Eccomi, finalmente. Sono in gran ritardo, ma trovare parcheggio qui a Sorrento è sempre un’impresa ardua.

Il sole, ormai intinto dai colori crepuscolari, fa capolino tra le palme di una Piazza Lauro gremita:  lo spazio antistante la libreria Tasso è brulicante di persone.

M’infilo tra la folla e riesco a occupare un posticino con una discreta visione. In piedi, ovvio.

Del resto anche lui, pur disponendo di una comoda poltroncina, sceglie di non starsene seduto.

Erri De Luca conversa in piedi e così dà a tutti noi la possibilità di inquadrarlo meglio.

Non l’avevo mai visto dal vivo, soltanto nelle foto che circolano sul web. L’impressione emersa è la stessa: un uomo garbato, dalla corporatura esile, con uno sguardo deciso e una gran fermezza percepibile nei gesti, come nelle parole.

Ascoltarlo fa rivivere le pagine dei suoi scritti. Scorrono nella mente, riaperte da questo dialogo così denso di vita vissuta e imparata.

L’occasione  nasce dall’anniversario dei trent’anni della Libreria Tasso di Sorrento, festeggiati con la presentazione del suo ultimo volume: Diavoli custodi, una raccolta di racconti corredata dalle illustrazioni dell’artista Alessandro Mendini.

Si inizia col parlare del libro, ma presto a prendere il sopravvento è la narrazione  del bagaglio di esperienze di vita del celebre autore.

Racconta di ciò in cui crede, ci coinvolge in pensieri e ricordi  con un’immediata e spontanea semplicità, ma anche  con una gran ricchezza d’animo.

Una vita piena, quella di Erri De Luca.

Napoletano, classe 1950. Resta nella sua città fino ai 18 anni, fino a quando le quattro mura di casa hanno iniziato a stargli strette e il desiderio di libertà ha preso il sopravvento.

“Come l’Uguaglianza, anche la Libertà rappresenta un diritto. La Fraternità, invece, è quel sentimento che consente a una comunità di battersi per questi diritti”, ha proclamato lo scrittore.

Parlare di libertà significa anche considerare la consistenza di quel che si dice…

“… le parole si fanno, non si dicono soltanto”.

E lui di parole ne scrive, e tante. Osserva la realtà, la scruta da una certa distanza, per poi lasciarsi attraversare da essa per narrarla.

Nelle sue pagine rivive la Napoli dei tempi dell’infanzia, colta in quella miriade di suggestive sfaccettature che la contraddistinguono.

L’ha abbandonata giovanissimo la Neapolis di origine greca, ma lì ha lasciato un pezzo di sé, anzi, forse proprio l’averne preso le distanze, gli ha fatto maturare col tempo un profondo legame d’affetto e quindi d’appartenenza.

Gli intercalari nel dialetto napoletano, uniti a quella sua arguta capacità di rendere l’essenza dei luoghi e dei tempi trascorsi, dipingono un quadro veritiero  della città partenopea del secondo dopoguerra.

Quasi ci sembra di essere lì,  dentro tutte quelle  singolari peculiarità e contraddizioni. Quasi ci sembra di trovarci di fronte a quelle persone di tempi oramai andati. Le vediamo, così fiere e tenaci, se pur provate dalle difficoltà di un periodo segnato da stenti e privazioni.

Da queste pagine di vita riaffiorano anche i ricordi legati all’infanzia dello scrittore, s’insinuano silenziosi nel fascinoso incontro tra realtà e invenzione. Verrebbe da pensare a un’aura di sottile malinconia,  eppure la nostalgia è un sentimento che non gli appartiene:

 “Vivo bene questo mio tempo presente e, se mi dovesse mancare qualcosa del passato, ecco che attraverso il valore aggiunto della scrittura, questo qualcosa riprende vigore fin quasi a rivivere”.

Il potere della scrittura: sentire e rievocare agli altri le sensazioni, le emozioni, i sentimenti. Cantare l’amore, per esempio, che lui percepisce come…

“ … un dispiegamento di energia gigantesca. L’amore  è un sentimento così potente, che può essere anche catastrofico”.

Erri De Luca parla in modo pacato, espone tutte le sue convinzioni, elargisce saggezza. Sazia la fame di cultura e di conoscenza che ha portato qui, in questo slargo di Piazza Angelina Lauro, tutte queste persone.

Mi guardo intorno e vedo gente di ogni età. Tutti, giovani e meno giovani, ascoltano in rispettoso silenzio. Non scorgo teste sui cellulari, non sento chiacchiericci di sottofondo. Solo volti interessati e appagati da questi racconti di vita.

In un presente dove troppo spesso a vincere è la povertà culturale, un momento del genere rispolvera una ventata di positività. La stessa che lo scrittore auspica quando gli viene chiesto qual è il futuro che  immagina per i giovani:

“Il futuro è dei giovani, a cui va trasmessa tutta la fiducia di cui hanno bisogno. Poi, sceglieranno loro se guardare dalla finestra o affacciarsi per plasmare questo futuro in base alle proprie aspettative”.

C’è positività anche quando si parla della paura, un sentimento spesso nocivo, che crea ostacoli, limita le aspirazioni, ci blocca…

“…le paure si possono affrontare, guardare in faccia e poi ridicolizzare”.

Ci si sente più forti nel sentirsi dire queste cose da una voce così autorevole, serena, convinta.

Sono quasi le 21 quando si conclude l’evento. Una gran folla si riversa sullo scrittore per farsi autografare il libro.

Provo a infilarmi  e, quando arriva il mio turno, gli rivolgo il mio sentito apprezzamento: “Complimenti per i suoi scritti e grazie: questa sera ci ha regalato tanta saggezza”.

Lui alza il volto dal libro che mi sta autografando, mi  guarda negli occhi. Sorride.

Grazie a lei di essere venuta”.

Grazie, Erri.

Mariaelena Castellano