l’occhio anche all’opposizione:

“Anche per la minoranza ci sarà spazio”.

Viene detto a chiare lettere. A partire dalla casacca del Presidente del Consiglio comunale che di lì a poco verrà istituito, ma non eletto. Se ne riparlerà in seguito. In attesa che qualcuno dei suoi decida di fare un passo indietro per far trovar la quadra, Sagristani fa capire che potrebbe offrirla anche alla minoranza.

Reinterpreta a modo suo San Filippo Neri e propone un…

“…fate i buoni se potete e se non potete…vi metto apposto io”.

Dopo le Roi Pierregeorge la parola passa a Fabio Aponte. Sarà lui il capo gruppo dei pentastellati. Pardòn portavoce dei portavoce, per usare lo scioglilingua tanto caro ai 5 Stelle. Aponte legge un comunicato. Un testo chiaramente imbastito a più mani. Un simil-buonismo leggermente incazzato in cui, da una parte si frigna ancora un po’ per la campagna elettorale passata e dall’altra si recitano i classici mantra da primo giorno di scuola: l’opposizione costruttiva, i cittadini al centro, trasparenza e partecipazione.

L’attenzione dei presenti cala e Aponte prosegue senza copione. La musica non cambia.

L’intervento finisce come a Wimbledon. Il pubblico applaude garbatamente in uno stile molto british.

Per educazione.

Tocca così alla Di Maio. Già perché i 5 Stelle decidono di far parlare tutti. Gennaro Rocco si agita sulla sedia. Non è ancora il suo momento.

Tatiana Di Maio riciccia un po’ dei contenuti del suo capogruppo (ripardòn del suo Portavoce dei portavoce), ma con più enfasi e più passione. Senza nulla aggiungere, riesce persino a convincere.

A chiudere la carrellata “stellata” ci pensa Fabio Galano. Il terzo dei moschettieri. Il più giovane. E’ visibilmente emozionato e parte ricicciando anche lui. Poi però decide di insaporire un po’ la minestrina e punzecchia. Uno, massimo due stilettatine. Quanto basta per far ingrullire il Sindaco.

Non si fa così. Da queste parti non si usa.

Intanto Rocco continua a scalpitare. Ancora per poco però, perché lo spotlight sta ruotando su di lui. Sul vecchio leone. 

Gennaro lo capisce e ruggisce. Mostra subito a tutti come si fa. Si alza in piedi, sistema la giacca (se avesse infilato il bottone di mezzo nell’asola sposa avrebbe fatto en plein) ma la chicca la riserverà per dopo. Per il rito del giuramento del Sindaco.

In quel preciso istante fa salire a bordo del suo pulmino del tempo l’intera platea. Sembra esser tornati indietro di quarant’anni, quando altri attori calcavano il palcoscenico della politica.

Si toglie più di un sassolino dalla scarpa. Ringrazia i suoi elettori:

“Quegli impavidi 261”.

Poi inizia ad adulare e paraculare assise e platea, pescando nel personale bagaglio di dialettica e retorica. Il suo italiano dal retrogusto made in Naples, attinge di tanto in tanto nel passato dei padri latini, ma anche nel futuro dei figli english.

Conia neologismi, scomoda l’etimologia, cita la tradizione gaelica e rispolvera qualche souvenirs dei suoi trascorsi napoletani. Tra gli astanti in molti non ci capiscono un cazzo, ma seguono con stupore.

Sembra la Turandot di Puccini in una tappa del Festivalbar.

Non solo forma però, ma anche sostanza e che sostanza.

Giusto un accenno, per far capire che prima che all’impasto, nel corso del suo mandato, Rocco intenderà dare uno sguardo agli ingredienti. La macchina comunale: la burocrazia.

Tutto parte da lì e lui che nelle istituzioni ci è cresciuto, lo sa bene.

Conclude rivendicando il suo status di figlio adottivo di Sant’Agnello. Questa volta gli applausi si trasformano in “schiassata”. Ne prende atto anche Sagristani che lo ringrazia e, dopo aver dato uno sguardo alle sue truppe si lascia sfuggire un…

“Ci divertiremo”.

Poi, quasi a voler metter subito alla prova i suoi, chiede loro se c’è qualche intrepido che vuole prender la parola.

Domanda inutile.

Interrompere la ventennale tradizione di silenzi, proprio dopo lo show di Rocco, sarebbe stato masochismo puro. 

Non c’è la forza nemmeno per dire no, solo qualche timido scuotimento di capo.

La seduta prosegue così secondo copione. Il Sindaco prima giura e poi comunica i quattro prodi che lo accompagneranno nell’Esecutivo: Peppe Gargiulo (Boomerang) a cui affibbia anche il ruolo di vice, Clara Accardi, Attilio Massa e Susetta De Martino.

Tutto come previsto, riguardo alle deleghe però se ne riparlerà anche di questo quando i frutti saranno più maturi.

Il sipario per il momento può calare, via a foto di rito, brindisi bene augurali e cofecchie varie.

Finisce qui la prima.

Johnny Pollio