(PER L’ANTEPRIMA clicca qui)

(PER LA PRIMA PUNTATA clicca qui)

(PER LA SECONDA PUNTATA clicca qui)

Dopo esserci dedicati alle vicende “amministrative” dell’appartamento di proprietà del Comune all’interno del complesso denominato Villa Giuseppina, è giunto il momento del spiegarvi le ragioni per le quali siamo a qui a raccontarvi questa storia.

9 luglio 2018 – Come nasce l’inchiesta

Parte tutto da un messaggio. Un messaggio ovviamente anonimo.

Parte tutto da questo messaggio. Cinque banalissime parole seguite da un punto interrogativo:

“Che ci dite di questo?”

Accanto al messaggio vi era un link. Questo link.

Non cliccare su quelle parole in ipertesto sarebbe stato contravvenire alla nostra natura. Allora lo abbiamo fatto e si è aperta la seguente pagina:

Oggettivamente affascinati dall’invito, abbiamo deciso di proseguire. Siamo entrati e abbiamo cominciato a gironzolare sulle varie pagine del sito del Palazzo Caracciolo Boutique Hotel.

Non avevamo mai sentito parlare di questa

“…incantevole e inaspettata oasi di esclusiva tranquillità immersa nella frenesia del centro cittadino”.

Mentre leggevamo, però, ci interrogavamo sull’elemento principale.

Cosa è mai un Boutique hotel?

La normativa non li contempla. Esistono, però, e cominciano ad essere anche molto diffusi. Nascono negli Stati Uniti e indicano piccoli alberghi di lusso. Forniscono alloggi e servizi personalizzati. Con ambienti arredati in base a un tema o uno stile particolare.

Rientrano di fatto nelle strutture alberghiere a tutti gli effetti, qualora abbiano un numero di camere pari almeno a sette.

Forti di questa prima informazione. Ritorniamo sul sito del Palazzo Caracciolo ed entriamo nella sezione:

“Rooms & Suites”.

Vengono elencate tre tipologie diverse:

  • 2 Premium room, che possono ospitare ciascuna sino a quattro persone ed hanno un costo giornaliero pari ad 80 euro;
  • 2 Premium Suite, ricavate nel sotto tetto, possono ospitare anche esse sino a quattro persone, ma dispongono persino di una cucina privata e di un angolo fitness. Il costo giornaliero è di € 90. 
  • 3 Superior Suite, sempre per quattro persone con un costo giornaliero pari ad € 105.

2 + 2 + 3 = 7

Allora è davvero una struttura alberghiera?

Diamo uno sguardo agli altri servizi offerti, ci sono:

  • una breakfast and tearoom che guarda caso si chiama “Pane, Amore e…”;
  • due belle terrazze: una denominata Loren e l’altra De Sica;
  • un fitness club;
  • un sorta di convenzione con lo stabilimento balneare La Marèe Beach Club.

A questo punto, la stessa esistenza del sito ci lascia supporre che siamo al cospetto di un’iniziativa imprenditoriale. Cerchiamo perciò ulteriori informazioni in calce alla pagina.

Non c’è molto. Non c’è il nome della eventuale ditta o società che gestisce la struttura. Manca la partita IVA.

C’è però un numero di telefono.

Interroghiamo le pagine bianche, ma riceviamo in cambio la seguente risposta:

Proviamo allora con il sito. Qualche altra volta ci è servito.

Si mette il nome del sito su Whois e si può così scoprire a chi appartiene.

Purtroppo anche questa ricerca non sortisce alcun effetto.

L’informazione relativa al titolare del sito (registrant),  è stata schermata.

Siamo costretti a desistere, almeno per il momento, e ci dedichiamo alla scoperta del proprietario dell’immobile.

E’ sufficiente smanettare al Catasto per scoprire che il proprietario è il Comune di Meta.

Finalmente capiamo le ragioni di quel messaggio anonimo e decidiamo così di metterci a lavoro.

Si gettano le basi delle prime due puntate dell’inchiesta

17 luglio 2018

Parallellamente continuano le nostre ricerche su chi gestisce la struttura. Le informazione che abbiamo provato a raccogliere in via confidenziale non ci portano da nessuna parte.

Ipotesi, congetture, voci.

Si parla di parentele, rapporti di affinità reali o presunti con altri imprenditori che operano nel settore turistico ricettivo.

Nessun riscontro ufficiale.

L’unico dato certo che resta è il nominativo di Bartolomeo Sorrentino. Colui che si è aggiudicato l’immobile all’asta.

Sorrentino però non ha alcuna ditta che gestisce la struttura che cerchiamo, né ha partecipazioni in società che gestiscono il Boutique Hotel.

Insomma deduciamo che Boutique Hotel probabilmente non è altro che un’infelice “sboroneria” mediatica.

Quella struttura non è un Boutique Hotel, né un Hotel, a dispetto di ciò che è scritto sul sito. Evidentemente si tratta di un’attività extra alberghiera, peraltro non a carattere imprenditoriale. Quindi nemmeno è opportuno un sito.

Potremmo essere al cospetto, insomma, di un semplice esercizio di affitta camere. In quel caso però i limiti sono stringenti: massimo sei stanze per dodici posti letto.

Nel caso di Palazzo Caracciolo le stanze sono due, a cui si devono aggiungere cinque suite per un totale di 28 posti letto.

Decisamente un po’ troppi.

Continuiamo ad indagare.

20 luglio 2018

Siamo quasi rassegnati, ma all’improvviso ecco la schiarita.

Dopo la pubblicazione dell’anteprima veniamo contattati da un profilo facebook che porta il nome Sorrento Peninsula Palazzo Caracciolo. Nei messaggi si mostrano disponibili e prendono le distanze dal commento minatorio che nel frattempo abbiamo ricevuto. Approfittiamo e chiediamo informazioni.

Apprendiamo che la struttura, al di là di quello che è scritto nel sito, è una Casa Vacanze.

Una parte è abitata da Bartolomeo Sorrentino e da altri (nei messaggi si parla al plurale) l’altra è stata utilizzata per attività ricettiva. Tutto regolarmente autorizzato dal Comune di Meta. Stando a quel che ci viene riferito.

Apprendiamo inoltre che la cucina al servizio delle due Premium Suite è in realtà in comune con lo stesso Sorrentino. Anche la cucina, come le Premium Suite, è stata ricavata da quel che un tempo era un sottotetto.

Ringraziamo, ma i dubbi a questo punto aumentano

I dati del sito sono alquanto in distonia con l’articolo 3 delle legge regionale Campania n. 17 del 2001. Quello che disciplina le case vacanze che invece così recita:

  1. “Sono case e appartamenti per vacanze le case e gli appartamenti dati in locazione ai turisti, senza la prestazione di alcun servizio di tipo alberghiero, ma con obbligo di recapito referente ospiti, per una permanenza minima di tre giorni e massima di novanta giorni.  
  2. Le case e gli appartamenti per vacanze devono essere conformi alle prescrizioni edilizie ed igienico-sanitarie previste dai regolamenti comunali.
  3. Le case e gli appartamenti per vacanze devono garantire, compresi nel prezzo, i requisiti e  i servizi minimi obbligati di cui all’allegato B), che é parte integrante della presente Legge.
  4. Le case e appartamenti per vacanze possono essere gestite:
    a) In forma imprenditoriale fornendo solo i servizi di cui all’allegato B;
    b) In forma non imprenditoriale, dai proprietari che hanno la disponibilità fino ad un massimo di tre unità abitative nel territorio regionale, senza organizzazione in forma di impresa e senza promozione pubblicitaria, e con la fornitura dei soli servizi di cui all’allegato B).
  5. La gestione in forma non imprenditoriale viene attestata mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dei proprietari delle unità abitative di cui al presente articolo”.

Essendo questa la normativa di riferimento, è chiaro che non ci troviamo. Se fosse stata una Casa Vacanza, l’intero appartamento dovrebbe essere concesso in locazione per almeno tre giorni ai turisti. Non singole stanze.

C’è poi un altro aspetto che inizia a non convincerci

La descrizione della struttura che viene fatta nel sito è decisamente diversa da quella fatta all’epoca del bando dall’architetto Diego Savarese. Tutte queste stanze che ora vengono descritte non c’erano e men che mai c’erano tutti questi bagni.

Almeno otto. Uno per ogni stanza o suite più quello del signor Sorrentino e del suo eventuale nucleo familiare.

Poi c’è la storia del sottotetto. Savarese scriveva che il sottotetto era rappresentato da locali di sgombero (deposito), oggi è invece stato trasformato in due suite (ciascuna con il suo bagno), una cucina comune, un’area fitness e, per non farsi mancare niente, sul terrazzo esterno ha fatto la comparsa anche una sorta di piscina/vasca con tanto di trattamento relax.

Tutti interventi, ci piace ricordare, effettuati in un fabbricato vincolato ai sensi della vecchia legge 1089 del 1939.

In proposito evidenziamo che c’è un articolo del Decreto Legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), il numero 21 che ci dice che:

“4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali é subordinata ad autorizzazione del soprintendente. Il mutamento di destinazione d’uso dei beni medesimi é comunicato al soprintendente per le finalità di cui all’articolo 20, comma 1”.

e ancora che…

“5. L’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell’autorizzazione, il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione”.

Ovviamente deduciamo che quando il profilo facebook ci ha fatto sapere nei suoi messaggi che è stato tutto autorizzato, intendeva dire proprio tutto, anche questi interventi, e tutto nel rispetto della rigida normativa in materia di beni vincolati.

Conclusioni

Ricapitolando, i dati di questa incredibile storia sono i seguenti:

  • il Comune un giorno ha deciso di locare a fini abitativi a terzi una sua prestigiosa proprietà;
  • la proprietà in questione è vincolata ai sensi del Codice dei Beni Culturali;
  • la proprietà era stata acquistata in precedenza, esercitando il diritto di prelazione, con l’intento di realizzarne uffici di rappresentanza o un museo;
  • il prezzo della locazione, non si sa come determinato, è ampiamente al di sotto di quello previsto dal sito delle Agenzie delle Entrate;
  • nel corso della locazione sono stati autorizzati interventi sulla proprietà ed è stata altresì autorizzata la possibilità di ricavarne un utile pari a circa 600 euro al giorno mediante la realizzazione di una struttura in teoria extra alberghiera;
  • la nuova struttura viene invece pubblicizzata su internet come struttura alberghiera;
  • il prezzo della locazione è però è rimasto inalterato, 2478 euro mensili, a fronte dell’importante rendita che è in gradi di fornire agli inquilini.

Ancora una volta il nostro lavoro finisce qui.

Vi abbiamo raccontato un’altra storia singolare.

Forse come noi sarete anche un po’ incazzati.

Ora però tocca ad altri valutare se è il caso di approfondire ulteriormente. A noi non resta che far nostre le parole che Caramella disse a Don Antonio Carotenuto oltre sessanta anni fa proprio in quella struttura:

“Fratelli ce ne andiamo a coricare”.

Con le inchieste del Clan di Bertoldo ci si rivede a settembre…

…forse.

(TERZA ED ULTIMA PUNTATA)

Clan di Bertoldo