LA GALLERIA FOTOGRAFICA

IL RACCONTO

La piccola flottiglia, composta da tre imbarcazioni, ha appena doppiato il promontorio di Sopramare. E’ entrata nelle acque territoriali carottesi.

Lo sbarco avviene da quella parte di costa. In una grotta scolpita nel tufo. E’ più agevole.

Una volta messi i piedi a terra il plotone si incammina percorrendo un sentiero rubato alle erbacce. Una famelica tribù di zanzare inizia a banchettare vicino a caviglie, stinchi e polpacci che ho incoscientemente esposto al pubblico ludibrio. Ogni tanto arriva anche qualche scudisciata rifilata da arcigni rametti di ortiche.

E’ qui la festa.

Superiamo il ponticello che ospita la condotta consortile, nel tratto in cui riemerge dagli abissi, ed approdiamo così al cancello di accesso dalla galleria. Uno dei Ghostbuster tira fuori le chiavi ed apre il lucchetto. Siamo dentro. Gigino, che non sta più nelle pelle, prende in mano le operazioni. Dallo zainetto estrae lo speciale strumento che rileva l’ossigenazione dell’aria.

Comincio a preoccuparmi.

Con ostinazione ottengo che sarò l’ultimo a chiudere la fila. In caso di necessità sarò il primo a poter riguadagnare l’uscita.

Bella furbata!

Ci fanno strada le torce dei telefonini e quella di Gigino, partorita ovviamente sempre dal suo zainetto. Il primo elemento che incontriamo è la grossa condotta dell’acqua potabile. Passa anche lei da lì. Proviene da Vico, anzi probabilmente da Castellammare di Stabia.

Percorsi alcuni metri le scarpe iniziano ad affondare in una melma dalla strana consistenza. Mentre cerco di capire di cosa si tratti sento una voce provenire dagli apripista:

“E’ merda!”

L’avevo sospettato.

L’olezzo è di adeguato livello, ma sopportabile.

Più andiamo avanti, più la strana consistenza aumenta. In alcuni punti la suola della scarpe viene quasi completamente inghiottita. All’improvviso iniziamo anche a sentire un grosso scroscio d’acqua. Ovviamente anche quella non è acqua.

Una voce – mi sembra essere quella di Gigino – rimbomba nella grotta e ci spiega:

“E’ la caduta della condotta fognaria di Meta”.

Il rumore dell’acqua/non acqua aumenta. All’improvviso una fresca goccia mi lambisce la cabeza pelata.

Mi chiedo se almeno in questo caso si tratti di acqua. Anzi lo spero. Più procediamo più le gocce aumentano. Non più solo sulla cabeza, ma anche sulle scarpe, sulle gambe, sulla camicia e sul marsupio di “ordinanza”.

Ormai la cascata è davanti a me. Prendo la macchina fotografica.

E’ impressionante la quantità di liquami che dall’alto precipita per caduta nella consortile. Eppure si tratta solo della condotta che serve Meta. Arriva in una grossa vasca  delimitata da un muretto e poi, attraverso due collettori a novanta gradi viene spedita nella consortile che viaggia al di sotto delle traverse su cui poggiano i nostri piedi.

Un meccanismo estremamente semplice.

Mentre fotografiamo continua a piovere. In maniera sempre più intensa. Dopo qualche piccola descrizione il grosso del drappello si decide a riguadagnare l’uscita. Io e Gigino però ci attardiamo.

Restiamo solo noi due: Gigino è in estasi mistica.

Continua a fotografare e filmare la cascata. Io, non avendo un cazzo da fare, mi metto a curiosare. Mi sporgo al di là della condotta dell’acqua.

Gli occhi cadono su uno di quei collettori a novanta gradi. Secondo le spiegazioni degli Uomini/GORI dovrebbe canalizzare il flusso di liquami nella consortile. Mi affaccio provando a superare l’ingombro della condotta dell’acqua potabile per guardare cosa accade realmente dall’altra parte.

Qualcosa non quadra.

Uno dei due tubi non sembra assolvere del tutto al suo compito.

Non butta tutto dentro la consortile come dovrebbe.

Tracima e vomita liquami sulle traverse. Forma una vera e propria pozza. Non capisco se il fenomeno è da attribuire all’eccessiva portata della consortile, che non riesce pertanto ad accogliere ciò che riversa Meta, oppure è semplicemente perché il tubo è collocato male.

In ogni caso quella tracimazione genera la merda in cui affondiamo con le scarpe.

Serve un gesto audace.

Mi accovaccio. I miasmi aumentano. Le ginocchia sfiorano la melma, ma riesco a scattare la foto che mi prova cosa avviene al di là del tubo.

E’ un’overdose fognaria.

Entusiasta richiamo l’attenzione di Gigino. Pochi attimi ed anche lui si abbassa a fotografare.

Soddisfatti, e alquanto bagnati dalla continua pioggia, riguadagniamo l’uscita.

Illustriamo la nostra scoperta agli altri compagni di viaggio. Il capo delegazione degli Uomini/GORI prova a sminuire gli eventi.

Non riesce molto nell’impresa.

Il Sindaco Tito passa dalla modalità scazzata del sabato mattina a quella incazzata. Minaccia esposti in Procura.

Sarà mica per questo che ha sollecitato anche la presenza del Comandante De Marini?

Dopo il breve conciliabolo ci dirigiamo nuovamente verso il punto di approdo.

Abbiamo ancora in agenda altri due sopralluoghi.

Non appena prendo posto sulla barca, lo sguardo mi cade sul marsupio. Le gocce che lo hanno investito copiosamente all’interno della galleria, asciugandosi, hanno lasciato un’inconfondibile macchia marrone.

Anche ciò che ci pioveva addosso dalla roccia totalmente inzuppata, altro non era che merda.

Mostro quest’altra scoperta a Tito che mi siede accanto.

Nuova trasformazione: da incazzato ad incazzato nero.

(FINE PRIMA PUNTATA)

Johnny Pollio

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