Certe cose è meglio dircele in faccia. Senza troppi fronzoli.

Per una realtà come la Penisola sorrentina il mare è un risorsa economica fondamentale. Anzi è il perno principale su cui ruota tutto il flusso turistico. 

Insomma non possiamo privarci del mare, né possiamo permetterci di offuscare la sua immagine. In quest’ottica lo stillicidio di analisi delle acque, che con sadica frequenza ci viene proposto dall’ARPAC (l’agenzia regionale per l’ambiente), sta diventando una tragedia.

Deve essere fermato. 

 

Assistere alle scene di questo primo scorcio di giugno è ridicolo.

ARPAC fa le analisi.

I dati escono una schifezza.

Si perde tempo nel comunicarli ai Comuni.

I Comuni guadagnano qualche altro giorno per emettere l’ordinanza che sancisce il divieto di balneazione, quando non la emettono sbagliata.

Poi?

Poi niente. 

Residenti e turisti continuano imperterriti ad andare a mare. Nessuno controlla. Nessuno mette realmente in guardia.

Anzi si prova a sminuire.

“Gli organi di informazione dicono solo palle”.

“I campioni li hanno fatti là e non qua”.

“Si riferivano solo all’altro giorno, oggi è pulito”.

Non manca fantasia nel rassicurare quei pochi scettici che hanno qualche riserva nel tuffarsi.

L’economia non può fermarsi proprio ora. Proprio ora che il solstizio estivo coincide con l’orgasmo collettivo da bandiere blu.

Troppi danni si farebbero. Intere famiglie campano di turismo e del suo indotto.

In fondo se la Penisola sorrentina costituisce una mosca rara nell’emergenza occupazionale che da sempre falcidia il Mezzogiorno dello Stivale, lo deve proprio al turismo ed al mare.

Non possiamo tagliarci le palle!

D’altronde abbiamo la fortuna che enterococchi ed escherichia coli non sguazzano portandosi appresso una bandierina rossa. Nessuno li vede. Anzi in molti casi non alterano di molto la sensazione visiva dell’acqua. 

Come la gran parte dei batteri sono discreti. Persino educati.

Allora perché insistere?

Quelle analisi mensili, e le eventuali controanalisi, vanno abolite. Almeno sospese, fino a quando (semmai ci riusciremo), non rimuoveremo le eterne cause di inquinamento.

Non abbiamo altra scelta.

Istituzionalizziamo l’ignoranza dell’inquinamento.

Lo hanno fatto a Taranto con l’ILVA, dove la situazione è molto più grave, perché non lo possiamo fare anche qui?

j.p.