A volte mi chiedo perché mai debba sempre lasciarmi convincere ad agire in modo contrario alla mia volontà!

Partiamo dal presupposto che  non mi piace uscire e fare tardi di domenica sera. Preferisco ricaricare le energie e tenermi pronta per la nuova settimana.

Insomma sono un po’ alla Vasco Rossi.

“Odio i lunedì”

Se però  capita di dover andare da qualche parte, almeno spero che non sia ad una cena. Sarà che di solito la domenica mangio dai miei e quando si va  “a pranzo da mammà”,  ci si rimpinza fino all’impossibile.

Oggi poi c’erano le lasagne. Ho anche fatto il bis.

Che dire: la mia serata ideale per il settimo giorno della settimana consiste nel bivaccarmi sul divano. Avvolta in un plaid a guardare la TV, magari sorseggiando una tisana digestiva.

Questa sera un programma del genere sarebbe stato l’ideale, anche perché da un paio di giorni sono alle prese con un fastidioso raffreddore. Occhi arrossati e naso colante:  praticamente inguardabile. Roba da mettermi a dormire per dieci ore di fila.

E invece no.

Mi ritrovo davanti allo specchio ad armeggiare con fard, correttori e fondotinta, per provare a rendere decente il mio volto stanco e sbiancato.

Segue una lunga sosta nella cabina armadio per decidere cosa indossare.

Ebbene si! Questa sera, anche se  è domenica, mi tocca uscire.

Per di più devo andare ad una cena.

“Non puoi tirarti indietro. Avevi promesso saresti venuta!”

Le mie amiche sanno essere molto insistenti quando vogliono ottenere qualcosa.

Tra telefonate e messaggi mi hanno stressata per tutto il pomeriggio, tant’è che alla fine ho ceduto.

Cristina deve andare a questa cena perché ci sarà Giorgio, il suo ex marito. Si sono separati già da un po’, ma lei non si dà pace e vuole riconquistarlo.

Francesca  viene perché  avrebbe un mezzo appuntamento con Alessandro, un caro amico di Giorgio.

Che ne fai di una soap opera?

La mia presenza, invece, è richiesta  perché ho la macchina con cui andarle a prendere.

Ah, che brutta fine che ho fatto.

La chauffeur della domenica sera!

Per le amiche, però, questo ed altro.

“Dai ci divertiremo, magari conosci qualcuno di interessante, che ne sai?”

L’ultima volta che ho ascoltato questa frase, mi sono ritrovata ad un aperitivo che sembrava un meeting di pensionati.

Sono quasi pronta quando la telefonata di Cristina mette definitivamente in crisi il mio umore.

“Ti avevo detto che la serata è a tema? Dobbiamo indossare tutti un turbante.”

No, cara. Non me l’avevi mica detta questa cavolata del turbante.

“Ora tu e Francesca vi attaccate al tram, perché io non ho questo copricapo orientale e quindi non vengo”: mi verrebbe da dirle questo, ecco.

Una valanga di messaggi in arrivo su “Sfaccimelle”, la nostra esilarante chat di gruppo. Decine di foto e commenti, tutti su come far trasformare un foulard in turbante.

Come se non mi conoscessero!

Ho imparato ad allacciare le scarpe che ero quasi adolescente, non so tenere un ago in mano nemmeno per ricucire un bottone e, quanto al foulard, adoro indossarlo, ma ogni volta è un terno al lotto su come sistemarmelo alla meglio. Figuriamoci trasformarlo in qualcos’altro.

Ok, sono in ballo e balliamo

Rovisto nella cesta e scelgo un bel foulard lilla, abbinato all’abito che indosso. In fondo si tratterà di fare qualche nodo, no?

Provo e riprovo, ma il risultato non è mai convincente.

Vado su internet e clicco: “Come realizzare un turbante”.

Immagini ed istruzioni in quantità. C’è anche una foto di Sarah Jessica Parker, sempre fashion.

Indossa un turbante. Il suo però è di quelli già belli e fatti. Ne avrei comprato anche io uno così, se solo mi avessero avvisata prima!

Niente da fare. Il mio bel foulard lilla non ne vuol proprio sapere di trasformarsi in turbante.

Non ho né l’abilità, né la pazienza.

Osservo di nuovo i disegnini scaricati da un sito, ma dopo l’ennesimo tentativo, m’innervosisco e desisto.

Infilo il foulard in borsa e scendo a prendere l’auto.

Mi aiuteranno le amiche, se proprio dovrò indossarlo. Tanto, sono sicura che questa sarà la solita trovata senza seguito. Ma sì, alla fine saranno in quattro gatti ad essersi organizzati con questo turbante.

Per il tragitto che porta a Sorrento ci vorrebbero  al massimo dieci minuti, ma ne impieghiamo quaranta. Andare a Sorrento di domenica significa restare imbottigliati nel traffico, tra bus turistici ed auto con gitanti del week end. Altri venti minuti, poi, se ne vanno per trovare un posto. Ovviamente parcheggiamo a una bella distanza e ci tocca camminare con tacco 12 sull’asfalto umido della pioggia pomeridiana.

Ah, perché mi sono lasciata convincere?

“Ma come, non sei riuscita a farti il turbante?”

Conto fino a tre prima di rispondere a Francesca, per non mandarla a quel paese, così mi limito a dirle che secondo me non lo indosserà quasi nessuno.

Sì, resto di questa mia idea.

Finalmente eccoci al locale

Il tipo all’ingresso distribuisce i biglietti. Venticinque euro: come sprecare il proprio denaro pagando per partecipare controvoglia ad una serata.

Entriamo: tutti, ma proprio tutti indossano il turbante.

Sosta obbligatoria al bagno e Cristina si dà  da fare con il mio foulard lilla.

Ebbene, turbante sia.

Devo ammettere che non è male, anzi, mi sta bene.

Il locale è pieno, la cena è servita a buffet e c’è anche il dj per il solito revival anni 80-90.

Sarebbe stata una serata niente male, ma io non sono dell’umore giusto. Domani ho la sveglia presto, il solo pensarci mi stressa.  Questo fastidioso raffreddore poi non mi dà tregua e la musica mi rimbomba nelle orecchie peggiorando il mal di testa da naso chiuso. Dulcis in fundo, il  buffet è ricco di ogni ben di Dio, ma io non ho ancora  digerito le lasagne.

Oh, ma quello lì è … “lui”… sì, è proprio lui: il tipo niente male che mi sta scrivendo. Vi ricordate? Ve ne ho parlato l’altro giorno.

Accidenti, a saperlo, mi conciavo meglio!

Sto quasi per andare a salutarlo, mi avvicino e … per fortuna riesco ad avere l’abilità di fare subito  dietrofront.

C’è una donna con lui, si tengono per mano!

Questa scena mi ha freddata. Ci sarebbe voluta una telecamera per immortalare la mia faccia da ebete quando li ho visti.

Uomini: tutti uguali!

Nel frattempo ho perso le mie amiche. Hanno entrambe un turbante nero, come la maggior parte delle persone, quindi non riesco ad individuarle.

Mi siedo sconsolata su uno dei divanetti. Soffio il naso e rimugino su queste disastrose ultime ore della giornata. Ho i brividi, mi sento  l’influenza addosso. Voglio il mio letto caldo, che ci faccio qui?

“Eccoti, finalmente! Dov’eri finita? Dai, andiamocene!”

Cristina sembra più desolata di me. Vuole già ritirarsi?

Dio c’è!

Rieccoci per strada ad imprecare di nuovo per l’ampia distanza da percorrere a piedi, con il nostro bel  tacco 12 e i marciapiedi dissestati.

Cristina è la sola a parlare. O meglio, a sbraitare. È riuscita nell’intento di vedere Giorgio, lo ha incrociato vicino al buffet. Peccato lui ne abbia approfittato per chiederle il divorzio: “Ti avrei chiamata proprio in questi giorni”, le ha detto candidamente.

Francesca ha l’aria scocciata. Di Alessandro non si è vista nemmeno l’ombra.

Un bel due di picche per tutte e tre, non c’è che dire.

Una serata decisamente con…turbante, insomma.

Quale modo migliore per concludere la settimana, no?

Maelka