Terza e ultima puntata sulla mia esilarante avventura culinaria.

Nella prima vi ho spiegato come sia nata la strampalata idea di invitare a cena ben 12 persone, mentre nella seconda vi ho raccontato, con grande onestà, le mie difficoltà nella travagliata fase preparativa delle pietanze.

In ogni caso, tra tanti imprevisti e disattenzioni, all’ora “X” sono riuscita ad avere la situazione sotto controllo.

Più o meno.

Le venti in punto.

Pochi minuti e già bussavano al citofono.

Il tempo di metter via le ultime stoviglie, di dare una sistemata al piano cottura, e sono andata ad aprire.

Passando avanti allo specchio, mi sono però resa conto che per rendere decente la cucina, non ho pensato a rendere decente me.

La mia faccia era tutto un dire di quel lungo pomeriggio trascorso ai fornelli.

Intanto stavano già arrivando tutti, sono riuscita a stento a rendermi un po’ più presentabile con un tocco di fondotinta.

Chi sghignazzava, chi diceva che aveva già cenato ed era venuto solo per compagnia, chi ancora sosteneva di essersi procurato le bustine di tisana per il trauma del dopo pasto.

E poi hanno portato un tiramisù dicendomi “Non si sa mai, visto che il dolce lo hai fatto tu!” e mi hanno regalato anche un liquore digestivo per salvaguardarsi lo stomaco nel dopocena.

Con queste premesse, c’era poco da sperare!

E infatti per inaugurare il tutto, mentre mettevo il digestivo in frigo, mi è sfuggito di mano e la bottiglia si è rotta.

Vetri ovunque.

La stanza inebriata di alcool.

Il tempo dedicato a pulire il misfatto mi ha complicato ancora di più la delicata fase del “sto per servire tutto a tavola”.

Per portarvela a breve, è andato tutto abbastanza bene, tranne il pesce che non era ben cotto.

Ah, poi c’erano le vongole un po’… come dire … sabbiose? Forse avrei dovuto sciacquarle di più! Ma la colpa è stata del pescivendolo che mi aveva garantito fossero ben pulite.

E a proposito di colpe, c’è ne è anche per la tipa che ha postato la ricetta della caprese al limone.

Così imparo.

Avrei dovuto rivolgermi all’amico chef anche per la ricetta del dolce.

Praticamente l’aspetto non era male, ma quando l’ho tagliata ho scoperto che si era bruciacchiata solo da sotto, mentre la parte superiore era “gommosa”. Sì, sembrava chewing gum, “appicicaticcia”!

Per fortuna c’era il tiramisù.

Inutile dirvi che, nonostante il pasto lasciasse a desiderare, ci siamo divertiti.

Sì, risate a volontà, grazie anche ai miei goffi tentativi di far quadrare le cose, nonostante tutto.

Però, un merito me lo devo prendere: la scenografia della preparazione della tavola era impeccabile.

E la prossima volta, oltre alla bella tavola imbandita, andranno bene anche le pietanze.

Sì, avete capito bene: ci sarà un secondo invito a cena.

Non demordo.

Con questa esperienza ho capito che, anche se non ho mai tempo e non mi piace trascorrerne troppo ai fornelli, la cucina non va trascurata.

In fondo, mi è piaciuto mettermi alla prova e devo dire che, nonostante la mia dichiarata inesperienza, non è andata tanto male.

Quindi con un po’ di allenamento in più, andrà senz’altro alla grande.

Per adesso, però, va bene così. Questo prossimo invito a cena non va certo di fretta!

Maelka