Le campagne elettorali permanenti in Italia non sono una novità, ma i limiti oltrepassati dai leader del governo giallo-verde non hanno riscontri nel passato della nostra Repubblica parlamentare.

Craxi e De Mita duellarono per anni, ma esageravano sulle nomine, sulle quali gli attuali alleati non sono immuni dal cencellismo spinto. Il il dibattito però era diverso. Si argomentava e si ragionava.

L’offensiva scatenata dalla Rousseau e conseguentemente da Di Maio v/s Salvini, partita da più di un mese, è evidentemente la risposta ai sondaggi che davano il leghista al massimo della popolarità.

Di Maio per recuperare è tornato ai toni di opposizione e ad usare la clava del giustizialismo. L’inusualità del caso Siri ne è la conferma, soprattutto dopo averlo incolpato di aver acceso un mutuo, che ha tolto ogni dubbio a molti osservatori sull’uso politico dell’inchiesta. Il resto lo ha fatto Report con un servizio imbarazzante ieri sera, sostituire la Gabanelli con Ranucci è stato un “omicidio” giornalistico.

Il dato politico che resta è imbarazzante, in quanto se da un lato c’è un Movimento che per risalire la china è stato costretto a tornare alle urla, alle condivisioni social ed a vantare una crescita economica modello Reaganomics, dall’altro lato c’è un Ministro dell’Interno che gioca tutta la sua partita sulla paura a causa della presunta invasione degli immigrati.

Non ci resta che aspettare il 26 maggio e sperare per il meglio per il nostro paese.

Giancarlo d’Esposito